Il grande fotografo di moda Steven Meisel in mostra in Spagna

I suoi scatti hanno scritto la storia della fotografia di moda degli Anni Novanta. Autore di decine di copertine delle più importanti riviste fashion, ora Steven Meisel è protagonista di una mostra a La Coruña

La Coruña ospita una rara retrospettiva di Steven Meisel (New York, 1954). Perché proprio questa cittadina nel nord ovest della Spagna è presto detto: La Coruña è sede del mega gruppo tessile Inditex (Zara, Massimo Dutti, Oysho e Bershka) e l’ereditiera Marta Ortega Pérez, neo presidente del gruppo, ha fatto tutto il possibile per portare questa esposizione nello spazio che Elsa Urquijo ha progettato per la MOP (acronimo di Marta Ortega Pérez) Foundation.

Bella Freud, Londra, 1993. Courtesy Steven Meisel

Bella Freud, Londra, 1993. Courtesy Steven Meisel

STEVEN MEISEL E LA MODA

È consueto definire Meisel come uno dei fashion photographer più prolifici della sua generazione, che ha contribuito all’ascesa di alcune tra le più importanti top model degli Anni Novanta: Linda Evangelista, Christy Turlington, Stella Tennant, Bella Freud, Kate Moss, Naomi Campbell, nomi con cui la sua produzione fotografica è intrecciato da sempre. Ma una definizione del genere non rende assolutamente l’idea di quello che è stato il suo ruolo nel fashion system degli Anni Novanta. In quella decade Meisel è assurto a fama internazionale per i suoi servizi fotografici prima per Vogue Italia (unico fotografo per la copertina per quindici anni) e L’Uomo Vogue (pochi, ma clamorosi e spesso controversi) e poi per Vogue America. Nella stessa decade Meisel fotografa Madonna nel 1992 per il suo libro Sex.
Al suo arrivo sulla copertina di Vogue Italia nel 1988 gli “stati maggiori” del Made in Italy gridano allo scandalo. Il tipo di donna visualizzata in quella foto e in tutte le altre che continueranno ad apparire grazie alla testardaggine e al talento di Franca Sozzani non rappresenta affatto la forma femminile presente nell’advertising di moda di quel periodo.  Rappresenta invece una nuova sensibilità che supererà il posh Anni Ottanta attraverso eleganti slittamenti di genere: dal femminile al maschile e dal maschile al femminile. Dopo le prime reazioni negative, i signori del Made in Italy e pure quelli di tutto il resto del mondo finiranno per allinearsi a questa nuova estetica. Da allora Meisel continua a produrre campagne pubblicitarie: lo ha fatto prima per Versace, Dolce&Gabbana e Calvin Klain, in seguito Max Mara, Anna Sui, Louis Vuitton, Prada, Valentino, Lanvin.
Come è accaduto? Meisel non ha mai fatto della sociologia (o forse l’ha fatta d’istinto): in realtà ha sempre fotografato prima di tutto se stesso. Quando compare per le scale di Condé Nast Italia a metà degli Anni Ottanta con il book sotto il braccio per mostrare i suoi primi scatti si presenta come un giovane “pirate” (una versione personale del post-punk di Vivienne Westwood e Malcolm McLaren) dai tratti delicati: Steven indossa una bandana, sfoggia capelli neri, lunghi, lisci e lucenti, è truccatissimo, dalle tasche dei jeans strettissimi escono lunghe catene-gioiello. Una “apparizione” persino in un luogo come quello che di certo è abituato ai look eccentrici. La trasformazione nel personaggio schivo, sempre vestito di nero, restio a comparire e tanto meno a lasciarsi intervistare avverrà più tardi.

