La pittura come elogio della lentezza. Succede in una mostra a Napoli 

Attraverso paesaggi evocativi e memorie domestiche Luca Ceccherini, nella mostra “Il coltello nel noce” alla Galleria Umberto Di Marino trasforma la pittura in un gesto di ascolto e resistenza al tempo accelerato, restituendo alla lentezza il suo valore estetico e umano

Viviamo in un tempo che procede per accelerazioni continue, dove l’occhio si affatica e la mente consuma immagini senza trattenerle. In questo scenario, la pittura di Luca Ceccherini (Arezzo, 1993), in mostra presso la Galleria Umberto Di Marino appare come un gesto controcorrente: una tacita dichiarazione del valore del tempo e di un ascolto dedito alla lentezza. 
Il titolo, Il coltello nel noce, tratto da una fiaba toscana, non rimanda tanto alla trama quanto al gesto che evoca: quello antico di conficcare un coltello nel tronco di un albero, un atto semplice e simbolico, quasi un punto fermo tracciato nella materia dopo il lavoro. L’artista ne fa una metafora della pittura stessa. Un modo per ancorarsi al reale, per lasciare una traccia tangibile e ritrovare, nel contatto fisico con la materia, la misura del proprio tempo interiore. 

La mostra di Luca Ceccherini a Napoli un racconto costellato di immagini  

La mostra si configura come un racconto costellato d’immagini che emergono da uno scenario rurale e boschivo, dove le cose non si mostrano mai intere, ma per frammenti. Così, i paesaggi qui rappresentati emergono dalla pittura come sogni di cui rimane la sensazione sulla pelle al risveglio. 
Le opere di Ceccherini nascono da un rapporto profondo con il territorio e la memoria. Le origini dell’artista, tra Arezzo e il Casentino, riaffiorano come un deposito di ricordi tramandati oralmente. Nel testo che accompagna la mostra, un estratto del 1905 della scrittrice Ella Noyes, il territorio casentinese è descritto come un’Arcadia ruvida e ospitale, dove alberi e colline custodiscono la traccia di chi le ha attraversate. L’artista ne raccoglie l’essenza poetica: piuttosto che la rappresentazione di un paesaggio reale, persiste la memoria e l’eco di esso, ciò che resta quando la visione svanisce. 
Ogni quadro diviene dunque un invito ad attraversare l’immagine per oltrepassarla, verso un altrove intimo, ma al contempo collettivo. “Il quadro può diventare quasi una porta” racconta Ceccherini, “per superare l’aspetto visivo e andare verso altre suggestioni”. 

Il rapporto con il territorio nelle opere di Luca Ceccherini alla Galleria Umberto di Marino 

Ceccherini appartiene a quella linea di artisti che fanno del territorio una materia mitica, del paesaggio un linguaggio che parla sottovoce attraverso una grammatica di presenze, assenze e silenzi. Echi di Medioevo e primo Rinascimento attraversano le sue tele nelle luci dorate, nelle campiture sobrie, con rimandi alla pittura toscana del Trecento che viene interiorizzata e resa contemporanea. 

La pittura di Luca Ceccherini a Napoli: un invito a rallentare 

Lontano dalle urgenze dell’immagine digitale, la pittura di Ceccherini difende uno spazio di lentezza, in cui il tempo torna a essere esperienza e la materia si fa rito. Il coltello nel noce è allora un invito a rallentare e a riscoprire la bellezza delle cose nella loro durata e fragilità: davanti ai grandi dipinti dell’artista si è costretti a concedere allo sguardo il tempo di decantare. Sono opere che si lasciano conoscere progressivamente, piuttosto che offrirsi nella sua totalità, come le pagine di un libro che non si può divorare. Guardarle significa riconquistare un tempo umano, tornando a un ritmo che la contemporaneità tende a consumare. 
Nel gesto di piantare un coltello nel legno c’è la stessa tensione che anima la pittura di Ceccherini: la volontà di fermare il mondo per un istante, di trattenere la materia viva del tempo. Ogni pennellata sembra incidere, come una lama dolce, la superficie della memoria. Sarà proprio in questa ferita, forse, che la pittura può continuare ancora a respirare?

Diana Cava 

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