Tre nuove opere in Val Camonica per Wall in Art. Dai graffiti rupestri ai murales contemporanei

Terza edizione per Wall in Art, importante progetto di Street Art pensato per la Val Camonica. Cresce il numero dei muri e continua il lavoro appassionato di Ozmo, artista e curatore. Ecco tre opere nuove di zecca.

Due anni fa partiva la sfida. E il termine non è scelto a caso: un progetto complesso, difficile, che si è nutrito di contrasti e armonie, di monumentalità e virtuosismo tecnico, di capacità visionaria e interazione col territorio. E che proprio nel rapporto con i luoghi ha chiesto cura, attenzione, delicatezza. Ci ha pensato Ozmo, tra i più affermati street artist italiani, a tenere le fila di Wall in Art, primo festival di Street Art elaborato per i borghi storici della Val Camonica, grazie alla volontà del Distretto Culturale della Valle.

I Pitoti, graffiti rupestri della Val Camonica

I Pitoti, graffiti rupestri della Val Camonica

GRAFFITI IERI E OGGI IN VAL CAMONICA

Alla base una felice intuizione: tra le cime, le grotte e i piccoli agglomerati rurali di un sito unico, tutelato dall’UNESCO fin dal 1979, si contano oltre 250mila graffiti preistorici, i cosiddetti “Pitoti”, rocce levigate su cui già diecimila anni fa i cacciatori nomadi dell’era mesolitica o post-glaciale incidevano segni e figure legate alle proprie attività quotidiane. La tradizione ha proseguito anche attraverso il Neolitico per giungere fino all’età del Rame, del Bronzo e del Ferro. Un fenomeno che, pur ridimensionatosi nel tempo, si è in parte mantenuto in età romana, per ricomparire nell’Alto Medievo con vari simboli cristiani. Una vera e propria traccia identitaria, per una pratica che nei millenni ha connotato silenziosamente questo straordinario territorio. È solo nei primi del Novecento che il tesoro rupestre ha iniziato a essere scoperto e valorizzato.

Ozmo, Minerva - Valla Camonica, 2015. Ph. ©Jack Daverio

Ozmo, Minerva – Valla Camonica, 2015. Ph. ©Jack Daverio

Ed ecco, un secolo dopo, un’altra idea di scrittura nello spazio pubblico. Nuovi segni, nuove icone, un modo per riagganciarsi a quella storia e attualizzarla, prolungarla, farne materia viva. Ozmo, nelle vesti di direttore artistico, ha avviato il progetto nell’estate del 2015 con un suo intervento: una splendida Minerva in bianco e nero, dipinta su una superficie muraria di quasi 500 mq, sospesa fra le casette basse di Breno, uno dei 41 comuni della Comunità montana di Valle Camonica. Sotto l’auspicio della dea, simbolo della saggezza, della guerra e delle arti, nonché figura autoctona a cui è dedicato il locale parco archeologico romano, Wall in Art ha continuato a crescere e a commissionare muri, che sono oggi circa una decina. Tutti enormi, tutti opera di artisti di talento.

Wall in Art 2017. Moneyless, Untitled. Braone, 2017. Ph Davide Bassanesi

Wall in Art 2017. Moneyless, Untitled. Braone, 2017. Ph Davide Bassanesi

TRE NUOVI MURI PER IL TERZO WALL IN ART

La terza edizione ha appena consegnato dei nuovi murales. Li firmano Moneyless, il collettivo camuno Art of Sool e di nuovo Ozmo, rispettivamente per centri di Braone, Niardo e Vione. Resta il metodo di sempre: dialogare con i residenti, confrontarsi con le specificità territorioriali, studiare al meglio prospettive, ingombri, pesi, traiettorie visive, iconografie. Tre nuove opere di grandi dimensioni entrano così a far parte del millenario patrimonio artistico della Valle.
È lungo 63 metri il muro dipinto da Moneyless, realizzato su una strada tortuosa ai piedi di un monte. Un corpo bidimensionale che abbraccia le case dai tetti rossi del piccolo borgo. La scelta è quella di affidarsi al colore, dispiegando lungo la linea sinuosa della parete una struttura di geometrie irregolari. L’opera, vista dall’alto, è un segno netto e frastagliato che s’inscrive nel paesaggio, intercettandone e amplificandone i cromatismi, ma anche sintetizzandone le curve, gli spigoli, le dinamiche visive. Intervento deciso, nella concatenazione astratta di campiture fucsia, gialle, nere, bianche, rosa e blu, ma perfettamente integrato nel contesto.

Wall in Art 2017. Art of Sool, Evoolution, Niardo, 2017. Ph Davide Bassanesi

Wall in Art 2017. Art of Sool, Evoolution, Niardo, 2017. Ph Davide Bassanesi

Scelgono la via della figurazione fantastica, tra fumetto e bestiario grottesco, Art of Sool, con una sequenza di sei pareti contigue sulla facciata di un edificio con grandi finestre a vetri. La narrazione è dedicata allo spirito del luogo: si chiama “Evoolution” e illustra l’evoluzione del segno attraverso diverse epoche, dal graffito preistorico fino a una visione distopica. C’è l’antico camuno con la pietra, l’uomo celtico con scalpello e martello, il monaco amanuense con penna e inchiostro, il pittore del ‘900 incarnato da Dalì, Pollock e Haring, il writer contemporaneo e infine l’artista-alieno del futuro.

OZMO, DOPO MINERVA

Pesca ancora dalla mitologia Ozmo. E recupera suggestioni arcaiche, sepolte nella memoria di quei luoghi. Anche in questo caso il lavoro, imponente, si inscrive a dovere nella porzione di paesaggio rurale, sintonizzandosi dolcemente con gli alberi della vallata e con l’accrocco di case incastonate tra il cielo e gli alti boschi. Il lungo titolo – “Pietra forata, Dos delle Barbine, Accademia del Cattabriga” – riprende i miti e le leggende di Vione, legati ai riti agresti che un tempo venivano officiati presso una collinetta detta Dos delle Barbine, oltre che in tutto il territorio circostante.

Wall in Art 2017. OZMO, Pietra forata, Dos delle Barbine, Accademia del Cattabriga. Vione, 2017. Ph Davide Bassanesi

Wall in Art 2017. OZMO, Pietra forata, Dos delle Barbine, Accademia del Cattabriga. Vione, 2017. Ph Davide Bassanesi

Tre gruppi di figure raccontano così il senso e le liturgie di una tradizione antica: una pietra forata per invocare la pioggia, la danza circolare delle vestali di Bergimo, dio celtico delle alture, e poi un riferimento all’Accademia di Vione, luogo di formazione elitario, pensato per il popolo: qui, tra il ‘500 e il ‘700, si insegnava gratuitamente ai figli dei pastori persino la grammatica latina.
Il segno, ormai un marchio di fabbrica per Ozmo, è asciutto, inciso, sintetico, contrastato, un richiamo alle antiche arti grafiche ma anche a una certa illustrazione underground. Audace e azzeccata la soluzione per lo sfondo: un verde sintetico, pastello, si staglia contro la montagna in forma di pennellate larghe, morbide, rapide, dal sapore digitale. Modulandosi sui verdi scuri e boschivi del panorama mozzafiato.

– Helga Marsala

http://lavallecontemporanea.it/

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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