Epopea Villa Croce a Genova, la lettera aperta di due galleriste dopo la chiusura del museo

Due galleriste genovesi scrivono una lettera aperta in cui raccontano le vicende che hanno interessato il museo negli ultimi anni, fino alla recente notizia della sua chiusura al pubblico. Con riflessioni sul futuro dell'istituzione genovese

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera aperta scritta da Antonella Berruti e Francesca Pennone, galleriste della Pinksummer Contemporary Art di Genova. La lettera è una riflessione sugli ultimi avvenimenti che hanno interessato Villa Croce, museo d’arte contemporanea genovese che lo scorso 18 gennaio ha chiuso le sue porte al pubblico – fino a data da destinarsi – a causa dei non più sostenibili costi di gestione e lo scarso afflusso di visitatori denunciati da Open S.r.l., società concessionaria che gestisce i servizi del museo. Fatti, questi, accaduti dopo solo pochi giorni di insediamento del nuovo curatore del Museo, Carlo Antonelli, giornalista ed ex direttore di riviste come Rolling Stone, Wired e GQ, arrivato a Genova dopo aver vinto il bando di selezione lanciato dalla Fondazione Palazzo Ducale nel maggio 2017.

“La realtà ha superato certo la nostra immaginazione rispetto a quanto sarebbe potuto accadere al Museo d’arte contemporanea di Villa Croce di Genova, nel momento in cui posizionammo una petizione in rete alla fine del 2010, in vista del pensionamento, previsto per l’anno successivo, di Sandra Solimano direttrice del museo dal 2003 e vice da sempre di Guido Giubbini, che diresse il museo fin dal febbraio del 1985, anno di apertura di Villa Croce, quale museo comunale di arte contemporanea. La petizione era volta a richiedere all’amministrazione un “banale” concorso pubblico che affidasse la guida artistica del museo a un curatore qualificato dietro presentazione di un progetto e di un curriculum che ne certificasse l’esperienza sul campo, almeno nazionale.  Ci vergognammo persino un poco a fare una richiesta così ovvia riguardo al curriculum, in un documento che traducemmo anche in inglese. Magari capita ovunque, ma qui a Genova sappiamo per certo, che non si deve dare niente di niente per scontato sintantoché per dirla con David Lynch, nulla è come appare e la logica ermeneutica rispetto a un progetto si spinge così in là circa il limite, da trasformarlo spesso in un paradosso.  Capimmo di esserci infilate in un ginepraio quando, dopo un paio di settimane dalla nostra boutade della petizione, Solimano diede le dimissioni dichiarando che ben l’80% del budget annuale di programmazione le era stato sottratto dall’Amministrazione, lasciandole a disposizione per l’anno successivo circa 20 mila euro.

Villa Croce, Genova

Villa Croce, Genova

LE VICENDE DI VILLA CROCE

Scoprimmo infatti che l’arte contemporanea, in auge fino a qualche anno prima, non tanto rispetto ai contenuti quanto a fantasiosi contenitori, era caduta in disgrazia e, se il sindaco Vincenzi nel 2008 vagheggiava un polo museale contemporaneo a Erzelli, che nei racconti assumeva quasi le proporzioni della Tate Modern, all’inizio del 2011 scoprimmo da un articolo pubblicato dal “Secolo XIX” che la stessa giunta stava dialogando con la Multicon Holding  per valutare l’eventuale cessione di Villa Croce e del suo parco a quest’ultima.  La Multicon Holding, il Gruppo Liguria Infrastrutture – Consorzio Regionale Grandi Opere, si stava destreggiando per la costruzione di un parcheggio sotterraneo nel parco della villa e in cambio si offriva per la gestione pluriennale del museo, necessitato a restare Museo a causa di un vincolo imposto dalla donazione dell’edificio e del suo giardino al Comune di Genova da parte della famiglia Croce.  Quando ci trovammo sul sito della Multicon Holding esistevano già i rendering del progetto, nei quali l’interno del museo, non più dotato di biblioteca, ma di bookshop e caffetteria, presentava dipinti a parete e sculture su plinti che ci rimandarono immediatamente alla “Walt Disney Series” anni ’80 di Bertrand Lavier, ispirata a un racconto contenuto nel celebre giornalino a fumetti disneyano, in cui Topolino e Minnie si trovavano in visita nel museo di arte moderna di Topolinia.

DOPO IL BANDO. L’ARRIVO DI ILARIA BONACOSSA

La storia di Villa Croce con il primo bando, a cui pervennero più di 60 progetti di altrettanti curatori, e la successiva nomina di Ilaria Bonacossa sembrava virata verso lidi se non proprio gloriosi quantomeno possibili: erano stati trovati gli sponsor che garantivano per due anni il budget relativo alla programmazione e lo stipendio del curatore, tra i quali la Fondazione Garrone, allora presieduta da Riccardo Garrone e diretta da Paolo Corradi, che percepirono sensata la nostra petizione basata sulle competenze, offrendosi come capofila per dare un supporto economico. L’Amministrazione comunale ai tempi del primo bando mantenne la gestione ordinaria del museo che tra stipendi del personale, bollette della luce, del telefono etc, etc ci dissero si aggirasse sui 5/600 mila euro. Purtroppo la Fondazione Garrone dopo due anni o tre, con la perdita del suo fondatore e presidente Riccardo, e con il subentro di Alessandro, decise di abbandonare il progetto di Villa Croce; accadeva nel 2015. D’altra parte anche altri sponsor come Coeclerici, Carige, Costa Crociere ammainarono. Con l’intento probabilmente di riportare la Fondazione Garrone a reinvestire nel museo, l’assessore alla Cultura Carla Sibilla dell’amministrazione Doria, accanto al presidente della Fondazione per la Cultura di Palazzo Ducale  Luca Borzani permisero, stilarono e promossero di concerto con la Fondazione Garrone  un bando per la gestione dei servizi del museo che prevedeva la presentazione di un progetto da parte di giovani laureati  e un master gratuito e  qualificato di management per i beni culturali di 10 settimane,  finanziato  dalla stessa fondazione Garrone. Per i vincitori del bando, la Fondazione Garrone mise in palio un premio start up di 50mila euro spalmati su 18 mesi e l’Amministrazione comunale, per fare la sua parte, con uno spiccato azzardo, offrì come “trofeo” la gestione del museo di Villa Croce per i giovani laureati meritevoli, con l’esperienza del master gratuito qualificato di 10 settimane sulle spalle e null’altro. Nel frattempo, come spesso accade quando si ha l’opportunità di affiancare gomito a gomito la curatela di un professionista, si era creato intorno a Ilaria Bonacossa un gruppo di giovani, altrettanto professionali, su base anche volontaria, assistenti curatori e allestitori, che senza usare termini roboanti alla Silicon Valley, si trovano ora a occupare ruoli di rilievo in altri musei al fianco di curatori di fama internazionale.

LA GESTIONE DEL MUSEO

Intanto, il giorno dopo la vittoria del bando da parte di Open srl, l’amministrazione comunale alzò le tende dal museo tra i fasti e le fanfare della stampa locale. Lasciando nel museo pubblico la start up Open srl, che mai aveva gestito un bel niente, nemmeno un festival, e la “governance” a Francesca Serrati, la funzionaria direttiva del Comune, come ultima sentinella a guardia sul deserto dei tartari. Attualmente in città si vocifera che la nuova giunta comunale, capitanata dal sindaco Bucci, in questa fase tipica di epurazione che segue purtroppo tutti i cambi cromatici, voglia trasferire anche Serrati lontano dal museo. In questo senso, apprezzammo Luca Bizzarri (peraltro ci accorgiamo ora scrivendo che ha le medesime iniziali di Luca Borzani), che quando fu nominato presidente di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, seppure con lo humor di “Camera Cafè”, durante la conferenza stampa tese a stabilire subito una continuità rispetto alle manifestazioni varate durante la precedente presidenza.

Carlo Antonelli

Carlo Antonelli

L’ARRIVO DI CARLO ANTONELLI

Nel frattempo il secondo bando per la curatela del museo vinto dal progetto di Carlo Antonelli e Anna Daneri, il cui subentro è avvenuto nei primi giorni dell’anno in corso, presentava un budget per la programmazione di parecchio decurtato rispetto al 2012, nonostante l’associazione no-profit Amici di Villa Croce si fosse trovata a subentrare a supporto del concorso, in vece di ben due main sponsor dediti ai bandi gestionali per start up stra-sperimentali giocati sulle spalle del museo di arte contemporanea di Genova. Della Open srl sappiamo che hanno reintrodotto subito, anche in occasione di conferenze finanziate da altri, il biglietto di ingresso, che organizzano pranzi per comunioni e anche per matrimoni, che hanno sovrapposto una propria proposta curatoriale negli spazi del piano terra andandosi a sovrapporre, seppure a un piano inferiore, alle scelte del curatore preposto, che in agosto chiudono il museo per ferie e che lamentano pochi visitatori paganti rispetto alla ricaduta economica sulla loro società e, ancora, che per protesta possono decidere di tenere chiuso un museo pubblico riconsegnando le chiavi al Comune senza alcun preavviso. Dal canto suo, il Comune, invece di revocare la gestione alla società Open srl con decorso immediato, sembra stia valutando di decidere per l’esilio di Serrati.

LA CHIUSURA DEL MUSEO

Sperando che qualcuno racconti al nuovo assessore alla cultura Elisa Serafini, che si è prontamente prestata a aprire il museo durante la protesta della Open srl, che la collezione di oltre 4000 opere di Villa Croce, con cui tutti si riempiono la bocca, non è esattamente il tesoro prezioso che può trasformare il museo nello scrigno dell’esposizione permanente, giacché buona parte della collezione, va detto, è costituita da opere di artisti assai poco conosciuti. Alle tre signore della Open srl verrebbe da dire che vincere il bando indetto dalla Fondazione Garrone non è stato come vincere un appalto per la fornitura di servizi in cambio di un corrispettivo pecuniario e che è noto da studi economici che neppure musei del calibro del Moma o del Pompidou si mantengono con la vendita del biglietto d’ingresso. Vincere un bando come quello che hanno vinto, implica un grande rischio di impresa e una altrettanto grande responsabilità: significa innanzi tutto riconoscere il direttore artistico, anche se fosse antipatico/a, lavorare sodo e anche di più per aiutarlo a trovare sponsor e donors, perché la programmazione del museo possa attingere a nuove risorse ricadendo economicamente dopo tanta o almeno dopo un poco di strada anche sui loro bilanci. E infine ci piacerebbe dire alle tre imprenditrici di Open srl di ritenersi fortunate per essersi meritate un’esperienza sul campo che poteva piovere sulle loro teste solo dal cielo addensato di scirocco che a volte sovrasta Genova. A Carlo Antonelli e Anna Daneri auguriamo che possano concentrarsi con serenità sulla programmazione del museo di Villa Croce di Genova, per la cui direzione artistica hanno vinto un bando nazionale. A tutti vorremmo, infine, ricordare che Villa Croce è un museo pubblico e che i privati sono subentrati solo per supportare l’Amministrazione comunale rispetto all’impoverimento dei fondi destinati alla cultura e alla ricerca, che sta sclerotizzando l’Italia intera. 

Antonella e Francesca

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Redazione

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