In Svizzera c’è una mostra da vedere nell’unica fondazione di arte aborigena d’Europa
Nel cuore delle Alpi Svizzere, la Fondazione Opale, sola in Europa dedicata all’arte contemporanea aborigena, crea un dialogo emotivo tra Sally Gabori, massima esponente della pittura kaiadilit e Forrest Bess, artista texano recentemente riscoperto

Due artisti lontani per geografia e background ma vicini per storie di vita potenti e l’urgenza di trasmetterle attraverso due linguaggi diversi ma ugualmente visionari, simbolici, nati nella solitudine della memoria. Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori (c.1924–2015) e Forrest Clemenger Bess (1911–1977) si incontrano nella mostra Beneath the Reflections of the World, a cura di Samuel Gross del Museo di Storia dell’Arte di Ginevra e Georges Petitjean, curatore della collezione Opale. Esposizione non a caso organizzata nei suggestivi spazi della Fondazione Opale, incastonata nel cuore della Svizzera, a Lens, e fondata nel 2018 per promuovere in ambito europeo e internazionale l’arte aborigena contemporanea.
Sally Gabori e Forrest Bess alla Fondazione Opale in Svizzera
E sebbene non si possa negare che il legame tra i due artisti sia intuitivo più che concreto e razionale, basato su un’affinità esistenziale più che elettiva, bisogna dire che il dialogo funziona, anche grazie a un allestimento che, lungi dal volerli equiparare, ne mantiene ben evidenti le alterità. Perché solo rispettando peculiarità e differenze possono emergere le risonanze. Due artisti autodidatti, spontaneamente approdati e vocati all’arte, in cui trovarono, ciascuno a modo suo, non tanto una forma di espressione estetica quanto poetica, proiettata all’invisibile e capace di abbracciare, al contempo, macro e microcosmo, come suggerito anche dai titoli estremamente evocativi delle opere. Del resto, per quanto Forrest Bess possa sembrare distante, lo avvicinano al contesto l’insofferenza per la cultura occidentale e il conseguente tendere ad “altro”, non solo in senso fisico ma anche concettuale, metafisico; ricerca che tradusse in un interesse, da una parte, per l’arte e la cultura aborigene, dall’altra, per le teorie archetipiche di Jung.





Guardarsi senza confondersi: il percorso espositivo alla Fondazione Opale di Lens
Il percorso, negli ampi spazi della Fondazione è costruito in modo che i due artisti possano sempre guardarsi, senza mai confondersi; con le opere monumentali di Gabori sulle pareti perimetrali e quelle raccolte e intime di Bess su pannelli centrali montati appositamente. Una scenografia che, mettendo in risalto i contrasti di scala e di formato, invita i visitatori alla contemplazione di quelli che i curatori definiscono: “due approcci radicalmente singolari all’invisibile”.
Le opere di Gabori e Bess nel cuore della Svizzera
Opere apparentemente astratte che racchiudono un condensato di vita e umanità. Le ampie tele di lino di Sally Gabori in cui il gesto si fa colore, dischiudono orizzonti emozionali, dominati dai toni limpidi, vividi e luminosi dei mari del sud. Paesaggi emotivi, luoghi dell’anima in cui affiorano le tracce, tra memorie, fantasie e ricordi delle esperienze vissute nell’isola della giovinezza. Allo stesso modo, i contenuti lavori di Bess, incorniciati a mano, sono dei potentissimi concentrati di forza spirituale, nel loro custodire, come preziosi scrigni, l’intima e personale cosmogonia dell’artista, concepita sulla base di una fusione tra gli archetipi junghiani e le mistiche rituali di popolazioni antiche, come i Maya e lontane, come gli aborigeni australiani, alla ricerca di una completezza, per sua stessa definizione, impossibile da raggiungere.
Chi è Sally Gabori
Sally Gabori è un’artista kaiadilit, trapiantata brutalmente negli Anni Venti nella più grande grande Bentinck Island, dopo un violentissimo tornado che rese inabitabile la sua isola d’origine. Luogo a cui tuttavia rimase per sempre legata, come dimostrato dal nome aborigeno che porta Mirdidingkingathi Juwarnda, in cui la prima parola è un rimando alla sua terra e la seconda al delfino, suo animale totemico. Violentemente forzata ad abbandonare la cultura d’origine – che però conservò tenacemente dentro di sé – quindi costretta ad adottare usi, costumi e religione di una tradizione impostale dall’esterno; dopo una vita trascorsa nel silenzio, Gabori, ultima interprete anche dell’idioma kaiadilit, ha trovato nella pittura, scoperta per caso in un centro d’arte, all’alba degli 81 anni, la valvola espressiva attraverso cui erompere tutto il magma di emozioni che da oltre 60 anni covava dentro. Sally Gabori, rivelando un talento enorme quanto innato, è così rinata nei primi Anni 2000 e, immediatamente, è stata scoperta.

Forrest Clemenger Bess
Dall’altra parte dell’oceano, Forrest Clemenger Bess, vissuto sempre a contatto con il mare, seppur non del tutto estraneo al sistema dell’arte, tanto da essere supportato, negli Anni ’50 e ’60, anche dalla celebre Betty Parsons Gallery faticò sempre a emergere; rimanendo per tutta la vita un artista schivo, disinteressato alle logiche del sistema e impegnato a costruire la sua personale simbologia che, per l’appunto incanalò in questi dipinti criptici, dal sentore onirico ove persegue un ideale irraggiungibile di perfezione rappresentato dall’essere completo per eccellenza: l’ermafrodito. E proprio la necessità di rappresentare un territorio psichico piuttosto che una geografia esteriore è l’elemento che crea un ponte tra queste due incredibili realtà umane internamente affini ma formalmente distinte.
Ludovica Palmieri
Fino al 16 novembre // Lens, Svizzera
Beneath the Reflections of the World / Sally Gabori e Forrest Clemenger Bess
Fondazione Opale
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