L’intervista ad Aronne Pleuteri, l’artista che dice di essere un parente degli gnomi

Pittura, musica, video-arte. Aronne Pleuteri è un giovane artista brianzolo che con i suoi lavori ha catturato l’attenzione del mondo dell’arte contemporanea negli ultimi anni. Ci racconta la sua storia

Aronne Pleuteri (Erba, 2001) è un artista emergente che lavora a Milano. Ancor prima di laurearsi in pittura all’Accademia di Brera, ha lavorato a svariate mostre in Italia. Dal 2020 ha partecipato a diverse collettive, come Mistici, Sensuali, Contemplativi a Metodo Milano (2020), Osservatorio per Super Studio sempre nel capoluogo lombardo (2021), A sense of wander alla Candy Snake Gallery di Milano (2022), Salòn 2 alla Rizzuto Gallery di Palermo, e molte altre. Nel 2019 fa la sua prima personale al Museo Vignoli di Seregno, a cui fa seguito la personale allo Studio sù di Lecce nel 2022. Nello stesso anno lavora a una performance dal titolo Voglio essere impercettibile, che porta al Castello di Rivoli, e organizza un’altra personale per Osservatorio Futura di Torino. Pleuteri si è fatto notare non solo per la sua capacità tecnica, ma anche e soprattutto per i suoi rimandi fiabeschi, bizzarri e singolari. Basti pensare che si identifica con Enrico, la talpa di Lupo Alberto…

Aronne Pleuteri, in studio in trance musicale

Aronne Pleuteri, in studio in trance musicale

L’INTERVISTA AD ARONNE PLEUTERI

Come nasce Aronne in veste d’artista?
Era un uggioso sabato di aprile, mamma Simona era molto felice e contenta, e le infermiere ammiravano le lunghe mani del pargolo profetizzando una fiorente carriera da pianista. Si sbagliavano, perché io alla fine, nonostante le mani lunghe, il pianoforte non ho ancora imparato a suonarlo.

Hai usato le mani in altri modi…
Sì. Alle medie vinsi per tre anni di fila il Prestigioso Premio di Pittura Estemporanea del Lago di Alserio. Avevo già intuito che la mia carriera d’artista sarebbe stata una strada irta e tormentata e basata su un insondabile senso di nostalgia (i pittori del Lago di Alserio sono molto invidiosi, competitivi e nostalgici). Una volta durante una collettiva per Artinzone, uno di questi pittori del lago, Giovanni Ruggieri, mi disse che io a differenza sua potevo ancora sperare in una carriera artistica che rappresentasse il nostro territorio. La accolsi, onorato, come una grande responsabilità.

Aronne Pleuteri, Man vs Wheel 3 (A4 Milano Torino), 2023, detail

Aronne Pleuteri, Man vs Wheel 3 (A4 Milano Torino), 2023, detail

Quando le prime esposizioni?
Ho partecipato a molte altre di queste esposizioni in posti non deputati all’arte, per esempio nella torre del paese, o tra le ultime, in una kebab house di Winterthur (in Svizzera) nel 2022, con il collettivo Hrüze gegi.

C’è sempre un binomio tra pittura e musica nella tua pratica artistica. Come mai?
Perché ascoltare il suono delle cose è un buon esercizio etico e io voglio essere un buon pittore. Ci sono molte cose nel mondo che desiderano essere ascoltate e queste cose sono sempre indipendenti da noi. La conquista spaziale del canto dei merli, per esempio, o gli armoniosi grugniti di una persona anziana. Ogni tanto, mettendomi in ascolto, mi capita di entrare in trance e tutto sembra accadere simultaneamente, come se corpo e musica raggiungessero una sinergia cosmica e io diventassi protagonista del tempo e delle cose che succedono.

Aronne Pleuteri, gli Amici di Bruce, 2022. Photo: Alessandro Di Giugno, © l'artista e Corpi sul palco

Aronne Pleuteri, gli Amici di Bruce, 2022. Photo: Alessandro Di Giugno, © l’artista e Corpi sul palco

Quindi i rumori del mondo sono una forte ispirazione…
È questo che mi lega alla musica come produttore di immagini, ché la musica non è mai solo musica, ma è anche corpo e riappropriazione del corpo. Un pittore deve in primis rapportarsi con questo incontrollabile strumento primario, oltre che alla protesi di un pennello comprato al colorificio. Quando si parla di pittori visionari per esempio, io penso che questi visionari abbiano poco a che vedere con l’organo della vista: una “visione” é una sensazione che pervade ogni fibra del corpo, anche la punta dei piedi, per davvero. È una potente vibrazione che ti investe.

