Apre a Pistoia un percorso artistico e architettonico immerso in un’oasi naturalistica
Stiamo parlando di OCA Oasy Contemporary Art and Architecture, il museo d'arte e architettura a cielo aperto di San Marcello Piteglio che inaugura il suo itinerario in alta quota con opere realizzate da artisti e architetti di calibro internazionale

Inaugurato nel 2023 all’interno dell’Oasi Dynamo a San Marcello Piteglio (sopra Pistoia), OCA Oasy Contemporary Art and Architecture è uno spazio espositivo recuperato da una vecchia stalla con l’obiettivo di portare all’interno di un’oasi naturalistica l’arte e l’architettura contemporanea, sotto la direzione artistica di Emanuele Montibeller. Oltre allo spazio, atto a ospitare progetti espositivi come Love Letters, mostra di Pascale Marthine Tayou (Camerun, 1967), OCA vanta un’oasi naturalistica in alta quota dove artisti e architetti di calibro internazionale sono stati invitati a confrontarsi con il paesaggio e a ideare delle opere site specific per l’itinerario che aprirà al pubblico il 15 giugno 2025.
Le opere di OCA Oasy Contemporary Art and Architecture a San Marcello Piteglio
La prima installazione che si incontra è il Dynamo Pavilion di Kengo Kuma, una scultura di fasci che si insinuano tra le piante come una folata di vento, per poi seguire con Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi Nella terra il cielo, che fonde poesia e architettura per riflettere sul rapporto tra mito e memoria. Addentrandosi nella macchia, il cammino conduce a Fratelli Tutti di Matteo Thun, un’installazione ispirata all’enciclica del defunto Papa Francesco, e ai valori universali di fraternità e pace. Composta da monoliti in pietra locale, l’opera si sviluppa in forma circolare, richiamando i cicli naturali della vita. Poco oltre si incontra Erosions di Quayola, un’opera composta da massicci blocchi di pietra lavica scolpiti da algoritmi generativi, a cui segue Laudes Creaturarum. Say a little prayer di Stefano Boeri, ispirata dal Cantico delle creature di San Francesco: un inginocchiatoio rivolto verso l’Appennino, che invita lo spettatore alla spiritualità e alla contemplazione. Continuando, si scorge infine Self-regulation, un’installazione dell’architetto Alejandro Aravena, che si appoggia a una struttura preesistente: una sorta di trappola antropologica che invita il visitatore a interrogarsi su come abitare l’opera. Il prato attorno allo spazio espositivo, dove si torna finito il percorso, continua a ospitare Home of the World di David Svensson e la coloratissima Plastic bags di Pascale Marthine Tayou, entrambe ormai parte della collezione permanente di OCA. Lo spazio accoglie inoltre al suo interno una mostra a cura di Fondazione Arte Dynamo, che presenta una selezione delle oltre 2000 lavori realizzate dagli ospiti di Dynamo Camp insieme ad artisti del panorama nazionale e internazionale durante un periodo di residenza.




OCA Oasy Contemporary Art: un’oasi dove artisti e architetti si relazionano con l’ambiente
“Lavorare in un contesto come quello di Oasi Dynamo ha richiesto tempo, cura e rispetto”, spiega ad Artribune il direttore artistico Emanuele Montibeller. “Siamo all’interno di un’area ambientale di pregio, ad alta quota, dove nei mesi invernali tutto si ferma: la natura detta i suoi ritmi e noi li abbiamo seguiti. Il progetto è nato da zero, con un approccio il più possibile coerente con il luogo. Non è un parco d’arte: è un’oasi naturale nella quale abbiamo invitato artisti e architetti a interrogarsi su come ci relazioniamo con l’ambiente, qui e ora. Insieme a loro ho fatto lunghi sopralluoghi, tutti sono rimasti incantati dall’oasi. Le installazioni sono state pensate per la parte dell’oasi, raggiungibili solo a piedi, e si parlano tra loro, creando un percorso che è anche un racconto”.
Il futuro di OCA Oasy Contemporary Art and Architecture
“Abbiamo iniziato a lavorare nel 2023, ma OCA è un organismo vivo, destinato a trasformarsi”, continua il direttore artistico del parco. “Nei prossimi anni il progetto continuerà a crescere, con nuove opere pensate appositamente per questo luogo. Sta arrivando un’installazione che riflette sul comportamento della luce nei buchi neri, un’opera inedita di Edoardo Tresoldi, e lavori firmati da grandi maestri come Álvaro Siza ed Eduardo Souto de Moura, che pur non viaggiando così di frequente, hanno accettato con entusiasmo questa sfida. È e sarà sempre di più un luogo in cui la qualità e la ricerca creativa sarà altissime. Un progetto reso possibile anche grazie all’impegno del project manager Roberto Castellani, che ha seguito con competenza e passione ogni fase operativa sul campo”.
Valentina Muzi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati