“La notte è un luogo dove scopri chi sei”. Intervista al fotografo Sibusiso Bheka 

Nemmeno trentenne, il fotografo sudafricano Sibusiso Bheka sta riscuotendo successo internazionale per la sua capacità di immortalare la notte in modo del tutto originale. Ne parliamo con lui

Dalla township di Thokoza in Sudafrica, alla notorietà europea, il fotografo sudafricano Sibusiso Bheka (Katlehong, 1997) racconta i luoghi marginali con occhi nuovi. Lo incontriamo a Lisbona, in un caffè alla LX Factory, nel cuore creativo della capitale portoghese, dove ha appena concluso una residenza artistica. 

Sibusiso Bheka, Inhliziyo, 2017
Sibusiso Bheka, Inhliziyo, 2017

Intervista a Sibusiso Bheka 

Cominciamo dalle origini. Come nasce il tuo rapporto con la fotografia? 
Sono nato a Johannesburg nel 1997 e sono cresciuto a Thokoza, una township alla periferia della città. La fotografia è entrata nella mia vita per caso, grazie al progetto Of Soul and Joy, che offriva un laboratorio nella mia scuola. Non avevo mai visto una macchina fotografica professionale, ma appena l’ho presa in mano ho capito che sarebbe stata la mia strada. È stato un colpo di fulmine. 

Il tuo primo progetto, At Night, They Walk with Me, ti ha portato all’attenzione internazionale. Com’è nato? 
Volevo raccontare quello che accadeva nella township dopo il tramonto. Le nonne ci dicevano di non uscire di notte perché c’erano i fantasmi. Io ho voluto esplorare quella credenza e dare un volto a quel mondo notturno. Così ho fotografato i bambini che uscivano di nascosto per giocare. Con quei primi scatti sono riuscito a vendere le mie foto e comprare la mia prima macchina fotografica. 

Dopo il debutto, hai realizzato un progetto molto potente: Stop Nonsense. Di cosa si tratta? 
È un’indagine sui muri di recinzione nelle township. Il titolo è preso da un’espressione sudafricana usata per descrivere quei muri che servono a “fermare le sciocchezze”, cioè a proteggersi. Quando Thokoza fu costruita negli Anni Cinquanta, le case non avevano barriere. Mia nonna fu la prima nella nostra strada a costruirne uno. Quei muri raccontano la trasformazione della comunità, i confini che ci costruiamo. Le luci gialle che ho usato sono un altro elemento importante: erano un’eredità dell’apartheid, servivano a distinguere le aree nere da quelle bianche. Le ho riutilizzate per trasformare l’immagine della township in qualcosa di poetico. 

Sibusiso Bheka, Super Mega, 2018
Sibusiso Bheka, Super Mega, 2018

Come hanno reagito gli abitanti della township vedendo le foto pubblicate sulle riviste internazionali? 
Molti non riconoscevano le loro case, pensavano avessi modificato le immagini. Ma non c’era nessun trucco: avevo solo mostrato Thokoza in una luce nuova. Ed è questo che la fotografia può fare: cambiare la percezione della realtà. 

Dalla periferia di Johannesburg alle capitali europee. Com’è stato il passaggio? 
Dopo cinque anni su Stop Nonsense, sono stato invitato a residenze artistiche prima ad Amsterdam, poi a Parigi. A Parigi ho sviluppato un progetto ispirato al cinema. È una città che ho sempre immaginato come un grande set, e trovarmi lì, in preparazione delle Olimpiadi, era come vivere dentro un film. 

Nonostante questo, sei rimasto molto legato al Sudafrica… 
Assolutamente. Continuo a lavorare con Of Soul and Joy, soprattutto con giovani fotografi nei contesti rurali. Nelle township i traumi si tramandano di generazione in generazione. Per me, la fotografia è stata una forma di terapia, e voglio offrire la stessa possibilità ad altri ragazzi. 

Sibusiso Bheka, Umsebenzi, 2018
Sibusiso Bheka, Umsebenzi, 2018

Oggi sei a Lisbona. Su cosa ti sei concentrato durante la tua residenza? 
Mi sono interessato a come il terremoto del 1755 ha trasformato l’architettura della città e gli spazi pubblici. La storia di Lisbona è scritta nei suoi edifici. La città fonde magnificamente passato e presente, e questo mi ha spinto a riflettere sul concetto di tempo. 
 
Hai continuato a fotografare anche di notte? 
Sì, come in Sudafrica. La notte a Lisbona è calma, rilassata. Lavorare di notte qui è stato piacevole e sicuro, anche se ovunque io vada cerco sempre di fare attenzione. 

Hai presentato anche un progetto espositivo: Umphako. Cosa significa per te? 
Umphako è una parola zulu che indica ciò che ci accompagna quando partiamo o quando torniamo a casa. È il mio modo per restituire qualcosa a Lisbona, ma anche per dialogare con la scena artistica locale. Esporre il proprio lavoro nel luogo in cui è nato è un’opportunità rara, e per me era importante. 
 
Con tutti questi viaggi, non hai mai pensato di trasferirti in Europa? 
No. Non voglio trasferirmi in Europa, tornerò dove sono nato. Quel posto fa parte di me. 
 
Federico Bastiani 
 
Libri consigliati: 

 

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti) 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Federico Bastiani

Federico Bastiani

Fondatore di Social street e giornalista freelance. Collabora con Il Caffè, Vanity Fair, Grazia, Centodieci, Il Fatto Quotidiano.

Scopri di più