Cinque artisti emergenti intervistati dal grande artista Roberto Cuoghi. Secondo dialogo con Angelo Iodice
Prosegue con il dialogo tra Roberto Cuoghi e Angelo Iodice, una serie di appassionanti interviste “sottovetro” che il maestro modenese ha pensato per raccontare la giovane arte emergente al Sud. Qui il dialogo con un artista e chimico farmaceutico che mescola in alchimia Vettor Pisani e David Lynch
In occasione della sua mostra alla Fondazione Pascali di Polignano a Mare Roberto Cuoghi (Modena, 1973) al quale quest’anno l’istituzione pugliese ha conferito il premio dedicato a Pascali e nato nel 1969 su volontà della sua famiglia, ha realizzato un progetto speciale. Rinunciando a esporre anche negli spazi della chiesa sconsacrata Exchiesetta, venue parellela e vetrina su strada nel centro storico di Polignano a Mare, Cuoghi ha infatti invitato in collaborazione con l’artista e direttore del museo Giuseppe Teofilo cinque colleghi esordienti del territorio pugliese a confrontarsi in altrettante mini-mostre personali che inaugureranno fino a maggio 2026, data in cui si concluderà il suo solo show a Polignano a Mare. E in un dialogo aperto che in cinque interviste, raccolte con il sottotitolo Sottovetro (a rievocare la struttura dello spazio espositivo, ma anche una condizione esistenziale) ha pensato per Artribune. Qui il secondo appuntamento con l’artista Angelo Iodice (Barletta, 1980) che ha presentato nella chiesetta polignanese la mostra Non è strano che si possa dormire mentre la luna attraversa il cielo? (2024-2025).
Intervista ad Angelo Iodice
Tu non sei esattamente ‘carne giovane’, hai già una certa esperienza; dunque, fai pure come se fossi su Sky e presentati.
Vivo ad Ancona, da cui parto e riparto e questa volta è verso le mie origini. Diciassette anni fa ho lasciato la Puglia per il capoluogo marchigiano, hanno scritto “per lavorare con le formule matematiche nei processi di industrializzazione, e sulla realtà per tradurla alchemicamente in immagini sublimate”. Sono anche chimico farmaceutico e solo qualche anno fa, collezionisti di “altre terre”, interlocutori attenti che hanno fatto della Puglia la loro casa, hanno accolto il mio lavoro, che innesta Erwin Schrödinger a Vettor Pisani o David Lynch a Paul Gauguin. I mari verdi polinesiani non ricordano la macchia di olio bruciato per accedere alla loggia?
Ci pensavo ieri.
Così è scattata una reazione a catena, un susseguirsi di eventi correlati, assieme a Giuseppe e Paolo, duo curatoriale a cui devo davvero tanto. È anche grazie a loro se voglio continuare a tornare in Puglia.
Parli di Like a Little Disaster. Tutti me ne avete parlato, qual è la loro formula? Sono clonabili? Servirebbe clonarli?
A loro insaputa, sì. La fertilità che ho ritrovato in Puglia è soprattutto merito loro. Sanno mettere in relazione gli spazi e le persone e questa, finalmente mi è chiaro, è la lunghezza d’onda sulla quale “sintonizzarsi”. Il distacco da questa terra però è stato fondamentale. Ha reso possibile una maturità che non è scontata e questo va di pari passo con la mia visione stratificante delle cose. La Puglia, così sofferta, solo ora sta diventando il fulcro su cui ho deciso di basare il mio lavoro. Qui si sta sviluppando qualcosa di strutturante per la mia ricerca, ma non ti nascondo che avverto ancora una sensazione di smarrimento … Devo anagrammare quello che sta succedendo per fare sempre meglio e ripartire. Questa volta più forte.
E che cosa te lo fa pensare?
Ancora una volta sento che c’è interesse verso la mia ricerca. L’invito della Fondazione Pascali, che immaginavo irraggiungibile, e poi accanto a te. Così sta prendendo vita la metamorfosi del mio lavoro “Non è strano anche che si possa dormire mentre la luna attraversa il cielo?”. È una celebrazione di archetipi baccanali, come nella Pietra Lunare di Tommaso Landolfi, in cui la guardiana Gurù diventa una creatura ibrida, metà donna e metà capra, nella speranza che lo spettatore ne abbia paura, ma veda, e proprio perché vede ne abbia paura. Possibile che si debba aver il coraggio di vedere? Gurù, sterile e lunare rappresenta forse quello che si vede da morti? Ti ricordi quando durante le chat ti scrivevo, che avrei riportato quanto sta succedendo dentro e fuori?
Si, e quindi?
Questa esperienza ha permesso che io mi trovassi direttamente dentro quella dimensione. Io adesso sono lì, in questo spazio fitto e senza riferimenti, accompagnato e poi abbandonato, e sto facendo di tutto per trovare la via del ritorno. Credo molto nell’importanza della casualità e mi piace ricordare il primo giorno che ti ho conosciuto. Abbiamo parlato di Kekulè e della sua immaginazione davanti a un caminetto, dove vide gli atomi unirsi in file ricurve come serpenti, tra i quali ve ne era uno che afferrò con la bocca la sua stessa coda. Da questo sogno nasce l’intuizione della struttura dell’anello del benzene ciclico, proprio ricordando l’Uroboro … guarda come prende senso tutto.
Con l’Uroboro abbiamo perso metà dei lettori.
Secondo te noi cinque siamo degli sfigati?
Vi trovo più educati di me. Questo mi dispiace. Uno sfigato per te è uno sfortunato o più uno da lasciar perdere?
Gli sfigati sono chi si accontenta, chi raschia il fondo per avere qualche attenzione.
Io dico ‘educati’ per dire che se la fondazione fa una gaffe e non vi invita alla cena dell’inaugurazione, la vostra delusione può solo accreditare chi prenota i tavoli. Ma, in sincerità, cosa ne pensi dell’omeopatia?
Sicuramente la diluizione così spinta elimina la molecola attiva, quindi teoricamente non dovrebbe funzionare, ma è risaputo che funziona a livello mentale, quindi totale. C’è “calore”.
Fanculo la cena.
La mia cena è questa.
Roberto Cuoghi
Scopri di più
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati