Tra botanico e onirico. Pablo Mesa Capella a Torino

Gruppo Glebb & Metzger, Torino ‒ fino al 25 maggio 2018. Due sfumature di uno stesso principio regolatore; due declinazioni di una personalità affascinante che mira all’universalità del naturale. Questa è la sintesi delle opere esposte a Torino dall’artista spagnolo.

Pablo Mesa Capella (Malaga, 1982) arricchisce lo spazio della sede torinese del Gruppo Glebb & Metzger con due opere. Natura Onirica rivisita il memento mori sulla scorta dell’esperienza scenografica di Capella, spezzando la bidimensionalità della pittura per costruire piccoli “teatri-mondi” dentro a campane di vetro, a metà tra il reliquiario e il plastico. Gli elementi all’interno sono oggetti prima accumulati e in seguito studiati e assemblati con cura maniacale fino a creare composizioni apparentemente surreali che custodiscono nostalgie, memorie e opinioni individuali restituite alla collettività.
È il riscatto dell’oggetto a creare la narrazione teatrale. Ogni campana ha un tema; quello principale è la memoria individuale che diventa memoria collettiva. Alcuni lavori hanno collegamenti con fatti di cronaca e politica; altri si riferiscono a immaginari universali, letterari e mitologici. Ognuna ha il suo stile e ogni spettatore può trovarvi una narrazione personale”, dichiara l’artista.
Aqua Botanica è la vera protagonista della mostra. La nuova installazione classifica con eleganza e precisione la flora dei parchi e delle strade di Torino, traducendola in un sermo quotidianus di fulminea immedesimazione. L’acqua, elemento naturale per eccellenza, viene racchiusa in buste di plastica, elemento di manipolazione umana che soffoca il fiore, simbolo di vita ed essenzialità, in una sorta di purificazione all’inverso.
È un gioco per sofisti: provo a trattenere il tempo “imbustando” questi elementi naturali pur consapevole che non esista modo di fermare il divenire del tempo. È un’installazione da vedere giorno per giorno, per la sua costante variazione: alcuni fiori deperiscono in un modo, altri macchiano l’acqua, altri ancora perdono corpo e colore rimanendo struttura di nervi senza più materiale vivo. L’acqua dà vita ma è anche dissolvente. Nella sua semplicità, l’opera parla di vita, morte e trasformazione materica”.

‒ Federica Maria Giallombardo

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo

Federica Maria Giallombardo nasce nel 1993. Consegue il diploma presso il Liceo Scientifico Tradizionale “A. Avogadro” (2012) e partecipa agli stage presso l’Assessorato alla Cultura della Provincia di Biella (2009-2012). Frequenta la Facoltà di Lettere Moderne presso l’Università degli Studi…

Scopri di più