La dinastia artistica italiana dei Cascella è in mostra a Madrid
All’Istituto Italiano di Cultura vengono riunite per la prima volta le opere dei tanti artisti della famiglia Cascella, una delle dinasty d’arte più longeve dell’Italia moderna e contemporanea

Non è facile riunire nello stesso spazio espositivo opere realizzate in epoche diverse, con forme, materiali ed estetiche disuguali. Nonostante la fecondità della famiglia Cascella, il dialogo intergenerazionale non è sempre scontato e non è facile cogliere a prima vista legami di segni e di contenuti, pur esistendo un’origine creativa comune nella terra d’Abruzzo. Quella dei Cascella è, infatti, una dinastia di pittori e scultori riuniti attorno alla bottega familiare nata 150 anni fa in questa regione e ancora attiva.
Il complesso dialogo tra generazioni
La sfida della mostra – curata da Guicciardo Sassoli de’ Bianchi Strozzi – consiste proprio nel rendere la visione di insieme della bottega Cascella. Non è facile concertare in un’unica voce cinque generazioni di artisti che si esprimono con strumenti diversi e raccontare una vicenda comune che, attraverso pittura e scultura, editoria, poesia, arte tessile, fotografia, video e digital art, continua a interpretare la complessa realtà del presente.

Artisti di generazione in generazione
A partire dal capostipite Basilio, pittore ed editore vissuto a Pescara tra il 1860 e il 1950, la famiglia Cascella ha attraversato il secolo breve con cinque generazioni di artisti diversissimi fra loro, che dalla loro regione hanno viaggiato per l’Italia e per il mondo. Fra questi, i più celebri sono Michele (1892-1988), figlio minore di Basilio e pittore figurativo, noto per i campi di girasoli e le vedute di Portofino; e Pietro (1921-2008) e Andrea (1920-1990), nipoti del capostipite e figli del suo primogenito Tommaso. Entrambi scultori, spesso hanno lavorato insieme, accomunati dal motivo dell’incastro in pietra. Andrea si dedicava maggiormente a una scultura intima, ricercata nelle forme e nei materiali. Pietro, invece, ha realizzato molte opere pubbliche in Italia e all’estero: grandi sculture in pietra o in travertino come il Monumento ai martiri di Auschwitz, del 1967, o i Portabandiera della Farnesina.
Dal simbolismo all’arte tessile: il Novecento dei Cascella
Le radici della bottega Cascella risiedono nelle tele ottocentesche di Basilio, tra Divisionismo, Simbolismo e pittura sociale. I dipinti degli anni Venti e Trenta dei figli Tommaso e Michele risentono, invece, dell’influenza di grandi maestri della pittura, come Cézanne e Picasso. La modernità irrompe negli schizzi preparatori di Pietro e nella testa in ceramica, Donna di Rapino, realizzata a quattro mani negli anni Cinquanta con il fratello Andrea. La forza ancestrale della scultura di Pietro Cascella è condensata soprattutto nell’opera Senza Titolo in alluminio, datata 1961, che evoca la Dama di Elche del Museo Archeologico di Madrid. Sono arcaici anche i segni grafici sulle grandi tele astratte di Tommaso Cascella (1951), che dialogano con le forme più contenute del Bozzetto per l’Ara Pacis del padre Pietro, in marmo bianco. Si continua con la raffinata arte tessile di Susanna (1956), che declina “al femminile” l’astrattismo arcaico del fratello Tommaso. Il più giovane Jacopo (1973) dipinge scene surrealiste evocando i colori della tradizione ceramista dei Cascella, mentre Marco (1949) mette sulla tela un linguaggio pittorico interiore, costellato di simboli segreti.



I Cascella contemporanei tra tradizione e new media
Il nome Cascella porta con sé un certo peso e i più giovani rappresentanti della dinastia hanno scelto l’anonimato del nome d’arte. Il fotografo Matteo Basilé (1974) – al quale l’Istituto di Madrid ha dedicato già una mostra personale nel 2012, Thishumanity – e il fratello, Davide Sebastian (1981), che lavora con le installazioni, sono entrambi figli di Tommaso. La quinta generazione dei Cascella cambia estetica e adotta gli strumenti digitali, ma continua la tradizione familiare – con pixel e algoritmi – per leggere il presente e immaginare il futuro. Rerum Novarum è il titolo delle creature femminili fotografate da Matteo che grazie al fumo delle candele, all’intelligenza artificiale e alla realtà aumentata prendono vita e mutano di forme, acquistando unicità. Davide, invece, predilige l’estetica della performance, documentata nel videoritratto del critico d’arte Gillo Dorfles e nell’installazione Eco del Rinascimento che trasforma una sirena antiaerea in una scultura sonora portatrice di pace.
Federica Lonati
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