Lo Spazio Rivoluzione di Palermo raddoppia e apre una sede a Roma. Spazio per l’arte gestito da artisti (in un ex panificio)
Apocalissi contemporanee, black humor, ombre e paure del presente, evocando l’underground e le sottoculture metal. Una piccola mostra di qualità inaugura un nuovo artist run space a Roma, gemellato con Palermo
Nasceva nel novembre del 2018, nel cuore della Palermo storica e popolare. Un rifugio, una cellula impazzita, un gabinetto di guerra, un teatro dimenticato e resuscitato, un campo d’azione e resistenza. Si chiama “Spazio Rivoluzione”, dal toponimo della piazza su cui si affaccia l’edificio e in cui ha sede anche lo studio di Adalberto Abbate (Palermo, 1975), artista palermitano che inventò questo piccolo luogo per mostre, gestito in totale autonomia, con una formula non profit, solidale, indipendente e comunitaria.
Unico ambiente dai muri consunti, cristallizzato nella spessa patina di storia e di abbandono, come un relitto emerso dalla coltre di macerie e memorie cittadine. Qui, in piazza Rivoluzione, tra fantasmi di botteghe scomparse e surplus di locali da movida, echeggiano fuochi e passioni risorgimentali dei moti del 1848. E non poteva esserci nome migliore, del resto, per questo progetto anarchico, fuori registro e sotterraneo, tanto rigoroso sul piano della visione, quanto insofferente ai codici patinati e ai circuiti ufficiali dell’arte. Uno spazio d’artista, per gli artisti, sempre alla periferia del sistema. E che oggi rinasce, con una seconda sede a Roma.
La sede di Spazio Rivoluzione a Roma
Non un esperimento pop-up, ma un doppio permanente, destinato ad amplificare e rafforzare il lavoro svolto da anni a Palermo. Continuità subito percepibile tra la pelle e la forma del luogo, così underground e carico del sentimento del ricordo, della nostalgia, del crollo, come in Piazza Rivoluzione. Anche qui mura antiche, scrostate, porose, volutamente non ripristinate, con le asperità della pietra grezza che diventano segni, racconti. Anche qui luci calde, come si usa nei centri storici, dove si spennellano romanticamente di giallo monumenti e rovine a cielo aperto. Tutto in netta opposizione al minimalismo algido e impersonale dei white cube.
E alla suggestione estetica corrisponde, di nuovo, una dimensione storica densa di pathos: dai moti del ’48 di Palermo alla parentesi nazifascista che un secolo dopo investì il Paese. Proprio accanto, al civico 56 di via dei Savorgnan – quartiere Certosa, tra il Pigneto e Torpignattara – si trovava l’ingresso del panificio di Pietro Ciprari, il cui deposito di legna, al numero 60, corrisponde oggi alla sede di Spazio Rivoluzione, con saracinesca su strada. Di quella storia resta memoria viva grazie a un’iscrizione che sormonta il vecchio portone in legno. Lo Militante antifascista, Ciprari diede supporto ai partigiani. Così lui stesso orgogliosamente ammetteva in un documento autografo del 26 luglio 1946: “Dichiaro che durante il periodo nazifascista, ho fornito pane e farina in quantità rilevante alla banda di bandiera Rossa della II Zona, previo pagamento del relativo importo. Detto pane e farina servivano per l’alimentazione delle bande e delle famiglie e dei carcerati e dei fuggiaschi per opera dei tedeschi e dei fascisti”. Zone, quelle di villa Certosa, in cui si consumavano attività clandestine di propaganda patriottica e di resistenza partigiana, in cui si nascondevano armi e si imbastivano strategie di liberazione, fra persecuzioni ininterrotte, fucilazioni, episodi di squadrismo.

Adalberto Abbate, The great weight, serie Triumph of death, 2020 RGB
Gli artisti di Spazio Rivoluzione
Due luoghi perfettamente allineati, dunque, con un’unica regia. Palermo e Roma. Al timone c’è sempre Adalberto Abbate, nel ruolo di direttore artistico, qui affiancato da un altro artista, Sandro Mele (Melendugno, Lecce, 1970): lo spazio è un frammento inutilizzato del suo studio, che oggi trova così un’identità e una vocazione. Ad accomunare i due è la costante attenzione al cotè antropologico e sociale dell’arte, esplorato con un approccio visionario, letterario, mai decorativo o rassicurante, prediligendo la forza dell’immagine all’immaterialità di certe pratiche processuali e relazionali.
Del team fa parte anche Mario Consiglio (Lecce, 1968) artista molto vicino ad Abbate, anche lui abile mixeur di immaginazione poetica, incisività politica, leggerezza ludica, ironia e cupezza esistenziale. Lo Spazio Rivoluzione palermitano aveva ospitato una sua personale, nel 2024, mentre nel 2016, insieme ad Abbate, aveva inaugurato il progetto Manifesto alla Galleria d’Arte Moderna di Palermo, dopo le tappe a Palazzo Lucarini di Trevi e al Grimmuseum di Berlino: un dialogo per immagini scandito da affiche manipolati, mescolando e destrutturando brandelli di cronaca, pubblicità e propaganda politica.

