Trevor Paglen e la tecnologia del riconoscimento facciale. A Manifesta 12

Il Palazzo Ajutamicristo ospita una piccola raccolta di stampe fotografiche, che sintetizza la ricerca di Trevor Paglen su un tema fortemente attuale: la tecnologia del riconoscimento facciale usata come sistema di sorveglianza.

Manifesta 12. Trevor Paglen. Palermo, 2018
Manifesta 12. Trevor Paglen. Palermo, 2018

Tra gli eventi di Manifesta 12 c’è pure questa micro esposizione. Micro perché si tratta in tutto di dieci stampe fotografiche in formato ridotto, strette l’una vicino all’altra al centro di una parete non allestita, più una gigantografia su lastra di vetro sulla parete a fianco. Se l’esposizione è micro, il tema trattato invece è macro: la ricerca contemporanea nel settore delle tecniche di riconoscimento facciale. L’autore è Trevor Paglen (1974), nativo del Maryland, che ora si divide tra New York, San Francisco e Berlino. Paglen ha il pallino dei sistemi di sorveglianza digitale e di tutto quello che ha a che fare con le tecnologie di origine militare: droni di guerra, satelliti, stazioni di intercettazione, basi militari, prigioni della Cia. Nel 2014 ha fotografato la sede della NSA – National Security Agency, che nessuno aveva mai più ritratto dopo gli Anni Settanta.
La ricerca sulle tecnologie riguardanti il riconoscimento facciale è iniziata a metà degli Anni Novanta per ordine della Defense Advanced Research Projects Agency. Già all’inizio del decennio le autorità militari avevano istituito il FERET, database in grado di raccogliere decine di migliaia di fotografie di persone, la maggior parte delle quali impiegate presso una base militare proprio nel Maryland.

Manifesta 12. Trevor Paglen. Palermo, 2018
Manifesta 12. Trevor Paglen. Palermo, 2018

CONTROLLO DI MASSA

Ma il riconoscimento facciale è divenuto una tecnica di controllo di massa anche in Cina; qui l’invasività degli almeno 176 milioni di telecamere in funzione nei luoghi pubblici ha fatto un salto di qualità proprio grazie a questa tecnologia.
A Shanghai, uno degli utilizzi più innovativi è quello sui passaggi pedonali: chi cammina fuori dalle strisce in alcuni incroci viene automaticamente riconosciuto e il suo volto appare su videoschermi adiacenti, come forma di pubblica censura, a cui si aggiunge il pagamento di una multa. Nei bagni del Tempio del Cielo di Pechino, il riconoscimento serve a evitare furti di carta igienica. Alcune banche hanno già equipaggiato i loro bancomat con la nuova tecnologia, destinata nel tempo a sostituire le carte bancarie e ci sono compagnie aeree che la usano per l’imbarco al posto dei boarding pass. Qualcosa del genere avviene pure nei pronto soccorso di alcuni ospedali. Il pericolo di alimentare una vera e propria distopia, insito in queste tecnologie, non è però soltanto un’invenzione del partito comunista al potere. Il riconoscimento facciale è stato promosso qui soprattutto con finalità commerciali dai colossi cinesi della tecnologia, come Alibaba o Baidu.

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Trevor Paglen

IL FUNZIONAMENTO

Ma come funziona esattamente questa tecnologia? Il riconoscimento facciale consente di identificare un individuo specifico all’interno di un gruppo di persone, attraverso un algoritmo che analizza un alto numero di immagini di quella persona, ne produce una media visiva e la concretizza nel “modello di faccia” dell’individuo indagato. Da questo momento il modello acquisito diviene lo strumento per analizzare, confrontare e reperire qualsiasi altra immagine del viso di quell’individuo.
Paglen a Palermo espone undici ritratti che sono in realtà astrazioni matematiche, agglomerati di numeri che l’occhio umano legge invece come riproduzioni di volti reali.
Le opere di Paglen esposte a Palazzo Ajutamicristo fanno parte della collettiva Out Of Control Room. Stanno appese al terzo piano senza uno straccio di indicazione per arrivarci. Ma Manifesta 12 è fatta così, Palermo è una città fatta così e Palazzo Ajutamicristo pure: se non ti inquieti, tutto questo ha una sua coerente magia.

Aldo Premoli

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AutoreTrevor Paglen
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Aldo Premoli
Milanese di nascita, vive a Noto e Cernobbio. E poi New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e fornisce consulenze ad aziende e associazioni industriali italiane e straniere. Ha tenuto conferenze in tre continenti per Ice, Anci e Aimpes e curato esposizioni che fanno da ponte tra arte e moda. Tra il 2013 e 2014 dirige “Tar magazine”, rivista di arte, scienza ed etica. Attualmente è blogger di “Huffington Post”, columnist de “Linkiesta” e direttore della piattaforma hyper local "SudStyle". Curatore indipendente di mostre che fanno da ponte tra arte e scienza. In Sicilia ha fondato “Mediterraneo Sicilia Europa onlus”, in Lombardia “La Cernobbina Art Studio”. Svolge attività di visiting professor per accademie del nord come del sud della Penisola.