La riscoperta italiana dell’artista Bice Lazzari parte da Milano. La mostra nella Grande Brera
A Palazzo Citterio la mostra “Bice Lazzari. I linguaggi del suo tempo” getta nuova luce su una protagonista del Novecento, più nota all’estero che in Italia. Affermata in un campo ritenuto poco adatto alle donne e precorritrice di una pittura concettuale, le sue opere sono caratterizzate da abilità artigianale e segni riconoscibili
Con oltre 110 opere esposte, Bice Lazzari. I linguaggi del suo tempo è la prima mostra antologica in Italia dedicata a Bice Lazzari (Venezia, 1900 – Roma, 1981). Curata da Renato Miracco, accoglie prestiti provenienti da musei, istituzioni e collezioni italiane e straniere, come la Galleria Nazionale D’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Ca’ Pesaro, la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, e poi l’Università di Yale, The Phillips Collection di Washington D.C., il Salomon R. Guggenheim Museum di New York e il National Museum Women in the Arts di Washington. La mostra ripercorre l’intera, eclettica carriera di Lazzari, partendo dall’arte applicata degli anni Trenta e Quaranta, fino ai lavori dell’ultimo periodo, caratterizzati da un rigoroso minimalismo. Si attraversano, così, le fasi della sua evoluzione creativa: dall’arte murale alla decorazione per la motonave Raffaello, dai disegni di stoffe commissionatele da Gio Ponti alle acquisizioni della Galleria Nazionale di Roma con Palma Bucarelli.
Palazzo Citterio riporta Bice Lazzari in Italia
Palazzo Citterio, recente estensione della Pinacoteca di Brera dedicata al Novecento, dà inizio alla sua stagione di mostre accogliendo una retrospettiva dedicata a un’artista le cui opere attraversano il XX secolo, lasciando un segno profondo grazie a un linguaggio unico. “Nella storia dell’arte esistono figure, magari poco note, che rivestono un’importanza sostanziale per l’evoluzione e le connessioni sviluppatesi nel tempo”, commenta il curatore Renato Miracco. “Nell’arte italiana, una di queste figure è sicuramente Bice Lazzari, riconosciuta, paradossalmente, più a livello internazionale che nazionale. Non a caso Lazzari, proprio per la sua personalissima ricerca in direzione dell’astrattismo, fu l’unica donna inclusa nella mostra ‘Kandinsky e l’avventura astratta’, realizzata nel 2003 dalla Peggy Guggenheim Collection di Venezia”. Negli ultimi anni sono stati numerosi i riconoscimenti internazionali: nel 2021 la mostra della Phillips Collection di Washington Bice Lazzari, the Poetry of Mark Making e la partecipazione a Women in Abstraction al Centre Pompidou di Parigi; nel 2022, invece, l’antologica alla Estorick Collection di Londra Bice Lazzari Modernist Pioneer.

Bice Lazzari e Milano, città dell’astrazione
“La stagione espositiva di Palazzo Citterio”, commenta Angelo Crespi, direttore della Grande Brera, “si apre con un’antologica dedicata a Bice Lazzari in cui sono presentate opere conservate in Italia o che ritornano per la prima volta dagli Stati Uniti. Non è un caso questa scelta, essendo Palazzo Citterio la sede naturale della Grande Brera in cui ci misureremo con il moderno e con il contemporaneo. Pochissimo spazio è dedicato all’astrazione nelle sue varie modalità, benché nei territori limitrofi a Milano o proprio nel centro della città – con Lucio Fontana e i suoi accoliti – abbia avuto esponenti di primissimo piano. L’idea di iniziare con Bice Lazzari nasce anzitutto dalla volontà di colmare questa lacuna, puntando su un’artista storicizzata che deve però ancora essere riconosciuta quale una delle grandi interpreti dell’arte italiana lungo il secolo scorso”. Christine Macel e Dorothy Kosinski, curatrici e ricercatrici che si occupano di Novecento e contemporaneità, hanno scritto i testi che accompagnano le opere in mostra: “Si deve a Christine Macel il ritorno di Bice Lazzari sulla scena internazionale e sono felice che proprio lei faccia parte del prestigioso comitato scientifico insieme a Dorothy Kosinsky, in collaborazione con Maria Isabella Barone e l’Archivio Lazzari”, aggiunge Crespi.