La prima mostra di Spazio Rivoluzione a Roma
Mondi e spunti che ritornano oggi, a Roma, con la mostra inaugurale intitolata Megadeath, attesa per prossimo il 7 novembre. La citazione arriva dal contesto delle controculture Anni ’90, precisamente da quel sottogenere dell’Heavy Metal, il Trash Metal, a cui apparteneva la band dei Megadeth. Font che rivisita il logo della band e nome storpiato con l’aggiunta di una “a” che spalanca il tema della morte: così si mette il carico sulla radicalità plumbea di quei mondi, con un’ulteriore nota di cupezza infarcita di black humor. E sono quelli i temi, tra apocalissi contemporanee, guerre, precipizi, tenebre, in una mistura di energie punk, distorsioni metalliche, enfasi e ribellismo hardcore.
Sintonizzandosi su un presente fagocitato dal cinismo del mercato e dalla spietatezza dei grandi leader politici, la mostra prova a dare corpo a un’angoscia che serpeggia e cresce, anche tra chi è lontano dagli scenari bellici, anche tra chi vive nel recinto democratico di una pace e un benessere che iniziano a scricchiolare, palesando tutte le falle e le contraddizioni di un sistema globale interconnesso.
Così Paolo Canevari, Lorenzo D’Anteo, Joseba Eskubi, insieme agli stessi Abbate, Consiglio e Mele, raccontano con poche, sintetiche immagini il sentimento della fine. Pittura, scultura, fotografia. Teschi come giocattoli o misteriosi feticci, mostruose creature marine dalle fauci spalancate, bunker militari che diventano case, loculi come giacigli. Nella desolazione di un paesaggio distopico senza tempo e senza grazia.

Uno spazio di resistenza. Le parole di Adalberto Abbate
Abbate definisce questo spazio gemello “un nuovo avamposto di cultura indipendente per potenziare relazioni, confronti e pratiche condivise”. Ma perché proprio Roma? “Abbiamo scelto Roma”, spiega, “per la sua forza contraddittoria e vitale, per la sua storia di resistenze e rinascite, per la sua interculturalità che abita le differenze e le trasforma in nuovi linguaggi. La seconda sede sorge in un luogo carico di memoria, attraversato da tensioni antinaziste e da desideri di libertà: un terreno fertile per continuare a immaginare un’arte che sia anche azione sociale e politica”.
Immutata l’energia sferzante e la vis polemica, da sempre cifre del lavoro e dell’impegno culturale dell’artista palermitano, mentre si rafforza quel desiderio di network, di pensiero attivo condiviso, di aggressione intellettuale e creativa contro lo status quo. L’idea di resistenza, dunque, non muore. Nonostante tiri un vento di decadenza, impalpabile e diffuso. Nonostante quel misto di torpore e assuefazione che attraversa il Paese e che contagia cultura, dibattito pubblico, coscienza politica, insieme alla stessa capacità d’immaginare il futuro. In certi luoghi, come nella Sicilia di Abbate, le conseguenze hanno un sapore particolarmente drammatico, desolante. “Apriamo questo spazio per crescere insieme, per ampliare il nostro orizzonte di ricerca e per dare forma a un valore che non si misura in profitto ma in vita condivisa. Perché vogliamo continuare a lottare, discutere e protestare a modo nostro. E mentre il sistema culturale gioca al Monopoli, noi scegliamo di costruire significati, relazioni e possibilità reali“.
Helga Marsala
Megadeath
Adalberto Abbate/ Paolo Canevari/ Mario Consiglio/ Lorenzo D’Anteo/ Joseba Eskubi/ Sandro Mele/ Calixto Ramirez
a cura di Adalberto Abbate
Opening: 07.11.2025, h. 19
Fino al 07.01.2026
Spazio Rivoluzione, Via dei Savorgnan, 60 – Roma
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