È morta Alison Knowles. Artista pioniera di Fluxus e dell’arte relazionale
Con la scomparsa dell’artista americana il 29 ottobre 2025 si chiude un capitolo fondamentale della neoavanguardia. Tra poesia concreta, performance e libri d’artista, ha ridefinito il confine tra arte e vita. Ecco chi era Alison Knowles
Stiamo assistendo alla scomparsa di una generazione di artisti, quella dei nati intorno agli Anni Trenta del XX Secolo e, per chi come me è stato abituato a considerare l’anno di nascita un dato utile alla comprensione delle poetiche, questa constatazione è inevitabile, oltre che sempre più dolorosa.
L’ultima a lasciarci in ordine di tempo è Alison Knowles (Scarsdale, 1933 – New York, 2025), universalmente riconosciuta come co-fondatrice di Fluxus, performer instancabile e pioniera di un’attitudine processuale e relazionale che oggi sembra finalmente ricevere l’attenzione che merita. Coetanea di figure di primo piano della New York degli Anni Sessanta come Andy Warhol e George Maciunas, e di protagoniste di una rivoluzione linguistica ancora da esplorare come Pauline Oliveros, Yoko Ono e Simone Forti, Knowles ha attraversato oltre sessant’anni di sperimentazione mantenendo intatta una curiosità genuina e una leggerezza metodica che erano, al tempo stesso, poetica e filosofia.

Chi era Alison Knowles
Sposata per molti anni con Dick Higgins, con cui condivise un dialogo costante tra arte, editoria e sperimentazione, è madre di due figlie, Hannah (professoressa di storia dell’arte, fondatrice e direttrice del programma interdisciplinare IDEAS) e Jessica (performer e artista multimediale). Formatasi al Pratt Institute di Brooklyn, Knowles inizia il suo percorso tra pittura e poesia concreta, attratta da un linguaggio in cui gesto, parola e oggetto convivono senza gerarchie. L’incontro con John Cage, nei primi Anni Cinquanta, segna una svolta decisiva: da lui non eredita tanto una tecnica quanto un modo di guardare al mondo come campo di possibilità. Suono, caso, collaborazione e quotidianità diventano il nucleo della sua pratica. L’ingresso nel gruppo Fluxus di Maciunas & Co. è dunque naturale: Knowles rappresenta la componente più “domestica” del movimento, quella che sa scovare nell’ordinario un potenziale poetico e rivoluzionario.

Alison Knowles: da “Make a Salad” a “The House of Dust”
Tra le sue opere più celebri, Make a Salad (1962) è una performance in cui l’artista prepara e serve un’insalata al pubblico. Un gesto minimale e conviviale, capace di ribaltare la distanza tra arte e vita e affermare una radicale democratizzazione dell’atto creativo. Il cibo, i suoni della preparazione, l’interazione diretta con gli spettatori diventano materia estetica. Un’arte della partecipazione ben prima che la partecipazione diventasse parola d’ordine: effimera, ripetibile, profondamente umana. In Knowles, la performance si rinnova a ogni ripetizione, come un rito domestico che appartiene più alla cucina che al museo. È con The House of Dust (1967) che Alison Knowles firma una delle sue opere più anticipatrici e concettualmente rivoluzionarie. Si tratta di una delle prime poesie generate da computer, realizzata con l’aiuto del linguista e informatico James Tenney. Grazie a un algoritmo che combinava casualmente sostantivi, aggettivi e luoghi, il testo produceva centinaia di varianti della frase “A House of…”, seguita da combinazioni sempre diverse. Knowles traduce poi uno di questi versi in un’installazione architettonica a Los Angeles, realizzando una struttura abitabile che diventa spazio d’incontro e laboratorio collettivo per artisti e studenti. The House of Dust incarna pienamente la sua poetica: la parola si fa spazio, la casualità diventa esperienza condivisa, la tecnologia occasione di relazione.

Libri, semi e poesia: un’eredità che germoglia
Parallelamente, Knowles sviluppa un percorso fondamentale nel libro d’artista. Le sue Bean Rolls — rotoli e libri riempiti di semi di fagiolo — uniscono lettura e crescita, parola e natura. Sono opere che rifiutano il monumentalismo e scelgono la precarietà come forma di resistenza: libri che possono essere piantati, annusati, ascoltati. La sua poetica si radica in una dimensione intima e relazionale, dove la vita quotidiana diventa luogo di conoscenza e trasformazione. Negli ultimi decenni Knowles ha continuato a lavorare tra installazioni sonore, performance e libri d’artista, spesso ricostruendo con giovani collaboratori i suoi lavori storici. Lontana da ogni nostalgia, ha saputo mantenere viva l’idea di arte come processo, mai come oggetto finito. La sua figura, a lungo oscurata da una narrazione maschile del movimento Fluxus, emerge oggi come una delle più coerenti e necessarie di quella stagione. Con la sua scomparsa si chiude un capitolo della neoavanguardia americana, ma resta il lascito di un pensiero che continua a germogliare — come i semi dei suoi libri — in chiunque riconosca nella semplicità del gesto una forma di conoscenza e nell’arte una via per abitare il mondo.
Claudio Musso
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