L’IMMAGINARIO DELL’ARTISTA ARONNE PLEUTERI

Miti, leggende, origini: quanto influiscono questi concetti nei tuoi lavori?
Beh, molto. Quando divento argonauta dell’immaginario mi imbatto in nuclei di senso più antichi di me. Per comodità ho iniziato a chiamare questi grovigli di informazioni “unità mitologiche”, anche se di unità non hanno nulla. E mi ci imbatto sempre per caso, scoprendo per esempio che qualche aborigeno dall’altra parte della terra, per assicurarsi la felicità del raccolto, aveva già pensato al mio dispositivo per mobilità orizzontale molto prima che lo facessi io.

Spiega meglio queste unità mitologiche.
Ultimamente per esempio ho analizzato uno di questi nuclei immaginari, il nano, perché mi sembrava incarnare una certa problematicità: cosa succede a queste figure immaginarie quando ci ostiniamo a trascinarle nel reale? Ho quindi organizzato una partita di basket tra una squadra di persone nane e una squadra di persone molto alte per vedere che cosa succedeva. E il team dei nani ha perso, nonostante l’aspettativa eroica che gravava su di loro.

Vuoi sfidare gli stereotipi quindi…
In effetti io mi occupo di questo: mostrare l’immaginario fallire nell’impresa impossibile di sostituirsi al tempo della vita, ma al contempo vederlo trionfare nel suo ininterrotto, originario perdurare.

Aronne Pleuteri, il maschio, 2021

Aronne Pleuteri, il maschio, 2021

Nei tuoi soggetti c’è un che di misterioso, fiabesco. Da che cosa prendi spunto?
In quanto artista cerco di riappropriarmi di certe forme che vivono, si definiscono, e sopravvivono nell’immaginario collettivo. Faccio parte di una generazione che tramite la semplicità di queste immagini cerca di definirsi. Anche io mi approprio di stereotipi visivi. Ma mi identifico veramente solo nelle vignette della settimana enigmistica o al massimo in Enrico la talpa di Lupo Alberto.

Come descriveresti la tua pratica artistica?
Potrei dire che la mia pratica artistica si basa su praticare pigrizia e sulla tendenza alla non-azione. È in questi stati di coscienza alternativa che funziona meglio il cervello. Spesso però mi capita di svegliarmi e dovere velocissimamente recuperare un foglio per fissare un’idea. Quindi la mia pratica artistica è basata sull’inerzia e sulla velocità improvvisa. L’altra regola che adotto è quella di avere un’etica di produzione, e di produrre solo l’indispensabile. O forse è solo un’altra scusa per lavorare poco.

Aronne Pleuteri, panico nella sezione amministrativa del paradiso, 2022

Aronne Pleuteri, panico nella sezione amministrativa del paradiso, 2022

ARONNE PLEUTERI: DALLA FORMAZIONE ALLE MOSTRE

Come racconteresti la tua esperienza all’Accademia di Brera?
I primi anni di studio mi sono sentito molto spaesato all’interno di certi discorsi basati su neologismi inventati. Nonostante parole come Post-Internet fossero inventate, però, mi hanno aiutato a riconoscere il segno che lascio per sbaglio sulle cose del mondo. Diciamo che ho imparato a riconoscere la mia pratica d’artista come un esercizio politico ed intellettuale, oltre che ludico e psicoterapeutico chiaramente. Solo con il tempo poi ho capito che l’Accademia di Brera è un posto che devi accogliere tu, e non viceversa. Sono gli studenti il vero cuore pulsante di questa bolla dedicata all’arte, i loro intrighi e sotterfugi, le loro colpevolissime trame. Siamo noi che inventiamo i neologismi, in pratica. E che li facciamo subire ai nuovi arrivati e anche ai vetusti professori.

Dove lavori oggi?
In uno studio che si trova a Milano, che condivido con altri giovani artisti: Andrea Kvas, Andrea Contin e Manuel Esposito. É un grande spazio seminterrato che affaccia su un cortile. Siamo in affitto da una fondazione. Per noi è un luogo intenso, creativo e di grande condivisione.

Ti segue una galleria?
Non ho una galleria con cui intrattengo un rapporto fisso, me la sto prendendo con calma. Per adesso preferisco così.

Aronne Pleuteri, un maniaco ha dato fuoco al cielo, 2022, detail

Aronne Pleuteri, un maniaco ha dato fuoco al cielo, 2022, detail

Che progetti hai per il futuro?
Vorrei decementificare la Brianza, lo giuro.

Prossime collaborazioni?
Verso la fine del 2023 parteciperò a delle grandi collettive di pittura italiana, in gallerie e sedi istituzionali. Non posso dire altro, perché amo nascondere dei segreti. Durante l’attesa, però, potrete vedermi ogni venerdì sera su Antenna3, con il mio disperato gruppo di musica sperimentale La confraternita dell’amore. Portiamo un genere che abbiamo definito pop-rumorismo post-rurale.

Gloria Vergani

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