La nuova stagione espositiva del MA*GA di Gallarate svela una grande mostra su Dadamaino

Il museo lombardo ha presentato i progetti invernali, con percorsi su tre artisti contemporanei tra cui spicca quella che più di ogni altra portò l'avanguardia astratta ai suoi massimi termini

Era il 1962 quando allo Stedelijk Museum di Amsterdam si tenne la grande mostra Nul, che metteva insieme i migliori esponenti della ricerca visiva del tempo come Enrico Castellani, Piero Dorazio, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Henk Peeters, Otto Piene, Francesco Lo Savio, Herman de Vries. Due sole le donne invitate: Yayoi Kusama e Dadamaino. E mentre Kusama è entrata nella storia come donna e artista impossibile da non conoscere, sono molti meno coloro che possono dire con certezza di aver capito lo straordinario contributo dato all’arte contemporanea e d’avanguardia del secondo Novecento da Edoarda Emilia Maino (Milano, 1930-2004). Una grande mostra al MA*GA di Gallarate (aperta dal 17 dicembre al 7 aprile 2024) ricorda al mondo chi era, e perché merita di entrare nel pantheon delle divinità dell’arte italiana del secondo dopoguerra.

La grande mostra di Dadamaino a Gallarate

Da molto tempo mancava un’antologica così cospicua e completa, che documenti il lavoro di Dada dalla fine degli Anni Cinquanta – in cui entra nelle neo avanguardie dalla porta principale -, fino al solipsismo assoluto finale, in cui è ormai sola. È un vertice di ricerca che nessuno aveva mai toccato“, spiega il curatore Flaminio Gualdoni, a fianco dell’artista per decenni e già suo co-curatore alla celebre mostra della Biennale di Venezia nel ’90.

La prima parte del percorso, che nel complesso vanta 80 opere anche di grandi e grandissime dimensioni, è dedicata ai celebri Volumi del 1958-60: Dadamaino è a fianco di Manzoni e Castellani nella ricerca di Azimuth, e per molto tempo ne sarà l’unica donna, “allora un tema molto problematico, proprio perché non toccato“, spiega Gualdoni. Dall’inizio lei è l’artista che più d’ogni altro “eredita la lezione di Fontana, secondo cui la tela non è solo una superficie pittorica, ma un oggetto, il luogo degli accadimenti“. Dopo i Volumi a moduli sfasati, è la volta dei Rilievi, tele, cartoncini e rhodoid tagliati a lamelle per ottenere alterazioni tridimensionali delle superfici, e degli Oggetti ottico-dinamici, strutture tridimensionali “instabili” che sfruttano le piastrine di alluminio per creare effetti geometrici circolari. Le stroboscopiche opere di questo periodo sono frutto degli studi ottico-cinetici e degli incontri con gli artisti del GRAV – Groupe de Recherche d’Art Visuel, uno dei molti gruppi di cui Maino fece parte negli anni Sessanta, come i celebri Punto e Zero. Nonostante questo, fu sempre sola, sempre in antitesi con la società. Politicizzata e sempre più estrema, “amava provocare: persino i suoi due gatti avevano il nome di brigatisti rossi“.

Dadamaino nello studio di via Boito a Milano 1960 La nuova stagione espositiva del MA*GA di Gallarate svela una grande mostra su Dadamaino
Dadamaino nello studio di via Boito a Milano, 1960

In una costante evoluzione teorica – che “fece diventare matti i mercanti del tempo“, scherza Gualdoni – tocca quindi ai Componibili e alla grande Ricerca del colore (qui in 5 tavole su 100), che esprimono il rapporto “controverso” di Dadamaino con il colore, mai materia espressiva quanto razionale, da analizzare nella sua qualità percettiva. Dopo i grandi progetti di ambienti – come quello mai sviluppato per Place du Châtelet – e un progressivo ritorno al graphein (tra L’inconscio razionale e L’alfabeto della mente), è la volta delle grandi Biennali: quella del 1980, con la meravigliosa installazione de I fatti della vita, e quella colossale del 1990 dove portò due poliesteri lunghi 18 metri ciascuno (allestiti da Sottsass) con Il movimento delle cose, frutto delle riflessioni fluide delle Costellazioni. Un lavoro ultra-complesso, temporalmente assorbente e auto-significante: “È come il mito di Sisifo: importa non tanto che l’opera sia vista quanto che sia fatta. Era un personaggio imprendibile dal punto di vista concettuale“, chiosa Gualdoni.

Una nuova stagione per il Museo MA*GA

Sono poi le monografiche di Michele Ciacciofera (Nuoro, 1969) e Giovanni Campus (Olbia, 1929) ad aprire la nuova stagione di mostre del museo varesotto. Da una parte ci sono i menhir di Ciacciofera, che con le proprie opere primigenie recupera, da antropologo, il “valore stratificato della memoria“, evocando – tra qui e l’aeroporto di Malpensa – una circolarità cosmica e naturale (anche con un’installazione ad hoc con 164 coppelle di ceramica). Dall’altra c’è Campus che, in occasione di una grande donazione di opere al museo, porta qui l’ultima evoluzione di 40 anni di lavoro e “tentativi” al confine tra proiezione e vita concreta: con delle opere a china di grande raffinatezza, Campus prova ad afferrare attraverso il dato materiale il senso immateriale dell’esistenza.

Giovanni Campus Tempo in processo 2021 2023 ph. Roberto Marossi 1920x1281 1 La nuova stagione espositiva del MA*GA di Gallarate svela una grande mostra su Dadamaino
Giovanni Campus, 1965, Sequenza continua, 57×76,5

È stato un anno di grandi successi per il MA*GA, che a 10 anni dalla fondazione diventa un ente partecipato della Regione Lombardia“, ha ricordato il presidente Angelo Crespi. “Il Museo, che quasi non ha pari in Italia, si è imposto come grande centro di ricerca, orientandosi tramite acquisizioni e collaborazioni (per esempio con l’archivio Missoni) a un ruolo cruciale di conservazione della memoria, che altro non è che una mediazione contro una incipiente idea di distruzione“. Tra grandi mostre – come quella di Warhol esportata a San Marino -, laboratori, presentazioni di libri e apertura di ampi spazi bibliotecari, il museo vanta oggi un ruolo centrale nella restituzione sociale al territorio, diventando così una vera “industria culturale“.

Giulia Giaume

www.museomaga.it/

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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