Michelangelo alla Cappella Sistina. Trovato un disegno preparatorio per il Serpente di bronzo

È un uomo nudo visto di spalle, con la schiena e una gamba in tensione, il soggetto del disegno a sanguigna realizzato da Michelangelo, ora ricondotto da Paul Joannides a una delle scene affrescata sulla volta della Cappella Sistina

Se non bastasse il nome di Michelangelo a destare l’attenzione della comunità scientifica sulla scoperta annunciata da Paul Joannides, professore emerito di Storia dell’arte all’Università di Cambridge, è la possibilità di ricondurre un nuovo disegno dell’artista fiorentino al processo creativo dietro al ciclo di affreschi per la volta della Cappella Sistina a confermare l’eccezionalità del “ritrovamento”.

IL DISEGNO PER LA SCENA DEL SERPENTE DI BRONZO

Lo studio a sanguigna per un uomo nudo visto di spalle acquistato da un collezionista privato nel 2014 è stato infatti ricondotto dallo studioso a una delle figure che lottano per divincolarsi dai serpenti nella scena del Serpente di bronzo raffigurata sul pennacchio a sinistra dell’altare nelle fasi conclusive dell’imponente programma decorativo commissionato da Giulio II. Michelangelo completò l’affresco – relativo alla punizione divina contro gli Israeliti colpevoli di aver bestemmiato contro Dio e Mosè, descritta nel Vecchio Testamento – intorno al 1512, e dunque anche il disegno preparatorio identificato da Joannides sarebbe ascrivibile allo stesso anno. Il professore, tra i più accreditati esperti mondiali del Buonarroti, ha pubblicato il suo studio sul Burlington Magazine; l’entusiasmo per la scoperta è avvalorato dalla rarità di disegni riconducibili al lavoro di Michelangelo, che pure utilizzò lo strumento in modo intenso, dagli schizzi preparatori ai dettagliati studi sulla figura umana, per studiare i maestri e annotare la realtà (a conservare la più grande collezione di opere grafiche dell’artista è Casa Buonarroti, che oltre a studi di anatomia e architettura custodisce anche alcuni disegni riconducibili alla volta della Cappella Sistina, protagonisti nel 2022 della mostra al MAG di Riva del Garda, compresi gli studi più celebri relativi alla Cacciata dal Paradiso terrestre). A spiegare perché fu già Giorgio Vasari nelle sue Vite, edite nel 1550: il pittore e storico aretino riferiva a che punto Michele Agnolo fosse ossessionato dalla perfezione rivelando come poco prima di morire avesse “bruciato gran numero di disegni, schizzi e cartoni fatti di man sua, acciò nessuno vedessi le fatiche durate da lui et i modi di tentare l’ingegno suo, per non apparire se non perfetto”. Vasari, peraltro, nelle pagine dedicate al Buonarroti mostra grande apprezzamento proprio per la “storia delle serpi di Mosè”, “più bella e più divina di tutte l’altre”, cui dedica un’approfondita descrizione, affascinato dalla capacità di rappresentare in modo tanto credibile ed espressivo la disperazione e la paura.

LA STORIA DEL DISEGNO IDENTIFICATO DA JOANNIDES

L’accostamento del disegno all’opera finale è dovuto all’intuizione di attribuire un nuovo orientamento all’immagine disegnata, non più letta in orizzontale, ma ruotata di novanta gradi per risultare perfettamente coerente con l’uomo dipinto al centro del pennacchio, con la schiena curva e la gamba destra protesa in avanti, stretta nella morsa di un serpente. Secondo Joannides, lo stesso Michelangelo avrebbe preso nota dell’orientamento finale da conferire alla figura marcando con una serie di linee l’angolo destro del foglio. In precedenza il disegno (15.7 x 19.3 cm) – già appartenuto in passato a Sir John Charles Robinson, di cui il foglio reca le iniziali scritte a mano JCR – era stato attribuito a Rosso Fiorentino. Entrato in collezione privata quasi dieci anni fa, è stato sottoposto al parere di Joannides proprio dall’anonimo proprietario, che per primo avrebbe avanzato l’accostamento con gli “uomini in lotta” nell’affresco del Serpente di bronzo. Ma al Guardian lo studioso ha riferito come già diversi anni fa fosse rimasto colpito da una fotografia in bianco e nero del disegno in questione conservata alla Witt Library del Courtauld Institute of Art di Londra. All’epoca, spiega il professore, l’aveva “appuntato” in memoria come “interessante”. Oggi è chiaro perché.

Livia Montagnoli

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