A Civitacampomarano quest’anno il Cvtà Street Fest ha celebrato la vita e il futuro

Ecco com’è andata l’ultima edizione di Cvtà Street Fest, rassegna ideata dall’artista Alice Pasquini in un borgo del Molise. Per sensibilizzare sullo spopolamento dei piccoli centri e dare un segnale di speranza contro la pandemia

Quella di quest’anno non poteva essere “solo” un’edizione contro lo spopolamento. No, con le cicatrici della pandemia che si sono fatte sentire nel piccolissimo borgo di Civitacampomarano, in Molise, il Cvtà Street Fest doveva dare un segnale forte. Ancora più forte dell’anno passato quando, a causa delle restrizioni sugli spostamenti, gli abitanti del posto avevano realizzato installazioni seguendo le indicazioni degli artisti direttamente via Zoom. Il festival ideato nel 2016 da Alice Pasquini ha visto negli ultimi giorni di giugno e nei primi di luglio, in due sessioni differenti, la presenza a Civitacampomarano prima del duo spagnolo composto da Cristian Blanxer e Victor Garcia Repo e successivamente del brasiliano Thiago Mazza. Spagna, Brasile e un paesino arroccato del Sud Italia, un simposio tra tre Paesi che, in momenti differenti, hanno scontrato la durezza e il dolore della pandemia più di altre Nazioni.

  

CVTÀ STREET FEST. GLI ARTISTI E LE OPERE DELL’EDIZIONE 2021 

Cristian Blanxer e Victor Garcia Repo hanno realizzato una bambina che su queste strade sta imparando a camminare ed è lei che abbraccia il popolo, il suo vestito è il suo luogo d’origine e lo porterà sempre con sé, nella sua anima. In queste viuzze hanno camminato generazioni su generazioni, hanno sostato sugli usci delle porte per chiacchierare, si sono sedute su sedie di legno per trovare ristoro nelle estati calde. Un cammino che sembrava destinato a interrompersi, ma qui l’arte ha ridato una vita, una luce. Potente, colorata, contagiosa. La bambina rappresenta la radiosità del domani, una parte del mondo che guarda al futuro, sorridendo nonostante tutto. Civitacampomarano, infatti, è anche il sorriso di una bambina, non solo rughe e capelli canuti. Ma il borgo molisano è anche odori e colori che la campagna sa donare: proprio nei giorni di giugno e luglio, la natura brilla di un rosso tendente all’arancione. È il colore del fiore della Punica granatum, ossia del melograno. Una millenaria simbiosi tra uomo e natura, è questa la scintilla creativa che ha seguito Thiago Mazza. Realizzato non molto distante dal muro dei due artisti spagnoli, il murale si appoggia sulla facciata superiore di un edificio e rappresenta due fiori di melograno ben evidenti adagiati su uno sfondo celeste come il cielo di questi giorni estivi e sgombro da nuvole. Un fiore è già sbocciato, l’altro è ancora semichiuso, una danza ciclica alla base della vita.

CVTÀ: IL LEGAME CON LA TERRA E GLI ABITANTI 

Un legame talmente contagioso e profondo che Cristian e Victor hanno voluto omaggiare il paesino con un’altra opera – un fuori programma: scorrendo le varie foto del festival e della memoria passata, si sono imbattuti in una vecchia fotografia familiare e spensierata. Quattro ragazze sorridenti affacciate da una finestra. Così, nella parte più vecchia di Civitacampomarano, hanno voluto far riaffiorare questa istantanea legata al passato, ma che si intreccia con il presente. Le due bambine più piccole, due sorelle, sono Maria e Graziella, una vive ancora nel borgo, l’altra si è trasferita a Roma. Nella capitale è andata a vivere anni fa anche Antonietta, mentre Giulia è emigrata in Argentina tra gli anni Cinquanta e Sessanta. “Nonostante tutte le difficoltà, assieme agli abitanti di Civitacampomarano vogliamo mandare ancora un messaggio di continuità”, racconta Alice Pasquini, ideatrice del Cvtà Street Fest. “La peculiarità di questa edizione ha permesso agli artisti di vivere il paese in un rapporto più intimo e delicato e questo ha permesso di entrare ancor più in contatto con gli abitanti, conoscere gli usi, costumi, lo spirito che anima questo festival. Emma, la più giovane delle bambine di Civitacampomarano, ritratta da Cristian Blanxer e Victor Garcia Repo, è il simbolo della resistenza di quei pochi bambini che qui crescono come se il festival fosse la realtà, la loro normalità. Thiago Mazza qui ha assaporato la cultura del rispetto della natura che è molto lontana se vivi in grandi metropoli. Qui il tempo e lo spazio sono dilatati, un aspetto prezioso e incontaminato e i murales mai come quest’anno si sono inseriti perfettamente nel contesto”.

– Giovanni Sgobba

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Vanni Sgobba

Vanni Sgobba

Vanni Sgobba, giornalista professionista, nato a Bari ma con il cuore a Berlino. Laureato in Lettere ha poi frequentato il Master in giornalismo. Seguace di Keith Haring, di Jean-Michel Basquiat e del graffitismo, racconta l’attualità e le contraddizioni della società…

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