Filippo La Vaccara racconta la propria ricerca artistica durante la quarantena

Continua con Filippo La Vaccara un racconto in trincea dalle case degli artisti. Su cosa stanno lavorando? Come stanno trascorrendo questo momento? Come questo clima interviene sulla loro ricerca?”. Le risposte in questi piccoli video

Come Artribune stiamo lavorando il più possibile in questi giorni per fare un’informazione civica e di servizio nei confronti dei nostri lettori e in sostegno al nostro settore, come altri molto colpito. Oltre a informare le persone e ad incoraggiarle a rispettare le prescrizioni sanitarie, stiamo cercando anche di offrire loro contenuti utili ed interessanti per passare nella maniera migliore il tempo in casa, distraendosi ma anche riflettendo. Come sempre gli artisti sono coloro che ci indicano la strada e che precorrono i tempi. Per questo stiamo ponendo proprio a loro una domanda semplice semplice: “su cosa stanno lavorando? Come stanno trascorrendo questo momento? Come questo clima interviene sulla loro ricerca?”. Abbiamo chiesto loro inoltre di risponderci tramite dei piccoli video.

LA RISPOSTA DI FILIPPO LA VACCARA

Ci risponde Filippo La Vaccara (Catania, 1972) che racconta: “nei primi giorni dopo il decreto di restrizione di uscita sono andato spesso con mio figlio Santiago al mio studio, che è sotto casa. Abbiamo giocato modellando con la creta alcuni dei nostri personaggi preferiti: dinosauri! Nelle stesse giornate uno dei passatempi più continuativi per me e il bambino è stato girare in bici allinterno del cortile condominiale. Da queste due cose, dinosauri e bicicletta, è nata la mia prima scultura della quarantena, chiamiamola così, un Tirannosauro (senza pretese scientifiche) che va in bici, un lavoro in filo di ferro, carta e pittura, materiali che non utilizzavo da un pò e che avevo in studio. Non ci sono per me soggetti che parlano di virus, di crisi, di emergenza. I miei soggetti non raccontano in modo diretto le cose, non ne fanno una cronaca. Artisti come Edward Hopper o Lucio Fontana (e come loro molti altri) hanno attraversato la prima e la seconda guerra mondiale. Eppure le loro opere non raccontano la guerra, o non lo fanno in modo evidente. Loro hanno aspettato che lorrore finisse spostando spesso lo sguardo con coraggio sul colore, su unidea, e lhanno perseguita pur in mezzo ad una tempesta. Gli accadimenti della cronaca scivolano anche sulle mie opere, che non possono fermarsi ad un fatto, ad un solo fatto. Con la scultura procedono anche i miei ritratti, di amici o persone, o immaginari, lavori che generalmente nascono dagli incontri quotidiani. Adesso che gli incontri quotidiani dal vivo sono ridotti allosso, i personaggi delle mie idee per le sculture arrivano dalle illustrazioni dei libri, dalle fotografie, arrivano da ricordi, dalla storia dellarte. Arrivano da più lontano. Mentre prima della quarantena andavo spesso in studio per vedere cosa serviva per andarlo a comprare, adesso vado in studio per vedere cosa è rimasto e con quali materiali posso procedere. Con quello che ho, una certa quantità di argilla speciale e dei supporti per la pittura, sto procedendo, un pò più lentamente del solito. Il mondo ha decelerato, ed io, senza voler andare in contrasto col ritmo del mondo, ho rallentato. Non però con il pensiero dellopera. Il tempo ritrovato per sfogliare e leggere cataloghi e monografie è stato tempo utile per pensare. In solitudine, pensare. Così il lavoro si è arricchito di possibilità, sto lavorando con poco, con meno. E quel poco non lo sto sprecando come avveniva prima. Si è generato un senso delleconomia della materia, dei materiali. E del tempo”.

-Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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