Il grande artista Dan Flavin rivive nei neon di Sergio Limonta a Milano
Il terzo piano della galleria BUILDING si illumina dei colori dell’arcobaleno grazie alla nuova mostra di Sergio Limonta, che costruisce le sue opere con materiali industriali sulla scia dei grandi artisti del secolo scorso

Il Terzo Piano di BUILDING – da sempre lo spazio più sperimentale della galleria milanese – si accende oggi di tutti i colori dell’arcobaleno. Ne deriva un’atmosfera completamente dissociata rispetto al resto, lontana dalle tinte neutre dei palazzi signorili del centro città. Lontana anche dai restanti piani dell’edificio, allestiti per la mostra parallela di Fabrizio Cotognini. La mente alle spalle è quella di Sergio Limonta (Lecco, 1972): artista italiano poggiato con convinzione su una base di storia dell’arte contemporanea che trae dall’industria la materia chiave con cui costruire la propria narrazione. Una narrazione che non si limita a occupare lo spazio fisicamente, ma che lo invade, lo arreda, anche e soprattutto attraverso la luce e il colore.
Sergio Limonta e l’ambiente di BUILDING a Milano
“Il mio sguardo nella reazione al circostante è rivolto all’ambiente“. Affermazione chiave che suggella l’azione creativa operata da Sergio Limonta nel Terzo Piano di BUILDING. Le opere presentate in questa occasione sono infatti in gran parte pensate apposta per giocare e lavorare con lo spazio stesso. Per riformularlo e alterarne la percezione. Ne risulta una “forzatura” di questo, che non manca di armonia in termini di linee e colori. Visitando la mostra si prova infatti da subito una certa sensazione pacifica, solare, che scalda per mezzo della luce e delle forme. Ambiente espositivo e opere dialogano nell’architettura e nel concetto. Con Graffiti, l’artista crea una finta parete che segue il profilo del perimetro originale in un parallelismo continuo.





I materiali di Sergio Limonta
Già si è accennato alla provenienza industriale della materia che compone il lavoro di Limonta. Tutto è giocato sull’idea di una perpetua “disponibilità” che permea – soffoca – la realtà e l’agire quotidiano. Si ha bisogno di qualcosa e subito ce lo si trova a disposizione. L’ostacolo e la distanza sono cosa rara: tutto abbonda e rende banale anche la vecchia “rarità”. A partire da tali elementi ormai facilmente disponibili – si pensi alle parti metalliche, alle luci, ai fili elettrici – egli dà vita a nuove interpretazioni del dialogo tra creatività e industrialità.
I neon di Sergio Limonta rievocano Dan Flavin
Benché ci si trovi a Milano, davanti a Love is in the air la mente corre – non troppo distante – fino ai neon multicolore brillanti nelle sale di Villa Panza a Varese. Dan Flavin sembra rivivere, pur reinterpretato, nell’uso che Sergio Limonta fa della luce. Un uso che le dona volume e corpo e la rende un oggetto quasi concreto con cui occupare lo spazio circostante. Qualcosa che ci fa avvertire la presenza di un ambiente che altrimenti neppure noteremmo. A distanziarsi dal lavoro del grande artista passato, contribuisce anche il dialogo che qui si costruisce tra i neon, poggiati su cavalletti scuri, e le altre opere attorno. I raggi rosati rimbalzano sull’arcobaleno delle pareti e sulle componenti metalliche appese, immergendo l’osservatore in un’atmosfera particolare, che fa riflettere sulla trasformazione della materia industriale in arte.
Emma Sedini
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