Il mito di Andy, alchimista e mago. A Monza

Villa Reale, Monza ‒ fino al 5 maggio 2019. Il talento da alchimista dell’immagine di Andy Warhol rivive nella mostra allestita presso l’Orangerie della Villa Reale di Monza. Spaziando dai volti delle celebrità a una caustica critica verso i pregiudizi sociali.

Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987) rappresenta per l’arte contemporanea un punto di arrivo e un punto di partenza irrinunciabile: volenti o nolenti, non è possibile fare a meno di lui in ogni discorso riguardante l’evoluzione del discorso estetico e di fenomenologia del costume: sia negli aspetti più evidenti e universalmente riconosciuti delle tecniche artistiche – la serialità e la ripetizione, il consumismo, il pop e le luci del successo e del mito americano – sia negli elementi meno popolari del suo lavoro, che parlano di cultura underground, nascente cultura omosessuale, femminismo e debolezze pruriginose incluse, vedi alcune ricognizioni nel modo del fetish.

LE OPERE DI ANDY WARHOL

Nella grande mostra allestita presso l’Orangerie della Villa Reale di Monza, curata da Maurizio Vanni, sono esposte 140 opere, che spaziano dalle famose Jackie Kennedy e Marilyn Monroe fino ai lavori per i mostri sacri del rock and roll e per le copertine degli album più importanti della storia della musica, come la banana del primo album dei Velvet Underground, che fuori è gialla ma dentro (ovviamente) rosa, o la patta molto generosa dei jeans di Sticky Fingers dei Rolling Stone, originariamente dotata di vera zip per i più curiosi. Tutti oggetti di culto tra collezionisti: Andy era così, coltissimo e furbacchione. Sapeva benissimo come trasformare la banalità delle cose di tutti i giorni e delle riproduzioni seriali in oggetti di venerazione e quindi in oggetti di valore artistico. Il metallo rude in oro. Definirlo alchimista, come nel titolo della mostra, non è un caso: Warhol operava una trasmutazione, trasformando l’immagine senza senso del prodotto di consumo o dell’icona del cinema in un’immagine senza tempo e piena di significato e attrattiva: non a caso, quando andiamo a vedere le mostre dell’artista, di fronte a questi enormi Elvis e Liz dai colori saturati, riusciamo a credere addirittura in una certa sacralità dell’oggetto, quasi fossero santi raffigurati in pittura.

Andy Warhol, Ladies and Gentlemen, 1975, acrilico su tela, 35.2x28 cm. Courtesy The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts

Andy Warhol, Ladies and Gentlemen, 1975, acrilico su tela, 35.2×28 cm. Courtesy The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts

LADIES AND GENTLEMAN DI WARHOL

Sono esposte in mostra anche le opere della serie Ladies And Gentlemen, realizzata nel 1975 su suggerimento dell’italiano Luciano Anselmino ed esposta, per la prima volta, a Palazzo dei Diamanti di Ferrara nello stesso anno: qui Warhol abbandona per un momento i volti dei personaggi famosi e decide di ritrarre alcune drag queen che gravitavano intorno alla Factory. È qui che l’alchimista, donando la celebrità mondiale a volti già marginalmente conosciuti (Holly Woodlawn qui ritratta era musa di Lou Reed e ispirò Walk on the Wild Side), attua una sua personalissima rivoluzione sessuale, in cui la diversità diventa arma contro i pregiudizi e i passatismi. Farlo a Ferrara, piccola città italiana, deve averlo divertito moltissimo.

Andy Warhol, Liza Minelli, 1978, screenprint on paper, 121.9x111.7 cm. Courtesy The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts

Andy Warhol, Liza Minelli, 1978, screenprint on paper, 121.9×111.7 cm. Courtesy The Andy Warhol Art Works Foundation for the Visual Arts

IL FILM WOMEN IN REVOLT

Infine, nei mille spunti di questa bella mostra merita un accenno la proiezione del film Women in Revolt, del 1971. Il film è una satira sul movimento di liberazione delle donne raccontata dal trio transgender composto dalla già citata Woodlawn, Candy Darling e Jackie Curtis. Nonostante Andy si fosse beccato una pallottola da Valerie Solanas nel 1968 proprio per le sue dichiarazioni sulle transgender come “testimonianza vivente di come un tempo volevano essere le donne”, non ha rinunciato a fare un film in cui, nonostante prenda amabilmente in giro il movimento ultrafemminista, è riuscito a trasformarlo in oggetto di vera protesta culturale, perfettamente riuscita: con Andy l’alchimista tutto è possibile.

‒ Tommaso S. Monorchio

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Tommaso Monorchio

Tommaso Monorchio

Tommaso Sante Monorchio (1983) vive a Milano. Laureato in Storia dell’Arte con un Master in Marketing delle Imprese Culturali, lavora dal 2008 con case editrici specializzate in arte italiane e internazionali, come editor, traduttore e art writer. Tra le collaborazioni:…

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