Fotografare le cicatrici all’infrarosso. Monica Carocci in Africa per CUTE Project

Durante una missione in Uganda, la fotografa ha ritratto attraverso un filtro a infrarossi le cicatrici e i corpi dilaniati dei pazienti della Onlus dedita alla chirurgia plastica ricostruttiva. Ne è nato un libro che racconta la sofferenza e la rinascita attraverso immagini e parole. Ce ne ha parlato Monica Carocci.

Cute Project è una Onlus torinese nata nel 2012 con l’obiettivo di formare il personale sanitario dei paesi in via di sviluppo nell’ambito della chirurgia plastica ricostruttiva. Negli anni ha operato nei paesi africani più poveri come Congo, Uganda e Benin, intervenendo su numerosi adulti e bambini gravemente colpiti da ustioni e incidenti che gli avevano procurato malformazioni e disabilità: grazie alla onlus hanno potuto in questo modo curarsi e ritornare a una vita attiva. Nel 2017 e nel 2019, assieme alla missione di Cute Project, è partita anche la fotografa e artista Monica Carocci (Roma, 1966), chiamata a documentare quanto avrebbe visto. Dal suo viaggio è nato il libro Cicatrici della pelle e dell’anima, in cui le immagini realizzate vengono accompagnate dai testi dello scrittore e giornalista Gian Luca Favetto. Tutti i proventi del libro – che presto sarà presentato ufficialmente al pubblico – saranno devoluti per le prossime missioni della Onlus, che ha come obiettivo futuro attività di formazione teorica e pratica non solo nei paesi dell’Africa, ma anche in quelli del Sud America.

Cicatrici della pelle e dell'anima, Monica Carocci e Gian Luca Favetto

Cicatrici della pelle e dell’anima, Monica Carocci e Gian Luca Favetto

MONICA CAROCCI, LA MISSIONE IN UGANDA 

Non mi è mai capitato di lavorare a un progetto così bello, limpido, profondo. Nel momento in cui ho messo piede in Africa tutte le paure sono scomparse e tutto è stato molto intenso”, racconta Monica Carocci ad Artribune. La sua storia di testimonianza, vissuta in prima persona e attraverso l’obiettivo, parla dell’incontro diretto con il dolore, la sofferenza, le atrocità di corpi dilaniati che solo attraverso questa equipe medica hanno avuto la possibilità di ricevere cure e attenzioni necessarie per ritornare alla vita e avere una seconda possibilità. Cute Project (che non va letto all’inglese, ma in italiano come “cute” nel senso di “pelle”) interviene da anni su pazienti che non riceverebbero la necessaria assistenza sanitaria nei propri paesi, operando con complicati interventi che puntano a recuperare soprattutto gambe, braccia e mani. Alla formazione del personale sanitario locale si aggiunge l’attività di prevenzione contro le ustioni nelle scuole, con un laboratorio didattico per bimbi dai 4 ai 7 anni. La sfida, per chi fotografa, è riuscire a documentare lo straordinario lavoro del personale sanitario senza fare del sensazionalismo. “Devi fare attenzione al rispetto della persona, dell’essere umano che hai di fronte e del suo dolore. Ti devi spogliare di tutto e farlo con umiltà”, sottolinea Monica Carocci. 

Cute Project Uganda

Cute Project Uganda

MONICA CAROCCI E L’IMPIEGO DELL’INFRAROSSO

Una realtà cruda, talvolta spaventosa, cicatrici nere su pelle nera, una luce non adeguata alle necessità dell’analogico: per far fronte alle tante sfide imposte dalla missione, Carocci decide di iniziare a sperimentare il filtro infrarossi applicato su una macchina fotografica digitale, convertendo una Nikon di seconda mano comprata su Ebay e togliendo il filtro sopra al sensore. Improvvisamente la realtà si ribalta e assume dei connotati eterei e surreali: la pelle dei pazienti diventa di un colore azzurrino-argenteo e squarci e cicatrici emergono come linee di un disegno. Il loro dolore è ancora tangibile in uno scenario straniante, ma intriso di delicatezza. “Cambiano gli occhi, hanno tutti gli occhi azzurri”, racconta la fotografa. “L’infrarosso vede quello che noi non vediamo e cattura un millimetro sotto la pelle. Se tu fotografi un fiore vero ti appare tutto bianco, se invece fotografi un fiore finto con la stessa luce viene nero: l’infrarosso reagisce al calore, alla vita. Per questo gli alberi vengono bianchi come se ci fosse la neve. È tutt’a un tratto un mondo nuovo e bello, nonostante abbia solo quattro colori”.

MONICA CAROCCI E LA MOSTRA ALLA GALLERIA FRANCESCA ANTONINI

Tornata in Italia, e come tutti investita dall’inedita condizione del lockdown, Monica Carocci ha continuato a portare avanti la sperimentazione fotografica a infrarossi, scattando nei dintorni della sua casa di Torino l’assetto immobile della realtà attorno a sé. Le immagini realizzate sono visibili fino al 5 giugno 2021 nella mostra NuvoleAlte ospitata presso la galleria Francesca Antonini Arte Contemporanea di Roma. Ad accompagnarla, un testo di Cristiana Perrella che così parla della sua ultima produzione: “Tutto cambia, un mondo magico appare, sospeso in uno stato di crepuscolare esitazione, di sospensione che annuncia un cambiamento profondo.  Il paesaggio, radioattivo, fiabesco, immobile, genera insieme fascino e vertigine perché è l’epifania di un mondo sul quale l’uomo non sa più agire e che per questo potrebbe non comprenderlo più. Dargli forma, farlo immagine, è un modo di rispondere alla crisi, di affermare la propria presenza, la propria esistenza nello stesso momento in cui si comprende la propria fragilità”. 

– Giulia Ronchi

https://www.cute-project.org
www.francescaantonini.it 

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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