Processi 147. La mostra finale dei borsisti della Real Academia de España a Roma

Si rinnova il consueto appuntamento espositivo che vede protagonisti i borsisti della Real Academia de España di Roma. Riuniti sotto il titolo “Processi 147” fino al 31 dicembre, 22 residenti tra spagnoli, latinoamericani e italiani svelano la loro creatività con opere dedicate all’Italia e alla città che li ospita.

A padroneggiare sul Gianicolo non c’è solo il prezioso Tempietto del Bramante incastonato nella maestosa San Pietro in Montorio, ma anche la Real Academia de España, nata nel 1873. Quest’ultima ha ospitato più di 900 borsisti che negli anni hanno dato vita a numerosi progetti, consolidando così il ruolo nevralgico dell’Accademia come centro di cultura spagnola all’estero. Nonostante il lockdown abbia arrestato alcune iniziative collaterali alla mostra, gli artisti hanno potuto presentare i loro lavori sui canali social grazie al progetto Finestre Aperte, per poi inaugurare – finalmente! – Processi 147.
Non solo le arti visive sono protagoniste, anche la musica ha il suo ruolo con Eduardo Soutullo, insieme a opere di Andrea Gabrieli, Girolamo Frescobaldi, Giuseppe Ottavio Pitoni, interpretate dal Parco della Musica Contemporanea Ensemble (PMCE). Il borsista riprende lo stile policorale nato a cavallo tra il tardo Rinascimento e il Barocco, disponendo i musicisti in diverse postazioni al fine di creare effetti sonori in relazione con la spazialità della Chiesa di San Pietro in Montorio (concerto programmato per il 5 luglio). Ma come viene vista Roma dai borsisti e quali sono le opere che vestono tutti i piani della Real Academia de España?

LA MOSTRA PROCESSI 147

Ventidue residenti tra spagnoli, latinoamericani e italiani sono stati i vincitori dell’annuale concorso indetto dal Ministero degli Affari Esteri spagnolo. La varietà degli artisti, e la differente età di ognuno, ha dato vita a una mostra dinamica dai molteplici linguaggi, omaggiando la città che li ospita e li ispira. Memorie di personaggi noti come Pier Paolo Pasolini tornano sotto forma di opere, con foto impresse su tessuto con polveri floreali di Javier Pividal insieme a un abbecedario ispirato dal ricordo che parla la lingua del corpo, reso in scultura.
Da sempre scrittori, artisti e intellettuali si sono fatti ispirare dalla Città Eterna, senza mai dimenticare le sue secolari tradizioni religiose. Su questo particolare argomento troviamo esposto il saggio fotografico firmato da José Ramon Ais Larizgoita, con una particolare indagine su quattro specie arboree che riconducono ai quattro fusti usati per la Croce di Cristo, ritrovati sul Monte Calvario da Sant’Elena, secondo la tradizione. L’artista racconta lo stupore e la meraviglia alla vista del grande affresco attribuito ad Antoniazzo Romano presso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme (custode delle reliquie della Passione) dove il Cristo Benedicente sovrasta un imponente ciclo di Storie della Croce, tra cui anche il suo ritrovamento, ambientato a Gerusalemme. Ad oggi, l’aspetto della Chiesa trova le sue origini nel Settecento, contraddistinta dallo stile tardo barocco.
Ma come è possibile rendere i virtuosismi e i volumi di questo straordinario stile che riecheggia nella città? A rispondere con un’energica dose di creatività e colore è la stilista Irene Clémentine Ortega, che trasla le peculiarità strutturali in abiti, attualmente esposti nella maestosa Sala dei Ritratti dell’Accademia. Quartieri storici come il Monte Testaccio vengono resi in scultura, le stesse che portano la firma di Enrique Radigales, vestendo le pareti bianche delle sale oscillando tra il rigore strutturale e il rivestimento di frange irregolari. Di Claudio Sotolongo colpisce il grande quadro di manifesti strappati – che rimanda a Mimmo Rotella – con il quale si indagano le stratificazioni tra storia e società.
Ad approfondire l’aspetto storico-politico ci pensa Javier Verdugo; con Montse Lasuncion Ascanio e la sua propensione verso la ricerca di particolari materiali per la realizzazione di calchi si passa a un ambito archeologico, per poi trovare parallelismi nel primo cinema muto, italiano e spagnolo, con Begona Soto Vazquez. Infine, il giovane Jorge Cubero rilegge il carattere tipografico romano antico adattandolo alla risoluzione dei primi schermi di PC di bassa risoluzione, indagandone la leggibilità.

Irene Clémentine Ortega, Serata di festa in un sogno barocco

Irene Clémentine Ortega, Serata di festa in un sogno barocco

DISEGNO INSTALLATIVO, ILLUSTRAZIONI, MUSE SELVAGGE E NUOVE TECNOLOGIE

Come abbiamo detto, anche i dintorni di Roma hanno il loro fascino, come i famosi giardini di Bomarzo animati da mostri innocui e da una natura selvaggia. Quest’ultimi rivivono in una dimensione eterea nei paesaggi acquosi di Adolfo Serra, in cui vi si annidano mille e più storie per l’infanzia.
Il disegno e il tratto fumettista dell’illustratrice Carla Berrocal racconta per immagini la vita della cantante spagnola Concha Piquer con un fumetto biografo intitolato Doña Conchas: la rosa e la spina. La tematica femminile viene ripresa anche nelle tele dai colori cangianti e dai tratti netti, rappresentando dei toreri “in gonnella”. In dialogo con lei c’è l’altra artista Ana Bustelo Garcìa, che tratta invece il disegno come una narrazione dall’impostazione classica, divisa in registri, tipica delle pale d’altare, dove la relazione che si instaura tra lo spazio e le illustrazioni acquisisce un ruolo rilevante. Questa relazione si rafforza con i grandi lavori di disegno installativo di Susanna Inglada Heredero, mentre il tratto deciso e la brillantezza dei colori di Guzman danno vita a muse selvagge.
C’è spazio anche per le nuove tecnologie applicate a processi artistici come con Jorge Luis Marzo, la letteratura con Manuel Vilas, le sfaccettature del teatro indagate da Ana Zamora, i lavori di Joana Cera che traggono ispirazione dalle sculture parlanti di Roma e dalla tabula cerata (tavoletta di cera romana usata per scrivere), la stratificazione dello storico quartiere di Testaccio torna con lo stilista Antonio Buchannan, mentre con Pantxo Ramas la mediazione critica si interseca in un’indagine psicologica che svela gli intricati scenari che uniscono arte e psicologia.
Si conclude con la videoarte, attraverso uno studio sociale che tratta il difficile rapporto tra individuo e Stato con Jana Leo.

– Valentina Muzi

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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