La banana blu nella piazza di Pietrasanta. Arte pubblica o ennesima occasione sprecata?

Per tutta l’estate il centro storico di Pietrasanta, in Versilia, ospita una mostra diffusa dell’artista Giuseppe Veneziano: il clou dell’esposizione? Una banana gigante e blu collocata nel cuore del centro storico. Riparte il dibattito su cos'è e non è arte pubblica

Arte pubblica: croce e delizia per amministrazioni e artisti, promotori culturali e critici. Croce e delizia soprattutto per le città che la ospitano, con piazze e strade – dal centro alle periferie – che assumono nuovi volti, nuovi significati, nuove modalità di lettura e di fruizione, o non ne assumono proprio. Capita spesso, infatti, che gli interventi artistici pensati per gli spazi urbani siano completamente slegati da essi, con la sensazione di trovarsi in una dimensione a tratti surreale (se non addirittura grottesca). In Italia di recente non sono mancati casi – o forse sarebbe meglio definirle disavventure – di questo tipo, dalle sculture-porchette a Roma (progetto, questo, promosso dal Primo Municipio della Capitale nell’ambito di un’iniziativa di rigenerazione urbana che ha coinvolto gli studenti di un’Accademia di Belle Arti) a Toh, scultura a forma di toro che l’artista Nicola Russo ha realizzato per la città di Torino. In entrambi i casi, potrebbe far notare qualcuno, si tratta di opere temporanee, che staranno su piazze e vie solo per un circoscritto lasso di tempo, senza lasciare traccia del loro passaggio. Non parliamo quindi di monumenti, ovvero di opere dal riconosciuto valore storico che non svolgono soltanto un ruolo estetico ma anche e soprattutto simbolico, facendosi carico di significati di natura spesso politica. Se così non fosse, sulla scia del movimento Black Lives Matter (giusto per citare uno dei casi più recenti e più eclatanti accaduti nell’ultimo anno) non sarebbero sorte in tutto il mondo proteste e riflessioni su monumenti e statue inneggianti a periodi storici e personaggi legati ai temi del razzismo e del colonialismo, portando in Italia a un accesso dibattito sulla statua di Indro Montanelli a Milano.

La Blue Banana a Pietrasanta

ARTE PUBBLICA A PIETRASANTA

Questa premessa è necessaria per sottolineare come, che si tratti di un monumento o di un’opera collocata solo temporaneamente, l’arte pubblica abbia il potere di trasformare le città, dandole nuovo significato o addirittura stravolgendolo. Se poi il contesto in cui l’opera contemporanea è collocata pullula di palazzi, chiese e altre opere architettoniche del passato, è facile intuire come il dialogo tra antico e moderno diventi ancora più delicato e complesso da instaurare. A essere al centro di riflessioni e critiche – soprattutto le seconde – in questi giorni tra gli addetti ai lavori è The Blue Banana, mostra dell’artista pop Giuseppe Veneziano in corso a Pietrasanta. Si tratta di una mostra diffusa, con una serie di sculture che si avvicendano nel centro storico del comune toscano che da anni fa da palcoscenico alla Collectors Night, notte bianca dell’arte contemporanea organizzata da diverse gallerie d’arte che a Pietrasanta hanno una sede espositiva. The Blue Banana propone, in scultura, temi e soggetti propri della pittura di Veneziano, tra tutti Spider Man e la Biancaneve assassina, qui e là collocati in Piazza Duomo insieme a Dante Alighieri intento a scrivere a un Mac, Dolce e Gabbana, Charlie Chaplin con Venere, il David di Michelangelo e Papa Francesco in skateboard. Al centro della piazza si trova, infine, l’opera che dà il titolo alla mostra, The Blue Banana, ovvero una grande banana di colore blu.

