Prima ispezione e ricerca sul campo: sui blocchi di pietra provenienti da cave e case abbandonate a risaltare sono fratture e tagli. Zaelia Bishop (Roma, 1977) vi traccia i limiti ultimi, poli ideali di innumerevoli tragitti storici possibili. Delimitazioni manifeste, facili da individuare. A restare oscure sono invece le denominazioni. Da un insieme di materiali di recupero, ciascuno con le sue origini, si arriva a un tutto nuovo che mostra ferite e colori, l’inizio di un’altra storia senza mito di fondazione.
Il confine cronologico ha nella grafite il suo contraltare terreno, incastonata nel legno offre l’intuizione di coordinate perdute. La frontiera è in continua evoluzione, le linee certe e stabili sono tali fino a quando non mutano le condizioni che le hanno determinate. Opere inerti come nuova realistica categoria interpretativa, a riconfigurare l’idea di tempo e il senso dello spazio. Unità temporali e stratigrafiche, connessioni tra distruzione, costruzione e visione.
‒ Raffaele Orlando