Tra Bosch, Ensor e Baselitz. I carnevaleschi dipinti di Bram Demunter in mostra a Roma
Un giovane artista belga presenta alla Tim Van Laere Gallery un ciclo di nuovi dipinti e disegni che scardinano la linearità dell’esistenza con fitti richiami a mondi, figure e mitologie diverse

Peregrinazioni, selve prolifiche di creature ibride alla Bosch. Sotto-creature e brandelli di esse, membra d’uomini e fantocci smembrati, prigionieri di una malìa da girone dantesco. Conflagrazioni anche cromatiche di esseri, semanticamente insinuanti, in un subbuglio di fiumiciattoli, vulcani, vegetazione, dirupi. Ogni vano galleggia in un trambusto da sfinimondo.
La mostra di Bram Demunter a Roma
Sono tutte opere realizzate nel 2024 quelle che fanno ingresso alla Tim Van Laere Gallery per la prima mostra personale romana dell’artista belga Bram Demunter (Kortrijk, 1993), Swift as Whirlwind, Through the Marble Sky. Sia i dipinti ad olio su tela e su legno, sia i disegni a china e matita su carta, sono carnevalesche scenografie del mondo interiore ed esteriore insieme. Vi si legge la sfidante volontà di trovare un equilibrio tra conflitti dell’animo e regno naturale, fitti accadimenti e muta contemplazione del cosmo. I flussi che accolgono lucertole, uccelli, miriadi di dentuti coccodrilli, chimere, teste mozze sembrano convergere entro un’allegoria sovrana e affiorare da bestiari medievali, nella resa di un variopinto cifrario da decrittare.
La mitologia nelle opere di Bram Demunter
Tra tante figure, Demunter sceglie di calare personaggi leggendari come Beowulf, Don Chischiotte, Mad Meg (o Margherita la pazza, protagonista di una tela di Brueghel) e l’asceta etiope Honofrius. Non per celebrarne le gesta, ma per enfatizzarne le vulnerabilità. Non si tratta di eroi, ma di uomini e in quanto tali afflitti da dubbi, remore, traumi, paure. Sensi resi nei paesaggi da prospettive labirintiche, dove ogni soggetto somiglia ad un autoritratto, ma uno solo lo è davvero.




I riferimenti della pittura Bram Demunter
Le pennellate, intanto, s’infittiscono come le trame degli arazzi persiani e indiani cui l’occhio del pittore guarda, ma l’impostazione dei piani fa eco al Rinascimento italiano e all’espressionismo visionario di Ensor si accompagna un’ode ai capovolgimenti di Baselitz.
Tra cicli epici e mitologia, messe in abisso – con profili di pittori che dipingono altri cosmi – l’artista si fa acrobata figurativo di un’unica grande storia sincronica, che è quella dell’esistenza in tutte le sue complesse declinazioni.
Francesca de Paolis
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