A Londra la Town Hall di Camden riapre come centro culturale per mostre ed eventi multidisciplinari

L’edificio in stile neoclassico, adibito fino a pochi anni fa a funzioni amministrative, è stato ristrutturato e ripensato con la collaborazione di Tom Dixon, e ora apre al pubblico con una ricca programmazione culturale. Dal 2026 anche quattro mostre all’anno, sotto la supervisione della gallerista Virginia Damtsa

Ci sono voluti dieci anni di lavori, sotto la direzione dello studio di architettura Purcell, per completare la ristrutturazione della Camden Town Hall, storico edificio londinese realizzato nel 1937, fino al 2018 adibito a funzioni amministrative. Al progetto ha partecipato anche il designer Tom Dixon, che ha ripensato gli interni nel rispetto del contesto architettonico preesistente in stile neoclassico, adattandoli però a quella che, d’ora in avanti, sarà l’attitudine del luogo, destinato a diventare un nuovo, vivace spazio culturale e polo creativo della città, nel quadrante già molto animato di King’s Cross.

La “nuova” Town Hall di Camden. Spazio culturale multidisciplinare

Con circa 6mila metri quadri di superficie a disposizione articolati su due piani, l’edificio ambisce, infatti, a far coesistere eventi culturali, mostre di arte contemporanea, incontri, performance nell’ambito di una programmazione dall’approccio multidisciplinare, perché proprio la connessione tra sfere d’interesse e ambiti diversi possa servire da stimolo creativo e partecipativo per un pubblico più eterogeneo possibile. Il rinnovamento degli spazi curato da Dixon, svelato solo di recente, sarà funzionale allo scopo: oggi, la “nuova” Town Hall dispone al primo piano – cui si accede da una monumentale scalinata in marmo di Carrara – di due grandi spazi espositivi: la Vision Hall, con soffitti alti 13 metri e ampie finestre ad arco, e l’Inner Space, con pavimenti in marmo, pilastri ed elementi in acciaio cromato. Il pian terreno, invece, è stato pensato per accogliere incontri, letture, presentazioni di libri, eventi che attingono al mondo della musica, della moda, del teatro e della danza, delle arti visive, senza trascurare il dibattito sulle nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale.

La programmazione culturale della Camden Town Hall

Dietro al progetto c’è la società Bottaccio, gruppo specializzato nel settore dell’ospitalità e degli eventi culturali fondato da Elio D’Anna (oggi alla guida ci sono Joseph D’Anna ed Emilie Edberg), con molti decenni di esperienza alle spalle nella rigenerazione di contesti storici da trasformare in spazi culturali e per eventi. La programmazione annuale di eventi risponderà alla voce Town Hall Presents, e si concentrerà su cinque linee guida: la polifunzionalità culturale, l’innovazione, la sostenibilità, la partecipazione comunitaria, la “grandi idee” con un calendario di dibattiti su politica, filosofia, etica, identità per fornire risposte non scontate ai temi più urgenti del presente. Nella sua storia, del resto, la Town Hall ha conosciuto innumerevoli capitoli e vicende da ricordare, dagli episodi di attivismo civile ai concerti jazz, al primo Carnevale Caraibico organizzato nel 1959 dall’attivista Claudia Jones.

“L’idea è quella di tornare a rendere vivo questo luogo, farne uno spazio d’incontro per artisti e creativi in un’epoca che rischia di veder prevalere l’individualismo. Dobbiamo tornare a connetterci e alla Town Hall riuniremo persone e professionalità di ambiti molto diversi, perché possano ispirarsi le une con le altre”. A raccontare la storia ad Artribune è Virginia Damtsa, Chief Curator & Visual Arts Director del nuovo hub culturale, coinvolta da Joseph D’Anna proprio per la sua lunga esperienza come imprenditrice culturale ed esperta d’arte. 

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Virginia Damtsa, Virginia Visual Arts, London Art Fair. Phot Katrina Duffey

Chi è Virginia Damtsa, Visual Arts Director della Town Hall

La storia di Damtsa, nata ad Atene e selezionata giovanissima per diventare prima ballerina dell’Opéra di Parigi, racconta una vita dedicata all’arte con il piglio e la visione di chi, pur avendo chiare le dinamiche imprenditoriali che regolano il sistema, non ha mai smesso di divertirsi. Cercando energia in nuovi progetti e connessioni, sostenendo i talenti emergenti e collaborando al contempo con artisti affermati in ambito internazionale. Sempre puntando a un approccio crossmediale. “Ho scoperto l’arte grazie a un prozio ossessionato dal collezionismo: lui mi ha introdotto al mercato dell’arte. Quando aprii la prima galleria, nel mio piccolo appartamento londinese, avevo solo 18 anni”. Nel 2003, con Tot Taylor, Damtsa fonda la galleria Riflemaker, mentre Londra diventa l’epicentro internazionale dell’arte contemporanea, con la prima edizione di Frieze e l’arrivo delle grandi gallerie. E Riflemaker sa tenere insieme la scoperta di giovani artisti con l’organizzazione di grandi mostre, da Yoko Ono a Judy Chicago e William Burroughs. Arriveranno, in anni più recenti, anche un piccolo spazio a Marylebone (Virginia VisualArts) e importanti collaborazioni, dalla Saatchi Gallery a The Vinyl Factory. E, nel 2023, un particolare sodalizio con Peter Gabriel, per la realizzazione del concept album i/o, che associa a ogni canzone l’interpretazione di un artista (tra loro Ai Weiwei, Olafur Eliasson, Cornelia Parker), sotto la direzione creativa di Damtsa e con la collaborazione del grapihc designer Marc Bessant.

Le mostre del 2026 alla Town HallPer la Town Hall, che ha già avviato la sua programmazione culturale partendo dalla presentazione del libro Mirror Mirror, Damtsa curerà in particolar modo l’organizzazione di quattro mostre annuali, ciascuna allestita per tre mesi negli spazi espositivi del primo piano. All’inizio del 2026, il primo progetto si propone di celebrare la resilienza e la creatività delle donne (Damtsa è anche membro del comitato organizzatore della Women in Art Fair). Her Stories Untold presenterà allo scopo i lavori di sei artiste e artisti, sia emergenti che established: Jonathan Yeo, Carolina Mazzolari, Rebecca Fontaine-Wolf, Wen Wu, Richard Wathen e Poppy de Havilland. Ma il progetto coinvolgerà anche la charity The Circle, fondata da Annie Lennox, per l’organizzazione di eventi collaterali alla mostra. Seguirà il progetto Silent Voices, “un invito a riflettere su quante situazioni di repressione nel mondo minaccino la democrazia e la libertà collettiva e individuale. Una mostra che, con il contributo degli artisti, si riconnetterà alla storia della Town Hall, fatta anche di attivismo, proteste e impegno civile”.

Livia Montagnoli

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