Polignano a Mare celebra i novant’anni mai compiuti dell’artista Pino Pascali
Il 19 ottobre 2025 Pino Pascali, se nel 1968 un tragico incidente in moto al Muro Torto a Roma non avesse posto fine alla sua vita, avrebbe compiuto 90 anni. La Fondazione Pascali gli dedica una mostra tra opere, documenti, oggetti

Dopo la consacrazione a Milano alla Fondazione Prada e a Parigi con l’Arte Povera, la mostra a Bari con Scialoja, il progetto a Osaka per Expo, la Fondazione a Polignano che porta il suo nome gli dedica la mostra Pino Pascali. Dal 1956 ad oggi che inaugura il 19 ottobre 2025, proprio il giorno del suo compleanno. E il curatore dell’istituzione pugliese, Antonio Frugis, gli ha scritto, per Artribune, una lettera…
La lettera a Pino Pascali di Frugis
Caro Pino,
era tanto che pensavo che mi sarebbe piaciuto scriverti, ma non le solite cose; non il testo critico o di presentazione di una delle tue mostre. Ti scrivo come si scrive a un amico perché in vent’anni di unilaterale frequentazione, come è giusto che sia, le sole risposte ricevute hanno la dimensione plastica delle tue sculture, oppure le trovo negli archivi, tra le immagini fotografiche che ti vedono dilatare l’opera per mezzo del gesto; qualche intervista e persino i racconti di chi ti ha conosciuto che sembrano portare il calore della fiamma che arde, tuttora, dentro di te.
I novant’anni di Pino Pascali
Colgo questa occasione, il giorno 19 ottobre, per augurarti un buon compleanno; ne avresti compiuti novanta ma quel tragico agosto del 1968 decidevi, danzando a gran velocità con la sorte, di restare immortale, di vivere per sempre.
Ricordo quasi a memoria le parole che recitavi a Carla Lonzi, chiusi nel tuo studio, intento a dichiararti artisticamente come non avevi mai fatto prima di fronte a una delle massime autorità della critica italiana mentre lasciavi emergere con geniale innocenza tutta la tua passione per la natura, per il mare, per la vita: dicevi “A me piace il mare … piacciono gli scogli, intorno agli scogli c’è il mare, da bambino ci giocavo, sono nato dove c’è il mare”.
Non lo sai, ma anche io, come te, sono nato dove c’è il mare; anzi, sono nato nel tuo stesso mare, quello di Polignano, il piccolo borgo mediterraneo che ci ha fatto nascere ma che presto decidesti di abbandonare per inseguire i tuoi sogni d’arte.

Pino Pascali e il mare
Il mare, così caro che andavi a trovare, sempre in sella alla tua moto, come si fa con una persona cara e che ben due volte hai voluto (ri)fare: prima flettendo la tela sulle centine di legno, un mare plastico, sontuoso e scenografico, completamente bianco; era il 1966 quando lo presentasti dal tuo amico Fabio (Sargentini, ndr.) mentre vi accingevate a riscrivere le regole della galleria d’arte che, grazie ai tuoi, ai vostri interventi, adesso sembrava prendere vita in un unico corpo. Non più opera, galleria e spettatore ma spazio scenico, per quell’occasione avevi anche forgiato l’espressione di ingombro totale.
Poi, dopo il mare, hai fatto l’acqua, un liquido plastico, metallico, una porzione di infinito stretto in 32 mq di mare circa.
Chissà se di ritorno alla tua terra non avremmo solcato altri mari, salpando per porti dimenticati e immaginandoci eroici e moderni Ulisse a bordo di una Biancavvela in cerca di altre avventure restando in ascolto dei racconti di Balene, Delfini e animali preistorici, osservando con sguardo privilegiato le case incalcinate di mediterraneità ergersi a oltre venti metri d’altezza, immobili lì sulle rocce come veri monumenti calcificati, bianchi volumi che ricordano le finte sculture che hanno animato la tua e la nostra immaginazione.
Pino Pascali e l’Arte Povera
Del resto, quel sentimento mediterraneo che è proprio di chi cresce in questa terra lo hai portato con te a Roma e non poteva essere altrimenti; alcuni dei tuoi amici e colleghi ho avuto la fortuna di conoscerli e hanno sempre parlato un gran bene, avrebbero voluto trascorrere più tempo con te. Ma correvi troppo, inafferrabile.
Così forte da anticipare l’Arte Povera nella sua teorizzazione decidendo di realizzare ed esporre le Pozzanghere, la prima opera che hai realizzato con l’acqua, la materia organica; poco dopo a Genova, nella mostra che aprì la stagione poverista, aggiungesti i metri cubi di terra indicando il verso del progresso antropologico, un camminamento all’incontrario dell’uomo verso le origini, nel liquido amniotico che irrora le radici dentro la terra madre.




Pascali a La Tartaruga di Plinio De Martiis
Avevi appena trenta anni quando Plinio De Martiis aprì le porte della sua galleria, La Tartaruga, per invitarti a tenere la prima mostra personale e fu un successo che poco dopo replicasti a Torino da Sperone ma con nuove sculture, puntando adesso le Armi perché è “bello mettere un cannone in un posto degli scultori, riuscire a metterlo veramente in quel mondo così sacro, così finto…”. Contraeree, Cannoni, Missili, sono belli perché invece di sparare raccontano la storia di chi li ha fatti, una qualità latente di tempo ritrovato, l’infanzia, un mito collettivo riplasmato in un’esperienza individuale. Sono belli perché sono oggetti realizzati con i residui di altri oggetti, proprio come nel bricolage descritto da Lévi- Strauss. Sono belli, infine, perché ricordano i versi di Apollinaire: “Ah Dieu! que la guerre est jolie...”. Ricordi? Sono le parole che Vittorio Rubiu aveva scritto per te.
Pascali nel 1968 alla Biennale di Venezia
Sull’orlo della gloria, recita l’epitaffio; proprio mentre un’intera sala ti viene concessa per partecipare alla Biennale di Venezia e la riempivi con i tuoi enormi giochi per essere poi premiato come miglior scultore. Intanto, lontano dalla laguna, cammini scalzo sulla terra e sulla sabbia, intento a tagliare l’acqua in un rituale mistico-arcaico sino ad affondare in quelle acque una testa di marmo greco-romana subito dopo averla baciata. Sposavi la scultura, il mito, la natura, la madre e lo facevi consacrando il luogo delle tue rinascite, il mare. Sino all’affondo.
Dunque, novant’anni ed è già tempo per un’altra vita; adesso il mare riesco a vederlo da quel pezzo di terra che si specchia nel mare, la tua casa, come avresti voluto.
La vita si ascolta, così come si ascolta il mare.
Le onde montano, crescono, cambiano le cose.
Poi, tutto torna come prima ma non è più la stessa cosa.
(Alessandro Baricco, Oceano Mare).
Lo ripeto ancora. A volte bastano 33 anni di vita circa per essere immortali. Così fanno gli eroi.
Buon compleanno Pino Pascali.
Antonio Frugis
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