Una mostra “work in progress” per un’artista “work in progress”
La retrospettiva di Palazzo Citterio conduce il visitatore in un viaggio attraverso la costante evoluzione della pratica artistica di Bice Lazzari. L’artista ha saputo confrontarsi con il proprio tempo – in modo radicale, ma poetico – e con le ricerche italiane ed europee tra il 1940 e il 1980, rivelando un’originale capacità nell’uso del colore, nonché la formulazione di un alfabeto visivo unico e sempre identificabile, costruito con coerenza lungo tutta la sua carriera. Come spiega Renato Miracco, “Questa mostra nasce come un quaderno aperto, un diario visivo, un work in progress, con scritture, pensieri di Bice, intervallati da ipotesi di incontri e opere di riferimento dei suoi contemporanei, che esploravano come lei una diversa maniera di intendere il ‘manufatto artistico’. Non si tratta, certo, di un percorso lineare, perché rintracciare le fonti, dato il carattere schivo dell’artista, richiede una riconsiderazione metodologica, utile a comprendere la sua personale vicenda artistica, costruita lentamente: è in questo processo che l’esercizio che lei stessa si era prefigurata, lo scopo della sua pittura, trova il suo senso ultimo: non altrove che nella sua applicazione”.
“Bice Lazzari. I linguaggi del suo tempo”: incontri e passioni di un’artista
In questo affresco non mancano ‘canoni pittorici’ che è necessario decifrare per ottenere un quadro generale dell’arte italiana ed europea dell’epoca. Con Bice Lazzari si assiste, poi, infatti, all’emergere di un nuovo sistema visivo, che stabilisce una stretta relazione tra immagine e struttura narrativa del quadro, rispondendo pienamente al principio etico del movimento: il rifiuto di ogni cristallizzazione in forme immobili e socialmente accettate. La sua identità pittorica coincide, infatti, con quella della ricerca: una continua creazione di forme non dirette, ma destinate a evocare un mondo proprio, intimo e parallelo, dove il colore diventa mezzo espressivo e il segno genera una visione distesa, aperta e priva di esitazioni. Studiare Bice Lazzari permette di mettere in luce movimenti e tendenze, come lo Spazialismo veneto, e di esplorare il rapporto tra pittura e musica, grazie al rapporto con alcuni critici e studiosi d’avanguardia dell’epoca.
1 / 8
2 / 8
3 / 8
4 / 8
5 / 8
6 / 8
7 / 8
8 / 8
Il femminismo in Bice Lazzari
Nelle parole della collega artista Simona Weller, “il femminismo di Bice, malgrado la sua intenzione di nasconderlo” si esplicitava nella pratica quotidiana. Il suo essere donna e artista emergeva, infatti, nel fare, nel dimostrare e nel ricercare, un aspetto sottolineato per la prima volta da Lea Vergine nella mostra “L’altra metà dell’avanguardia. 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche”. Bice Lazzari è una figura iconica, tramite cui ridare la giusta considerazione storica ad artiste, parzialmente dimenticate, che hanno intrapreso una ricerca genericamente definita astratta, in un momento particolarmente intenso della produzione artistica femminile in Italia (1969-1980). Nel 1980 l’artista dichiarò: ‘Non mi sono mai accorta di essere donna, allora. Me ne rendo conto oggi se ripenso a tutte le difficoltà che ho incontrato’ e in effetti “la sua posizione discreta, volutamente defilata rispetto al clamore mediatico, ha contribuito a una più tardiva, ma più solida rivalutazione critica della sua opera”, come spiega Cristina Mazzantini, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.
Prestiti e collaborazioni per celebrare una grande artista donna
Proprio la GNAMC, insieme all’Archivio Bice Lazzari, ha contribuito alla realizzazione della mostra di Palazzo Citterio. “La GNAMC, in collaborazione con la Grande Brera, celebra una delle figure più interessanti e indipendenti nel campo delle arti visive del Novecento”, continua Mazzantini. “Antesignana maestra dell’astrattismo, sensibile alle maggiori avanguardie italiane nel secondo dopoguerra, Bice Lazzari ha osservato il panorama artistico con uno sguardo lucido e coerente, senza mai esserne assorbita. Minuta ed elegante, apparentemente delicata, ma artisticamente incisiva, colta e determinata, l’artista veneziana si formò in anni ancora difficili per l’emancipazione della donna. Alla scuola d’arte, non potendo frequentare il corso di Pittura dove si insegnava il nudo, che ‘sarebbe stato disdicevole per una signorina’, si iscrisse al corso di Decorazione. ‘Paradossalmente’, dichiarò la stessa Bice Lazzari, ‘proprio l’aver frequentato decorazione e non pittura ha influito sulla mia formazione di pittrice. Per permettermi il lusso di dipingere quello che volevo, ho fatto l’artigiana: merletti, stoffe che tessevo io stessa al telaio, vetri, mosaici, decorazioni di ambienti, arredamenti’. Questa ‘artigianalità necessaria’ stimolò precocemente un pensiero divergente, aprendo nella creatività artistica quella breccia femminile in cui, molti anni più tardi, si sarebbero addentrate anche Maria Lai e Marisa Merz”.
Giulia Bianco
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati