“The Fountains of Za’atari”, il progetto di Margherita Moscardini per Collezione Maramotti

L’opera pubblica installata nel parco di Reggio Emilia è parte di un grande progetto che riflette sulle questioni di precarietà abitativa, migrazioni e appartenenza

Grazie all’acquisizione di Collezione Maramotti, nel Parco Alcide Cervi di Reggio Emilia sorge ora una nuova opera pubblica: si tratta di The Fountains of Za’atari di Margherita Moscardini (Donoratico, Livorno, 1981), inaugurata durante il festival Fotografia Europea 2019. Una fontana che rappresenta, in realtà, la punta dell’iceberg di un grande e ambizioso progetto, nato nel campo di rifugiati Za’atari, in Giordania, spiegato tramite video e documenti nella mostra personale dell’artista presso gli spazi di Collezione Maramotti. Esso parte dalla questione della migrazione dei popoli in Medioriente per interrogarsi sulle tematiche di abitabilità e futuro, coinvolgendo nel dibattito anche le nazioni occidentali.

LA CITTÀ DI ZA’ATARI IN GIORDANIA

Nel 2012 nasce Za’atari, un’area della Giordania al confine con la Siria utilizzata come insediamento temporaneo per rifugiati provenienti dagli stati vicini. Le tende che fungevano da riparo per i profughi sono state sostituite in seguito da container, andando progressivamente verso una forma abitativa stabile. Oggi Za’atari è diventata una città (la quarta della Giordania) con circa 80mila abitanti. L’artista ha effettuato diversi sopralluoghi tra il 2017 e il 2018, realizzando una mappatura delle fontane al centro di ogni cortile, un elemento mutuato dalle città di stile arabo, costruite – come spiegato nella mostra – con materiali rudimentali, come pietre, cemento, e spesso persino il motore delle lavatrici per azionare il movimento dell’acqua. La loro importanza deriva dall’essere un nodo di coesione, che ha contribuito al costituirsi di questa piccola società. Moscardini ha raccolto tutte le fontane in un libro-catalogo, (in stile Ikea) indirizzato a comuni cittadini e istituzioni che intendono acquistare un’opera.

LA FONTANA DI MARGHERITA MOSCARDINI

Troneggia, al centro di un piccolo spiazzo del parco reggiano, la fontana inventariata come n°32. Realizzata in marmo di Carrara, è composta da un piedistallo, formato da un decagono che riprende la fontana originale, mentre, sopra di esso, un piano inclinato riprende i rilievi del cortile di Za’atari, per riprodurli sulla superficie, come una sorta di topografia. Una fontana sui generis, quindi, un modello ribaltato rispetto a quello di partenza, come spiega Margherita Moscardini, “l’idea è stata da subito di riuscire a generare una specie di circuito virtuoso di questi modelli da cortile che io ho riconosciuto come sculture, immaginando che potessero essere diffuse in luoghi pubblici di città europee attraverso un’acquisizione da parte di municipalità, quindi città o istituzioni legate alle arti, in modo che dell’acquisto benefici direttamente il rifugiato, il progettista originale della fontana. E questo è successo, per la prima volta, grazie a Collezione Maramotti e alla città di Reggio Emilia”.

QUESTIONI DI TERRITORIALITÀ SENZA GIURISDIZIONE

Ma, oltre alla questione economica, il progetto tocca quella giuridica, come spiega ancora l’artista: “la mia massima ambizione è che questi oggetti, che sono anche degli spazi, acquisiscano con il tempo una speciale giurisdizione. Voglio arrivare a conferire loro le stesse caratteristiche dell’alto mare, uno dei pochissimi territori del pianeta in cui la norma è sospesa, che non può appartenere alla sovranità di alcuno stato”. Una provocazione forse, che stride con il comune senso civico, ma che vuole rispondere a una domanda ben precisa: è possibile dar vita a opere fuori da una giurisdizione, così come i cambiamenti geopolitici hanno “creato” persone senza più cittadinanza, residenza, dimora e appartenenza? Un quesito che si ricollega anche alla questione abitativa: perché questi campi profughi sono pensati per essere precari (e quindi destinati ad essere smantellati entro un certo numero di anni), quando l’unica società possibile per i rifugiati è quella che essi hanno costruito al suo interno? Una matassa di problematiche più che mai attuali, in Oriente come in Occidente, che Margherita Moscardini sta eviscerando nel corso del tempo su un piano teorico e pratico. Conclude così, in piedi accanto alla fontana del parco di Reggio Emilia: “rispetto agli stati che oggi più che mai rivendicano la propria sovranità nazionale, avere un oggetto, che è allo stesso tempo uno spazio, che si sottrae alla logica della territorialità è una dichiarazione forte e necessaria di questi tempi. Ciò che spero è che questo sia un primo di tanti spazi e oggetti che si diffonderanno in Europa con queste caratteristiche”.

-Giulia Ronchi

Reggio Emilia // fino al 28 luglio 2019
Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi 66
tel. +39 0522 382484
[email protected]
collezionemaramotti.org

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Giulia Ronchi

Giulia Ronchi

Giulia Ronchi è nata a Pesaro nel 1991. È laureata in Scienze dei Beni Culturali all’Università Cattolica di Milano e in Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Brera. È stata tra i fondatori del gruppo curatoriale OUT44, organizzando…

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