Il PAC di Milano accoglie la mostra Quando la paura mangia l’anima, prima personale in Italia di Artur Żmijewski (Varsavia, 1966), artista di punta della scena polacca – nel 2012 ha curato la settima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Berlino. L’esposizione esplora con assoluta veridicità le nefandezze e la meschinità che si celano nella parte più maligna del genere umano, indagando aspetti oscuri dell’animo, tra violenze e paure.

LA MOSTRA DI ARTUR ŻMIJEWSKI A MILANO
“La paura mangia l’anima”, espressione usata da arabi e nordafricani per descrivere la loro condizione di immigrati e di paura perenne, dà un efficace input su ciò che l’esposizione vuole raccontarci. La mostra presenta alcuni lavori storici e recenti, incluse tre opere pensate per questo progetto milanese e prodotte dal PAC, come il film ispirato al cinema scientifico del neurologo Vincenzo Neri e la serie fotografica Refugees/Cardboards, un murale in bianco e nero dove emergono dall’oscurità figure di profughi che, attraverso la loro immagine, mettono in luce la sofferenza subita quotidianamente. Un riferimento ai tanti rifugiati al confine polacco-bielorusso durante l’estate e l’autunno 2021 e che evocano l’attuale situazione in Ucraina. Le opere esposte danno forma a un viaggio attraverso racconti dolorosi altrimenti destinati all’oblio. Una lotta dell’uomo contro l’uomo in un’esistenza consumata dalla paura. Ticchettii di scalpellini e canzoni ci accompagnano per tutto l’esposizione e si amalgamano alla perfezione con le altre opere esposte. La mostra è un grido silenzioso verso le nefandezze del genere umano e un richiamo all’umanità perduta. Żmijewski riesce a far immedesimare lo spettatore nei panni del cosiddetto “diverso”, generando sensazioni di angoscia, reclusione, estraneità, alienazione. Il senso di paura è la chiave interpretativa della mostra. Paura che tocca temi come immigrazione, malattia mentale, ignoto, controllo sociale.
CORPI, GESTI E POLITICA NELLE OPERE DI ŻMIJEWSKI
Nell’opera An Eye For An Eye, Żmijewski, attraverso la nudità di quattro corpi imperfetti, mostra la bellezza degli stessi e la rivendicazione estetica della loro esistenza. Corpi mutilati che, grazie a uno sguardo più puro e reale, risultano perfetti. Altra opera di grande impatto è Political Gestures, dove è evidenziata la gestualità del potere politico dittatoriale. Fotografie ispirate all’iconografia della propaganda hitleriana, in particolare agli scatti realizzati da Heinrich Hoffman, fotografo ufficiale dell’ex dittatore nazista, dove Hitler appariva, grazie alle espressioni facciali e alla mimica studiata, sicuro e minaccioso. Nell’opera i suoi soggetti crescono d’intensità fino ad arrivare a un picco centrale in cui il volto risulta mostruoso. Żmijewski mostra come alcuni governanti utilizzano la democrazia per elevarsi a un livello più alto al fine di mantenere il potere: questi personaggi sono davanti ai nostri occhi ogni giorno, per vederli basta far cadere il velo di paura e di terrore che abbiamo eretto cosi da arrivare a capire chi sono i veri nemici.
‒ Giada Fanelli
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