Warhol prima della Pop Art. Tessuti e abiti d’artista sono in mostra a Biella
Palazzo Ferrero e Palazzo Gromo Losa ospitano per la prima volta in Italia tessuti e abiti disegnati da Andy Warhol. La mostra di Biella presenta il lavoro dell’artista prima della Pop Art evidenziando le influenze della moda sulla sua produzione successiva
A Palazzo Ferrero e a Palazzo Gromo Losa, nel quartiere Piazzo di Biella, la mostra “Andy Warhol. Pop Art & Textiles” illustra un’attività meno nota dell’artista americano che diventerà il padre acclamato della Pop Art: è la produzione relativa al primo periodo newyorkese, quello che va dal 1949 al 1962. Biella, sede del maggior distretto tessile italiano, è il luogo ideale per ospitare abiti, tessuti e disegni di Andy Warhol provenienti dal Fashion & Textile Museum di Londra. “Sono pezzi, soprattutto vestiti e tessuti, che in precedenza erano stati esposti solo a Londra ed Edimburgo”, spiega Francesca Biagioli di Beside Studio che, dopo le sue collaborazioni con il museo londinese, ha voluto far conoscere questi materiali in Italia.
Un figlio di immigrati alla conquista di New York
Nato a Pittsburgh nel 1928, Andy Warhol arriva New York nel 1949 dopo essersi laureato al Carnegie Institute of Technology seguendo corsi di arte pubblicitaria. All’epoca si chiama Andrew Warhola, terzo figlio di immigrati provenienti dall’attuale Slovacchia. Inizia a lavorare come illustratore per riviste come Vogue, Glamour e Harper’s Bazaar e disegna alcune cover di vinili per importanti case discografiche, scoprendo tecniche e soggetti che utilizzerà nel suo lavoro futuro. Nel 1949, in occasione di una pubblicazione di una sua opera su Glamour, un refuso in redazione trasforma il suo cognome da Warhola a Warhol, che diviene la sua firma.

Gli esordi di Andy Warhol tra pubblicità e moda
Nei primi anni newyorkesi al lavoro di disegnatore affianca un’attività commerciale come designer di scarpe per marchi di lusso come Bonwit Teller, Tiffany’s, Fleming-Joffe e I. Miller Shoes. Alcuni dei suoi modelli, molto originali, andarono in produzione e la prima sezione della mostra illustra questo periodo a contatto con realtà commerciali. Il suo prestigio come disegnatore aumenta e sebbene non si sappia molto del suo esordio nel design tessile, sembra che Warhol abbia cominciato attorno al 1954 – nello stesso periodo in cui a Manhattan si stava sviluppando un’industria della moda e aziende come la Fuller Fabrics cominciavano collaborazioni con Picasso, Mirò, Dalí e altri artisti.
Moda e arte in “Andy Warhol. Pop Art & Textiles”
Nei tessuti disegnati in questo periodo e nei vestiti esposti – alcuni molto attuali e moderni – si colgono già soggetti e modalità seriali che saranno sviluppate negli anni Sessanta in opere che appartengono a pieno titolo alla Pop Art. “Prende spunto dal mondo della natura: le farfalle sono un suo soggetto preferito, ma anche i clown e i cavalli circensi, frutti, gatti, bottiglie, bottoni e animali da giardino, gelati che compaiono in modo seriale su tessuti, carta da regalo, biglietti per auguri, pannelli decorative per le vetrine dei negozio di lusso”, spiega Francesca Biagioli. Warhol, oltre che geniale artista, era anche un attento business man, pronto ad accontentare qualsiasi cliente pagante.
Nuovi studi su Warhol
La mostra di Palazzo Ferrero, seguendo un filone di studi nato da poco più di 10 anni, fa il punto sul Warhol artista commerciale che si dedica con successo all’ideazione di tessuti e capi di abbigliamento (quelli esposti sono originali vintage). Dopo alcune sfilate degli anni 1962-1964, i modelli di Warhol entrano nel dimenticatoio, per cui si sta indagando soprattutto il collezionismo privato. I tessuti prodotti in quegli anni per la Stehli Silks Corporation di New York su seta, cotone, lino e nuove fibre sintetiche del tempo – come il poliestere – rappresentano l’ultima stagione della sua attività di designer commerciale, ma anche la soglia d’ingresso nella Pop Art. I disegni tessili, infatti, anticipano alcune delle idee che Warhol svilupperà successivamente. A partire dalla blotted line, una linea irregolare e frammentata ottenuta tamponando l’inchiostro fresco su carta assorbente, per ottenere contorni vibranti e imperfetti.
A Biella non manca il Warhol più noto
La sezione ospitata a Palazzo Ferrero è sicuramente la più originale per il carattere inedito del materiale esposto, ma è sufficiente attraversare la strada ed entrare a Palazzo Gromo Losa per trovare il Warhol più conosciuto. 150 opere provenienti da collezioni private raccontano l’artista delle serigrafie di Marilyn e di Mao, dei Flowers, di Mickey Mouse e delle lattine Campbell, delle polaroid, dei materiali pubblicitari, della Factory e dei film nati in collaborazione con Paul Morrisey. Nel percorso espositivo, curato da Alberto Rossetti e Vincenzo Sanfo, colpisce per completezza la sezione dedicata ai vinili, altro terreno di sperimentazione grafica per il giovane Warhol. Nel 1950 firma un album di Thelonius Monk con una grafica e un lettering estremamente moderni, e non mancano due pietre miliari della storia del rock: la banana immortalata sul vinile The Velvet Underground & Nico (1967) e la cerniera sui jeans di Sticky Fingers dei Rolling Stones (1971).
Il rapporto con l’Italia
Giusto dedicare spazio anche al rapporto che Andy Wahrol ebbe con l’Italia, in particolare grazie a galleristi e collezionisti italiani come Lucio Amelio. Fu proprio il gallerista napoletano a invitare l’artista americano, insieme ad altri protagonisti della scena internazionale, dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980, al progetto Terrae Motus. Wahrol realizzò il famoso trittico con la riproduzione serigrafica della prima pagina del quotidiano Il Mattino del 26 novembre 1980, in cui campeggia un gigantesco “FATE PRESTO”.
Dario Bragaglia
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