Isabella Blow con il cane di Alaïa, Parigi. Courtesy Steven Meisel

Isabella Blow con il cane di Alaïa, Parigi. Courtesy Steven Meisel

MEISEIL E LA FOTOGRAFIA DI MODA

Per Meisel la moda è sempre stata un’ossessione. La leggenda racconta che sin da bambino disegnava abiti riprendendoli da riviste come Harper’s Bazaar e Vogue America specialmente se a indossarli erano Twiggy, Veruschka e Jean Shrimpton. Meisel ha frequentato la High School of Art and Design di New York City prima di iscriversi alla Parsons The New School for Design, dove si è laureato in Fashion Illustration. Dopo la laurea ha lavorato come illustratore per lo stilista Roy Halston Frowick, lo stesso di cui Andy Warhol si occupa nel 1982. Come fotografo inizialmente Meisel guarda al lavoro di Jerry Schatzberg, Irving Penn, Richard Avedon e Bert Stern.
Per Meisel è sempre esistita solo la moda. Quarant’anni di carriera, migliaia, forse decine di migliaia di scatti, e non ha mai avuto il desiderio di guardare oltre questo recinto. Anche quando i suoi soggetti non sono stati modelli ma celebrities, la visione patinata è rimasta identica. E questa, che pare una debolezza, è sempre stata la sua forza. I suoi shooting ‒ per anni ‒ hanno immancabilmente anticipato i trend poi esplosi in passerella. La spiegazione è duplice: da un lato Meisel ha lavorato esclusivamente con le migliori fashion stylist del mondo. Dall’altro le sue visioni sono sempre state straordinarie per la capacità di costruire storie che hanno anticipato sempre (ma di poco) il sentire contemporaneo, storie comunque lussuose, accurate in ogni dettaglio: abiti, accessori, trucco e capelli (sul suo set solo i migliori make up artist del mondo) per un risultato finale tanto straordinario quanto costosissimo.
Gli Anni Novanta, Meisel e l’editoria di moda sono una combinazione impossibile da replicare: un momento di euforia irripetibile per un’editoria che vede oggi tagli sino al 90% nei budget disponibili per uno shooting di questo genere.

Brent King, New York, 1993. Courtesy Steven Meisel

Brent King, New York, 1993. Courtesy Steven Meisel

LA MOSTRA DI STEVEN MEISEL A LA CORUÑA

Steven Meisel 1993 A Year in Photographs nello spazio della MOP Foundation si concentra su un anno decisivo della sua carriera: quel 1993 durante il quale, in dodici mesi, Meisel si aggiudica ventotto copertine per le edizioni internazionali della rivista Vogue e oltre cento editoriali. Nessuna mostra del suo imponente corpus di lavoro era mai stata fatta sino a ora, tra i grandi fotografi di moda Meisel è forse l’unico a non avere mai dato alle stampe una monografia completa: solo un libro che raccoglie alcune sue foto intitolato Steven Meisel è stato pubblicato in Germania nel 2003. La mostra a La Coruña si apre con un gruppo di fotografie scattate a 12 anni da Meisel, per la strada, a passanti casuali. Esattamente come allora la produzione di Meisel è tutto sommato scarna e insieme sensuale, comunque sempre incentrata su una connessione individuale con il suo soggetto, e per lo più in bianco e nero. Nel suo lavoro più recente il colore o il bianco e nero si equivalgono. Ma la prima copertina di Vogue Italia era in bianco e nero, così come quasi tutte quelle scattate da Meisel per L’Uomo Vogue. Non altrettanto accadeva per Vogue America (ma lì i margini di invenzione sono sempre stati meno ampi). Perché il bianco e nero? Negli Anni Novanta il bianco e nero è stato anche un modo di reagire, quasi di asciugare la sovrabbondanza formale del decennio precedente.

Aldo Premoli

La Coruña // fino al 1° maggio 2023
Steven Meisel, 1993 A Year in Photographs
MOP FOUNDATION
Muelle de la bateria
https://meisel93-coruna.com/en/exhibition

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Aldo Premoli

Aldo Premoli

Milanese di nascita, dopo un lungo periodo trascorso in Sicilia ora risiede a Cernobbio. Lunghi periodi li trascorre a New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e…

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