Ci sarà mai un pittore italiano al Padiglione Italia della Biennale?

Discriminata negli anni Novanta, riscoperta dal mercato e dai curatori negli ultimi tempi, la pittura è una Fenice che risorge sempre dalle ceneri. La vedremo mai al Padiglione Italia? Parla l’artista Luigi Presicce

Scrivo da una spiaggia desolata e quasi desertica della Calabria, la provincia di Lecce è troppo affollata per lasciare liberi i pensieri al loro corso. Da una decina di giorni si è conclusa la quinta edizione del Simposio di pitturaSono ancora esausto e tremendamente felice. Ci sono cose che non si insegnano più, pratiche che sembrano desuete, ma la vita, soprattutto di un artista, ha bisogno di confronto, di convivialità, di momenti che non ci facciano sentire isole in mezzo al mare. Mai come nella grande casa Cafausica, l’idea di comunità si è saputa concretizzare, con armonia, piacere dello stare insieme, cura degli altri e degli spazi condivisi. 

Il Simposio di pittura

La pittura per sua natura tende a unire chi la pratica, a rendere lecito il furto e agevola lo scambio, facilita uno sviluppo comune attraverso le esperienze di tutti. Il Simposio di pittura come la Scuola di Santa Rosa (creata con l’amico artista Francesco Lauretta) sono due dei molti propositi fallimentari che seguo da anni: parlo di fallimento perché in un sistema dell’arte come quello attuale, non produrre denaro equivale a non esistere, ma questo, tutto sommato, ha i suoi benefici in fatto di libertà e lieto vivere. Se dovessi trovare dei paragoni tra Simposio di pittura e Scuola di Santa Rosa, direi che pur avendo una radice comune, nel primo, tutti i pittori sono invitati esclusivamente da me e con questi scelgo di condividere un periodo estivo nella grazia più assoluta. Il nocciolo del gruppo è quasi sempre lo stesso, come uno lievito madre che prolifera lentamente. Tutti gli equilibri tra gli invitati vanno calcolati se si vuole vivere per tre settimane nella stessa casa con altre venti persone. 

Scuola di santa rosa a Firenze Luigi Presicce e Francesco Lauretta
Scuola di santa rosa a Firenze Luigi Presicce e Francesco Lauretta

L’esperienza della Scuola di Santa Rosa

Per la Scuola di Santa Rosa invece è molto diverso perché viene chi vuole, è una libera scuola di disegno, libera a tutti gli effetti. Ogni martedì, quando io e Francesco usciamo di casa per andare nel bar che abbiamo scelto, sappiamo solo che almeno noi due di sicuro ci saremo, poi chissà. Evidentemente funzione la persistenza, sapere che ogni martedì noi siamo li e chiunque può unirsi anche solo per fare due chiacchiere. 
È un peccato che non ci siano molte di queste esperienze simili al Simposio o alla Scuola di Santa Rosa, è come se si percepisse un vincolo autoriale, quando invece sarebbe così semplice incontrarsi in un bar e disegnare, anche senza di noi. Negli anni non abbiamo insegnato niente a nessuno, solo il piacere dello stare insieme. 
Il disegno e la pittura sono infatti il principio di tutte le attività creative, i bambini vengono stimolati a praticare attività imbrattatorie che poi, se sviluppate, diventano una necessità di vita, come è accaduto a me: disegno da quando ho memoria, solo che ora la spinta è viscerale e a volte taumaturgica. 
Lo svago non ha nulla a che vedere con la pittura e il disegno, essere un pittore è un’ossessione, si ha una devianza nello sguardo, si codifica il mondo attraverso segni, si legge il reale facendolo penetrare dentro. 

La pittura è viva o morta?

È ovvio che di dilettanti è pieno il mondo, ma questo è un capitolo a parte, come non è questa la sede per parlare di storia della pittura, che poi è la storia dell’immagine e dell’uomo stesso attraverso di essa, ma forse il tempo recente ci induce a pensare che questo mezzo, la pittura, il più primordiale di tutti, stia vivendo un momento dorato. Molte volte nell’arco della storia si è proclamata la sua morte o di certi generi pittorici, ma sempre, come una Fenice, la pittura è risorta dalle proprie ceneri. Quante volte abbiamo sentito dire questa frase? Milioni di volte.
Non è questo però il punto, la questione è che lo sentiremo dire ancora e ancora e con le stesse identiche parole. 