La Blue Banana a Pietrasanta

La Blue Banana a Pietrasanta

LA BANANA BLU NELLA PIAZZA DI PIETRASANTA

“Il titolo dell’intera esposizione”, spiegano gli organizzatori, “si applica alle grandi dimensioni di una scultura di Giuseppe Veneziano ed allude alla dimensione economico-finanziaria dell’Europa occidentale in cui si collegano le grandi Capitali politiche, da Londra a Francoforte, da Parigi a Bruxelles, da Basilea a Milano e Torino. Veneziano ‘disegna’ nella geografia del Vecchio Continente una megalopoli, individuando quanto l’area produttiva abbia assunto la forma di una ‘banana’ riconoscibile nel ‘blue’ dell’Unione Europea. Nell’opera, il riferimento economico e politico si fonde con quello artistico contemporaneo, dove la banana rimanda a una delle icone della Pop Art di Andy Warhol, simbolo della celeberrima copertina dell’album dei Velvet Underground & Nico. The Blue Banana sintetizza così la ricerca artistica di Giuseppe Veneziano, attenta alla rappresentazione dei dilemmi che caratterizzano la società attuale in tutte le sue forme – politica, spettacolo, costume –, ma anche memore delle evoluzioni e dei percorsi dell’arte nella storia”. Iconografie pop si fanno portavoce, nell’universo visivo di Veneziano, di temi cruciali della società contemporanea, collocando sullo stesso piano personaggi reali e di fantasia, dal Papa a Biancaneve. Quando questi temi e questi personaggi, solitamente pittorici, vengono trasposti in scultura diventando – come a Piatrasanta – opere di arte pubblica, quali meccanismi si innescano a livello concettuale, visivo, urbanistico e critico? Quelli del cortocircuito, considerati i commenti che nelle ultime ore si leggono su Facebook nelle bacheche degli addetti ai lavori.

L’ARTE PUBBLICA E LA BANANA DELLA DISCORDIA

“Purché se ne parli”, afferma un noto modo di dire e, da questo punto di vista, della banana blu nel cuore di Pietrasanta si sta facendo un gran parlare. Ad aprire il valzer è stato Cristiano Seganfreddo, editore di Flash Art, che ha così commentato l’intervento a Pietrasanta: “quante piazze deturpate dalle speculazioni artistiche. Questa è Pietrasanta. Troppo straordinario patrimonio pubblico lasciato in mano a decisioni di assessori incompetenti, tra banane giganti e spiderman. Dovremmo proporre un’Area C anche per la cultura. Si entra solo a emissioni zero”. E a chi replica dicendo che in fondo è una questione di gusti, il curatore Francesco Cascino risponde: “qui i gusti non c’entrano, il tema qui è la competenza, l’occhio allenato a comprendere e distinguere tra estetica di qualità e retorica per sempliciotti”. Continua il dibattito anche Pierluigi Sacco, docente allo IULM, che scrive: “i periodi di grande fioritura artistica non si devono solo alla qualità degli artisti, ma anche alla qualità della committenza. Se i committenti ragionano così, potranno esserci in giro i migliori artisti del secolo o del millennio, ma sarà come se non ci fossero”. Come nei casi già accaduti a Roma e a Torino, ciò che una pubblica amministrazione crede possa essere un’operazione di successo – e sicuramente lo è in termini di comunicazione, di post e fotografie pubblicati sui social network e di selfie scattati davanti a porchette, tori e banane –, non si rivela tale in termini di costruzione di un percorso che possa riattivare i luoghi storicizzati attraverso l’arte contemporanea, di dialogo tra architettura e arti visive, di estetiche che, seppur differenti e contrastanti, possano dare vita a scenari inaspettati e mettere il visitatore di fronte a un’esperienza che stimoli fantasia e intelletto. In mancanza di queste condizioni, ciò che rimane è qualcosa di molto simile a un “luna park”, come ha commentato qualcuno. O semplicemente siamo di fronte all’ennesima occasione sprecata.

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Desirée Maida

Desirée Maida

Desirée Maida (Palermo, 1985) ha studiato presso l’Università degli Studi di Palermo, dove nel 2012 ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’Arte. Palermitana doc, appassionata di alchimia e cultura giapponese, approda al mondo dell’arte contemporanea dopo aver condotto studi…

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