Oltre il Futurismo. La mostra di Leonardo Dudreville a Lucca

La Fondazione Ragghianti presenta una mostra sul periodo avanguardista di Leonardo Dudreville, pittore che all’inizio del Novecento, dall’interno del gruppo Nuove Tendenze, cercò strade artistiche diverse dal Futurismo

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento l’Italia conosce la sua prima rivoluzione industriale su vasta scala e, in linea con quelle degli altri Paesi europei, anche la società inizia a modernizzarsi; il mondo della cultura registra questi cambiamenti e avverte l’urgenza di trovare soluzioni per raccontare nuovi stili di vita, nuovi paesaggi e nuovi stati d’animo. L’avanguardia futurista esaltò sin da gli esordi la modernità, fra arditi progetti urbanistici e il mito dell’automobile, ma al suo fianco, in polemica più o meno velata, agivano anche artisti dalle visioni eterogenee, che cercavano di differenziarsi dalle teorie di Boccioni. Fra questi ci fu Leonardo Dudreville (Venezia, 1885 ‒ Ghiffa, 1976),
Gli esordi pittorici di Dudreville furono all’insegna della corrente di Segantini e Previati, auspici gli studi presso l’Accademia di Brera e un lungo soggiorno a Borgo Taro, sull’Appennino parmense, che gli permise di familiarizzare con i bucolici paesaggi montani cari ai due maestri, le cui teorie erano comunque state il punto di partenza per le avanguardie italiane degli anni successivi, e lo stesso Boccioni ne fu un esponente.
L’approccio del pittore veneziano è però strettamente personale, perché se è vero che si sforzò di raggiungere quell’effetto di metallica luminosità, ricercava al contempo un’atmosfera più intima e introversa, incline alla contemplazione e all’analisi dello stato d’animo. Ulteriore sfumatura del personale approccio di Dudreville al Divisionismo il suo interesse per la musica e il suono in genere, estrinsecato nella Trilogia campestre (1912) che già rivela, in nuce, il tentativo di far dialogare il concetto di ritmo con il colore, una ricerca comune a molta dell’avanguardia europea dell’epoca.

Nuove Tendenze. Leonardo Dudreville e l’avanguardia negli anni Dieci. Installation view, Complesso monumentale di San Micheletto, Fondazione Ragghianti, 2022. Photo Lucio Ghilardi. Courtesy Fondazione Ragghianti

Nuove Tendenze. Leonardo Dudreville e l’avanguardia negli anni Dieci. Installation view, Complesso monumentale di San Micheletto, Fondazione Ragghianti, 2022. Photo Lucio Ghilardi. Courtesy Fondazione Ragghianti

L’ARTE DI LEONARDO DUDREVILLE

Nell’ottobre del 1912, le sale del milanese Caffè Cova ospitarono, a imitazione degli impressionisti Salon des Réfusés, la Mostra di pittura e scultura rifiutata, che racchiudeva opere di giovani artisti esclusi dalla Nazionale Braidense. Pur eterogenea per temi e stili (riuniva infatti rivisitazioni divisioniste, accanto a tendenze espressioniste e secessioniste), la mostra fu un episodio importante della scena artistica milanese di quegli anni, perché segnò un tentativo di andare oltre il Futurismo, da cui Dudreville si era allontanato a causa dell’eccessiva pressione di Boccioni per un’adesione integrale (anche se, comunque, fra i due c’erano molte convergenze artistiche). Le ragioni del dissenso non erano tanto estetiche, quanto politiche: l’eccessivo nazionalismo e una certa esaltazione della violenza (predicati però da Marinetti) poco si accordavano con la sobria personalità di Dudreville, che preferì portare avanti la sua ricerca di una pittura che combinasse il colore e il suono, ma fosse soprattutto capace di esprimere uno stato d’animo che celava la ricerca dell’armonia in una società sconvolta dall’incalzare della modernità.
Due anni più tardi, nel 1914, nacque il gruppo Nuove Tendenze, che includeva diversi artisti i quali già avevano preso parte alla mostra; fra questi, Mario Chiattone e Achille Funi, cui si aggiunsero ‒ selezionati dal critico Ugo Nebbia ‒ Carlo Erba, Antonio Sant’Elia, Marcello Nizzoli e altri. Fu un gruppo eterogeneo, come ben spiega la mostra lucchese, sospeso fra Astrattismo e figurazione, a sua volta declinata nel Divisionismo, nel Cubismo, persino nello stesso Futurismo. A proposito di quest’ultimo, infatti, i bozzetti architettonici di Sant’Elia ben documentano l’anelito di modernità, l’esaltazione della città, dei grattacieli, della velocità di treni e tram. Non casualmente l’architetto sardo aderirà al gruppo di Boccioni e, da interventista convinto, perirà nel corso della Grande Guerra. Dudreville, invece, guarda molto all’Europa, è affascinato dal Cubismo orfico di Delaunay, dal Raggismo di Larionov, e vi trae ispirazione per Le quattro stagioni, ciclo di quattro grandi tele dove gli effetti dinamici di forme e colori sono al servizio di un certo lirismo del paesaggio.

Leonardo Dudreville, Un caduto, 1919. Museo del Novecento, Milano. Photo Ranzani © Comune di Milano

Leonardo Dudreville, Un caduto, 1919. Museo del Novecento, Milano. Photo Ranzani © Comune di Milano

LA MOSTRA SU LEONARDO DUDREVILLE A LUCCA

La prima (e ultima) mostra di Nuove Tendenze si tenne nel 1914, ma, alla chiusura dei battenti, il gruppo si sciolse per dissidi interni: Sant’Elia aderì al Futurismo, seguito da Achille Funi, in polemica personale con Dudreville, Il quale assai poco si scompose e continuò la sua ricerca estetica, fatta di violenti luminismi e di un forte lirismo, in contrapposizione alla fredda esaltazione futurista dei paesaggi urbani con i loro grattacieli. soprattutto Dudreville compie una ricerca interiore per riflettere sul malessere che, nel 1914, affligge l’Europa, con l’ormai incombente spettro della guerra: l’astrattismo di Eroismo, Tragedia, Ossessione, Follia, Asfissia (Guerra), seguito due anni più tardi da Come mi sento, dà appunto voce alla sua sofferenza di uomo, mentre i suoi paesaggi, sospesi fra Cubismo, Espressionismo, l’amato-odiato Futurismo, affiancano alla scomposizione della forma l’ormai consueto acceso cromatismo, anche se con una punta di amarezza. Con la fine della Grande Guerra lo slancio delle avanguardie si affievolisce e Dudreville dichiara conclusa la sua esperienza in tal senso, per ritornare a una figurazione classica e iperrealista; la medesima che in Germania darà vita alla Nuova Oggettività. La nuova fase del pittore veneziano si apre con Un caduto (1919), che conclude la mostra lucchese: una grande tela che sembra la metafora di un’intera società (il titolo suggerisce sottilmente anche la tragedia dei caduti della Grande Guerra) in crisi, che ha smarrito i vecchi valori, fortemente impoverita (anche dal punto di vista spirituale), che è diventata una caricatura di se stessa.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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