Cortocircuito barocco: l’artista Daniele Puppi in mostra all’Accademia di San Luca a Roma
Nella cornice dell’Accademia di San Luca a Roma, l’artista italiano Daniele Puppi travolge spazio e percezione con un ciclo di opere video turbinanti e riflessive
Eh Lampu! – un’esclamazione di origine sarda, che evoca l’urto di uno stupore improvviso – è il titolo della mostra che ora irrompe nelle sale dell’Accademia di San Luca, destabilizzandone la quiete. Protagonista dell’esposizione, a cura di Marco Tirelli, è Daniele Puppi (Pordenone, 1970), pioniere della videoarte, che entra in collisione con l’architettura barocca di Palazzo Carpegna e porta in scena il contrasto tra forma storica e forza contemporanea.
Le opere di Puppi non si limitano a narrare qualcosa: si agitano, rovesciano, sconvolgono e coinvolgono. Tra proiettori, subwoofer e sincronizzazioni millimetriche, lo spettatore è trascinato in un’esperienza fisica e percettiva destabilizzante. Tema centrale è il limite. Del corpo, della società, della visione, dell’azione umana.
La mostra di Daniele Puppi all’Accademia di San Luca a Roma
Coyote Venus apre il percorso espositivo: una figura femminea nuda, di spalle, si erge quasi roccia tra le rocce. Forse la rielaborazione di una ninfa dei boschi. Ma la dimensione mitica entro cui è calata, non appare l’idillio consueto. Nel paesaggio di nebbie si muovono appena le chiome e le piante. L’orizzonte non si vede, il tempo è fermo. Una scena sospesa che allude, in modo velato, all’odierno stallo politico e sociale.
Con Downtown Tunes, Puppi registra invece la sua Los Angeles: luci urbane, grattacieli, graffiti, sirene ed elicotteri costituiscono una melodia metropolitana ipnotica e inquietante. Il frame è lo stesso, ma, a scatti, si alternano notte e giorno senza tregua, in isteria.
Le opere di Daniele Puppi all’Accademia di San Luca
Si torna, poi, con Il Lancio del Sasso, di nuovo alla singola figura umana. Non più una ninfa, ma l’artista stesso è al centro di una scena ripetuta. Nella terra natale friulana, su una distesa di massi, Puppi scaglia una pietra. L’opera, originaria del ’95, si configura come un gesto che cerca all’infinito lo sfondamento del muro su cui si proietta, lo scardinamento della realtà materiale tutta.
Chiude la mostra The Chain, visibile anche dall’esterno dell’Accademia: un cartone animato viene sezionato e trasformato in un loop ansiogeno dove l’ironia lascia spazio al disagio, la ripetizione diventa condanna. Ne trapela un messaggio sull’inesorabile ciclicità della natura umana, pur se in forma zoomorfa.
Francesca de Paolis
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