Ricamare il tempo. La mostra di Barbara Prenka a Venezia
Intreccia memoria personale e collettiva la mostra personale di Barbara Prenka alla Galleria A plus A di Venezia. Un percorso a ritroso nel tempo e nel ricamo, seguendo fili che legano il presente a un passato tragico come quello della guerra in Jugoslavia

Il legame tra tempo e tessitura si perde nel mito: la celebre tela che Penelope tesseva di giorno e disfaceva di notte non era che la metafora della sua condizione di attesa. Non è un caso, dunque, che l’artista kosovara Barbara Prenka (Gjakova, 1990) si chieda What time is it between my fingers?, quesito che è anche il titolo della sua mostra personale alla Galleria A plus A di Venezia. Una esposizione che occupa entrambi i piani espositivi, per dare evidenza di una pratica artistica fortemente incentrata sul ricamo e sul tessile, ma non per questo meno variegata.
La mostra di Barbara Prenka a Venezia
La tessitura diventa quindi, per Prenka, un dispositivo temporale in grado di riportarla ad un momento e ad un luogo estremamente precisi: la guerra in Jugoslavia (dalla quale ha dovuto fuggire) e il letto della sua infanzia, con tanto di centrini, copriletti e corredo realizzati da sua madre. Oggetti che, esposti in mostra, assumono una dimensione installativa, e sono chiamati a fare da contrappunto alle opere dell’artista, risposte contemporanee ad un passato perduto, a livello personale e al contempo collettivo. Perché nonostante il nucleo da cui scaturiscono i lavori di Prenka sia estremamente privato, nulla li relega ad una interpretazione esclusivamente individualista. È il caso del lavoro Reunion with aunts and uncles (2023) dalla serie Dita e re, fotografie d’archivio trasformate in tappeti ricamati dalle donne della famiglia dell’artista: nel ridurre le fattezze dei protagonisti a campiture cromatiche di filato, l’opera supera l’identità (pur conservandola) e si fa memoria sovraindividuale, pubblica, storica.






Tessuto e astrazione nelle opere di Barbara Prenka
Tale processo è ancora più evidente ed efficace nelle due opere intitolate Dudi (2025): qui il ricamo è lasciato a pelo lungo, esasperando ancora di più la sfocatura fino a raggiungere le soglie dell’astrazione. Territorio, quello del non figurativo, su cui Prenka si muove senza difficoltà: lo dimostrano, al piano inferiore, i ricami e acquerelli su carta della serie Rabbits habbits (2016) e, al piano superiore, i disegni a pastello della serie Remind me who I am (2024), il cui soggetto – la medesima immagine di un letto – viene solamente suggerito dall’accostamento di linee cangianti nel colore e nella struttura.
Barbara Prenka e il tempo intrecciato
Uno dei pezzi più belli della mostra si trova alla fine, sul balcone che affaccia al piano inferiore: The blindes of the dark is a touchable light (2025) è un quadro di seta ricamata dall’artista montato su un tappeto in lana realizzato a mano da sua madre. Entrambi sfruttano le cromie del rosso e del nero per dare vita a potenti visioni che incrociano la flora al sabba, la geometria al vortice. Tradizione e innovazione, passato e presente si compenetrano nelle opere di Barbara Prenka, rispondendo ai concetti di “diffrazione-temporale” e di “inter-azioni” formulati dalla filosofa Karen Barad, che tanto hanno informato la mostra: le relazioni e l’esistenza – che poi sono forse la stessa cosa – si creano nell’intreccio. Delle persone, dei saperi, delle generazioni. E di tutti i loro fili.
Alberto Villa
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