ll ritorno di Vanessa Beecroft a Palermo. La performance per Palazzo Abatellis

Il racconto e l’analisi della performance di Vanessa Beecroft presentata l’8 dicembre in una sala del museo di Palazzo Abatellis. Quattordici anni dopo il suo debutto a Palermo, una nuova indagine intorno alla scultura.

Ieri fu il candore degli stucchi serpottiani, evocati dal coro dei corpi nudi e quasi immobili, nell’inganno del make up che li imbiancava e nel controcanto dei calchi perfetti, ambiguamente mescolati, come si mescolano la verità con l’artificio, l’esistenza con il suo doppio, il movimento con la stasi, il visibile e l’immateriale. Era il 2008 e Vanessa Beecroft allestiva allo Spasimo di Palermo una delle sue performance più affascinanti (“VB62”), intitolata a quel gioco del riflesso e del mistero che fa della verosimiglianza qualcosa di più di un esercizio virtuosistico: quando la scultura è incarnazione dell’idea, proiezione universale e insieme impronta irripetibile del qui e ora, quintessenza dell’umano. Un fatto di poiesis, non di mimesis.

VB62, 2008, Vanessa Beecroft - Performance Santa Maria dello Spasimo, Palermo © Vanessa Beecroft, 2022

VB62, 2008, Vanessa Beecroft – Performance Santa Maria dello Spasimo, Palermo © Vanessa Beecroft, 2022

PALAZZO ABATELLIS, FRA ANTICO E CONTEMPORANEO

L’indagine pare essersi riaperta oggi con il secondo atto di una stessa opera-apparizione, quasi che questi quattordici anni non fossero trascorsi e che la lentezza dei giorni fosse la stessa dei gesti, del tempo sulla scena, se la scena è il luogo in cui il pensiero continua a germinare e l’azione non si compie mai, estenuandosi nell’infinita e differente ripetizione. Ancora Palermo, ancora la città-musa con cui riannodare il filo. Stavolta luogo e ispirazione è il quattrocentesco Palazzo Abatellis, un tempo residenza nobiliare, poi convento di clausura, nei primi anni ‘50 trasformato in Galleria d’arte medievale e moderna della Regione siciliana, con lo straordinario allestimento disegnato da Carlo Scarpa. Ideato e prodotto da Vanessa Beecroft Studio (Los Angeles), con la partecipazione della Galleria Lia Rumma e il supporto della famiglia Planeta, il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione Amici dei Musei Siciliani e con il sostegno dell’Assessorato regionale dei Beni culturali.

Francesco Laurana, Ritratto di Eleonora d'Aragona, 1468, marmo, 50 cm. Palazzo Abatellis, Palermo - Photo Helga Marsala

Francesco Laurana, Ritratto di Eleonora d’Aragona, 1468, marmo, 50 cm. Palazzo Abatellis, Palermo – Photo Helga Marsala


E c’è di nuovo la scultura al centro di questo “VB94”, nel dialogo con alcune opere della collezione: un nucleo di statue e reperti (tra cui dei capitelli del Gagini) ma anche – idealmente – quelle iconiche rappresentazioni del femminile che sono il marmoreo Ritratto di Eleonora d’Aragona, scolpito da Francesco Laurana, o l’Annunciata di Antonello da Messina, tra i maggiori capolavori del museo. Così, l’originaria potenza del femminino, che ha attraversato tutta la produzione dell’artista, ha qui il volto di un gruppo di donne palermitane, di generazioni e contesti sociali diversi, tra esponenti all’aristocrazia locale, giovani migranti e residenti del centro storico. Tra loro una madre col suo bambino in grembo, una venera nera dalle lunghe chiome, volti angelici quasi adolescenziali ed eleganti signore dai capelli d’argento. A comporre il quadro anche una serie di teste in ceramica, bronzo e cera, realizzate da Beecroft a partire dai modelli in creta: una sintesi efficace di spunti novecenteschi e memorie rinascimentali. Visione frontale, statica, sospesa, che lentamente si consuma lungo un tempo circolare, nel perdurare apparente delle forme e nella loro fragilità materiale.

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022

TEATRO E SCULTURA COME TABLEAUX VIVANT

Soave il tappeto musicale che risuona nella stanza – un brano composto per l’occasione da Gustave Rudman – per un tableau vivant intitolato alla grazia, alla spiritualità, al candore: dalle pose plastiche delle protagoniste all’alchimia di bianco e oro delle vesti, modellate come elementi scultorei o come rigidi abiti monacali, oppure scivolate sui corpi nudi come tuniche leggere. Durante quello che assomiglia a un rituale senza tempo, si consuma il potere immaginifico del teatro, qui fuso con la sostanza della pittura e della scultura: i corpi vivi, in dialogo con i simulacri, trasmutano in tempo reale, colti nel loro farsi immagine, nel loro spingersi verso una dimensione visiva e oggettuale. E sono le statue antiche, i frammenti di architettura, le teste contemporanee a trascinarli nella propria dimensione di immobilità, nella propria sensualità inorganica, fungendo da nuclei simbolici, dispositivi di transito, testimoni silenziosi.
Qui si libera la tensione verso una purezza della forma continuamente contraddetta, interrotta, rimessa in discussione nei dettagli, a partire dalla fissità fallace di quei corpi, che nel corso della lunga posa tradiscono la fatica e lasciano intravedere lievi cambi di posizione o anche solo la traccia del respiro. Allo stesso modo restano visibili le imperfezioni di certe sculture della Beecroft, i cui tasselli sono stati ricomposti dopo la cottura, senza mascherare i punti di sutura.

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022 6

Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022Vanessa Beecroft, VB94, 2022 Palazzo Abatellis, Palermo ©️ Vanessa Beecroft, 2022 6

Nello scambio tra il pubblico e l’opera si compie infine quel fenomeno singolare per cui l’atto del guardare si capovolge nella sensazione dell’essere guardati. È l’opera stessa a scrutare e interrogare lo spettatore, tra le pupille delle performer e gli occhi vuoti delle sculture, nel suo dichiararsi come testo ibrido e immagine totale, e nel suo intercettare memorie, sedimenti, domande, fantasmi, desideri. Strategie di connessione con lo spazio abitato e con chi, transitandovi, diviene parte della sua storia ed elemento fondante di un’opera aperta, plurale, sempre capace di mutare.

Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più