L’iconografia di Angela Maria Antuono (Caianello, 1966) si alimenta di una conoscenza e di una consapevolezza della fotografia di interesse antropologico che in Mario Giacomelli, Cecilia Mangini e Annabella Rossi rispecchiano i motivi del bianco e nero pungente, di corpi e di paesaggi che diventano riflessione sociale e visiva dell’Italia del dopoguerra. Antuono indaga la realtà subalterna di Caianello, luogo ai margini, depositario nel sud di riti, di miti e di culti antichi, ancora oggi perpetuati nel tempo ancestrale dalla festa. La fotografa restituisce, attraverso questi fotogrammi, frammenti di vita, sorrisi anonimi di giovani e di vecchi stanchi, di donne sedute nei cimiteri assolati o ritratte in casa davanti ai simulacri del dolore. Il senso del tempo in queste istantanee si tramuta nell’attesa perpetua, in una alterità funerea sospesa in un intervallo melanconico di vita silenziosa. La complessità del bianco e del nero, come lente di ingrandimento nel fissare i tasselli di vite che furono, pone il fruitore in un contatto diretto ma lento, quasi come in un ricordo sbiadito che appartiene al tempo complesso della memoria.
‒ Fabio Petrelli