È morta Alison Knowles. Artista pioniera di Fluxus e dell’arte relazionale 

Con la scomparsa dell’artista americana il 29 ottobre 2025 si chiude un capitolo fondamentale della neoavanguardia. Tra poesia concreta, performance e libri d’artista, ha ridefinito il confine tra arte e vita. Ecco chi era Alison Knowles

Stiamo assistendo alla scomparsa di una generazione di artisti, quella dei nati intorno agli Anni Trenta del XX Secolo e, per chi come me è stato abituato a considerare l’anno di nascita un dato utile alla comprensione delle poetiche, questa constatazione è inevitabile, oltre che sempre più dolorosa. 
L’ultima a lasciarci in ordine di tempo è Alison Knowles (Scarsdale, 1933 – New York, 2025), universalmente riconosciuta come co-fondatrice di Fluxus, performer instancabile e pioniera di un’attitudine processuale e relazionale che oggi sembra finalmente ricevere l’attenzione che merita. Coetanea di figure di primo piano della New York degli Anni Sessanta come Andy Warhol e George Maciunas, e di protagoniste di una rivoluzione linguistica ancora da esplorare come Pauline Oliveros, Yoko Ono e Simone Forti, Knowles ha attraversato oltre sessant’anni di sperimentazione mantenendo intatta una curiosità genuina e una leggerezza metodica che erano, al tempo stesso, poetica e filosofia. 

Alison Knowles, Make a Salad, 1962. Performance view, Festival of Misfits, Institute of Contemporary Arts, London, October 24, 1962
Alison Knowles, Make a Salad, 1962. Performance view, Festival of Misfits, Institute of Contemporary Arts, London, October 24, 1962

Chi era Alison Knowles 

Sposata per molti anni con Dick Higgins, con cui condivise un dialogo costante tra arte, editoria e sperimentazione, è madre di due figlie, Hannah (professoressa di storia dell’arte, fondatrice e direttrice del programma interdisciplinare IDEAS) e Jessica (performer e artista multimediale). Formatasi al Pratt Institute di Brooklyn, Knowles inizia il suo percorso tra pittura e poesia concreta, attratta da un linguaggio in cui gesto, parola e oggetto convivono senza gerarchie. L’incontro con John Cage, nei primi Anni Cinquanta, segna una svolta decisiva: da lui non eredita tanto una tecnica quanto un modo di guardare al mondo come campo di possibilità. Suono, caso, collaborazione e quotidianità diventano il nucleo della sua pratica. L’ingresso nel gruppo Fluxus di Maciunas & Co. è dunque naturale: Knowles rappresenta la componente più “domestica” del movimento, quella che sa scovare nell’ordinario un potenziale poetico e rivoluzionario. 

Alison Knowles, The House of Dust. Image courtesy Alison Knowles and James Fuentes, NY.
Alison Knowles, The House of Dust. Image courtesy Alison Knowles and James Fuentes, NY.

Alison Knowles: da Make a Salad” a The House of Dust 

Tra le sue opere più celebri, Make a Salad (1962) è una performance in cui l’artista prepara e serve un’insalata al pubblico. Un gesto minimale e conviviale, capace di ribaltare la distanza tra arte e vita e affermare una radicale democratizzazione dell’atto creativo. Il cibo, i suoni della preparazione, l’interazione diretta con gli spettatori diventano materia estetica. Un’arte della partecipazione ben prima che la partecipazione diventasse parola d’ordine: effimera, ripetibile, profondamente umana. In Knowles, la performance si rinnova a ogni ripetizione, come un rito domestico che appartiene più alla cucina che al museo. È con The House of Dust (1967) che Alison Knowles firma una delle sue opere più anticipatrici e concettualmente rivoluzionarie. Si tratta di una delle prime poesie generate da computer, realizzata con l’aiuto del linguista e informatico James Tenney. Grazie a un algoritmo che combinava casualmente sostantivi, aggettivi e luoghi, il testo produceva centinaia di varianti della frase “A House of”, seguita da combinazioni sempre diverse. Knowles traduce poi uno di questi versi in un’installazione architettonica a Los Angeles, realizzando una struttura abitabile che diventa spazio d’incontro e laboratorio collettivo per artisti e studenti. The House of Dust incarna pienamente la sua poetica: la parola si fa spazio, la casualità diventa esperienza condivisa, la tecnologia occasione di relazione. 

Alison Knowles, The Big Book, 1967
Alison Knowles, The Big Book, 1967

Libri, semi e poesia: un’eredità che germoglia 

Parallelamente, Knowles sviluppa un percorso fondamentale nel libro d’artista. Le sue Bean Rolls — rotoli e libri riempiti di semi di fagiolo — uniscono lettura e crescita, parola e natura. Sono opere che rifiutano il monumentalismo e scelgono la precarietà come forma di resistenza: libri che possono essere piantati, annusati, ascoltati. La sua poetica si radica in una dimensione intima e relazionale, dove la vita quotidiana diventa luogo di conoscenza e trasformazione. Negli ultimi decenni Knowles ha continuato a lavorare tra installazioni sonore, performance e libri d’artista, spesso ricostruendo con giovani collaboratori i suoi lavori storici. Lontana da ogni nostalgia, ha saputo mantenere viva l’idea di arte come processo, mai come oggetto finito. La sua figura, a lungo oscurata da una narrazione maschile del movimento Fluxus, emerge oggi come una delle più coerenti e necessarie di quella stagione. Con la sua scomparsa si chiude un capitolo della neoavanguardia americana, ma resta il lascito di un pensiero che continua a germogliare — come i semi dei suoi libri — in chiunque riconosca nella semplicità del gesto una forma di conoscenza e nell’arte una via per abitare il mondo. 

Claudio Musso 
 
Libri consigliati: 

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti) 

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Claudio Musso

Claudio Musso

Critico d'arte e curatore indipendente, la sua attività di ricerca pone particolare attenzione al rapporto tra arte visiva, linguaggio e comunicazione, all'arte urbana e alle nuove tecnologie nel panorama artistico. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia e Storia…

Scopri di più