Luigi Presicce, In hoc signo vinces, secondo quadro
Luigi Presicce, In hoc signo vinces, secondo quadro

Pittura vs Tecnologia

Ltecnologia o meglio la telefonia portatile ha trasformato tutti in fotografi, tutti creatori di immagini. L’Intelligenza artificiale invece, dal canto suo, ci crede tutti uguali, “pensando” di soggiogarci con degli algoritmi, che altro non sono che i sondaggi di una volta. Tendo a supporre, in tal senso, che proprio la mancanza di controllo del mezzo (pittorico) sia la forza della pittura. Non esiste di fatto algoritmo al mondo che potrebbe calcolare con che spirito uno si metta di fronte alla tela bianca, non c’è macchina pensante all’universo che potrebbe calcolare il gesto pittorico che renderà soddisfazione al suo autore. Sono certo che la pittura stia vivendo il suo Eldorado proprio per questi motivi: più la tecnologia sarà omologante, più l’essere umano tenterà una via di fuga, con semplicità, usando le mani, tornando alla tradizione, progettando il futuro con mezzi arcaici. Questa considerazione è vera quanto lo è la gioia che provoca alle mani l’argilla fresca quando la si modella, il colore quando lo si fa scorrere con il pennello o lo scalpello quando scalfisce la pietra e dà forma alle idee. 

Il complesso italiano sulla pittura

Rimaniamo però nell’ambito della pittura, dato che il nostro paese ha avuto sempre un rapporto conflittuale con questo mezzo, relegandola a pratica per reietti, forse già prima della nascita dell’Arte Povera (nonostante la Transavanguardia). Qualcuno ricorderà che negli anni Novanta la pittura in Italia era un’onta simile alla lettera scarlatta marchiata a fuoco sulla faccia. Chi dipingeva era un cretino e la gente che non dipingeva, non mancava l’occasione per farlo notare. Intanto però fuori dal “bel paese”, mostri sacri della pittura odierna muovevano i primi passi verso la splendida stagione che stiamo vivendo. Non mi è ben chiaro però come mai a un certo punto molti curatori che odiavano la pittura ora se ne occupano e delle gallerie completamente ostili ai pittori ora li spingono sul mercato. Le fiere, le grandi mostre sono piene di pittura e molti artisti stranieri vengono osannati e venerati. Non è però ancora arrivato il nostro momento (di italiani), questo è abbastanza chiaro, non so quando per esempio si potrà vedere un pittore al Padiglione Italia… semmai lo vedremo.

Luigi Presicce, L'Egitto prima delle sabbie (1978), 2022
Luigi Presicce, L’Egitto prima delle sabbie (1978), 2022

Ci sarà mai pittura al Padiglione Italia?

Intanto però nell’attesa, (sperando non sia eterna), potremmo godere di questo clima favorevole che ci ha reso molto più liberi, meno frustrati e se non altro consapevoli che la pittura sia una grande risorsa per la nostra anima, lo dico da pittore, da uno che ha sempre guardato in maniera pittorica tutte le cose che ha fatto e che ora, a quasi cinquant’anni, sta vivendo l’esperienza della pittura come se fosse un fanciullo, con tutto ancora da scoprire. La pittura non la si può conoscere mai abbastanza, non la si può addomesticare, è una belva feroce che per quanto crediamo di poterla fregare, alla fine lei ci mangia senza scampo. Vince sempre, anche quando pensiamo di averla dominata. Ogni segno ci spoglia a nudo, ci lascia senza mutande di fronte a noi stessi. Non si può mentire con la pittura, chi lo fa è un ladro che ruba se stesso. 

Luigi Presicce

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Luigi Presicce

Luigi Presicce

Luigi Presicce nasce nel 1976 a Porto Cesareo, un porto peschereccio nei pressi di Lecce, in Puglia. A Lecce frequenta dapprima l’Accademia di Belle Arti, rinunciando però al titolo per continuare a formarsi da autodidatta. Vive e lavora fra Porto…

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