Il Foro di Augusto: una ricchezza sepolta sotto uno stradone fascista

Una grande arteria urbana, concepita per le parate di Regime, oggi divide l’area dei Fori in due metà, coprendo tracce fondamentali della civiltà romana. È finalmente giunto il momento di ricucire l’Area Archeologica Centrale di Roma?

In questi giorni si fa un gran parlare dell’opportunità di riqualificare o di lasciare intatta il nastro di strada una volta chiamato pomposamente “Via dell’Impero”, e oggi Via dei Fori Imperiali, anche se forse sarebbe meglio chiamarla “Via Spaccafori”, dato che quella sorta di passerella che si erge a metà tra i Fori Imperiali e il Foro Romano copre un’area di enorme interesse archeologico. In particolare, cela gran parte di uno dei monumenti più importanti dell’antica città imperiale, un elemento chiave di quello che Mary Beard, autrice del best seller di divulgazione storica SPQR. A history of Ancient Rome, definisce il “Modello Augusteo”: il Foro di Augusto.

L’importanza storica del Foro di Augusto

Com’era fatto il Foro oggi possiamo solo immaginarlo, dato che gran parte dei portici sono ancora nascosti sotto la via dei Fori Imperiali. Secondo la suggestiva ricostruzione di Paul Zanker (Il Foro di Augusto, Palombi Editori, 1984), davanti al tempio erano presenti due esedre contrapposte: in una era raffigurato Enea circondato dai suoi discendenti, dai re “troiani” di Alba Longa alle grandi personalità della Gens Iulia fino ad arrivare a Giulio Cesare, padre adottivo di Ottaviano Augusto, mentre nell’altra era presente Romolo circondato dalle grandi figure repubblicane. Nei portici laterali (oggi sepolti) erano presenti delle statue o dei busti di grandi governanti romani e davanti al tempio doveva sorgere una quadriga.
Era una sorta di museo di storia patria ante litteram, forse uno dei primi mai concepiti con questo spirito “divulgativo” (e al tempo stesso propagandistico, non meno dei grandi musei nazionali sorti nel XIX secolo) in cui ogni romano poteva riconoscere, comprendere e confrontarsi con l’epica nazionale. Il programma era quello di legare il nuovo regime post-repubblicano con un linguaggio artistico così sfavillante da non lasciar dubbi sulla legittimità della nuova figura del princeps inter pares al potere.

Foro di Augusto (ricostruzione), Roma. Photo Altair4.com
Foro di Augusto (ricostruzione), Roma. Photo Altair4.com

Il Foro di Augusto: la politica come arte

Secondo l’archeologo spagnolo Nestor F. Marques, popolare divulgatore su Instagram e Youtube e vero e proprio influencer dell’antica Roma, il Foro di Augusto era una sorta di “Walk of Fame” di epoca augustea. La grande studiosa Mary Beard e John Henderson, nel loro manuale Classical Art: From Greece to Rome, descrivono il Foro di Augusto in questi termini: “sin dagli Anni Sessanta, e in particolar modo grazie all’entusiasmo del visionario e storico dell’arte Paul Zanker, il Foro di Augusto è stato presentato come il monumento definitivo per comprendere il potere delle immagini nell’Impero Romano[…] Il merito di Zanker fu quello di coniugare la documentazione letteraria con le prove archeologiche, e in questo modo riuscì a resuscitare il ‘programma’ artistico originario. Il suo lavoro dimostrava che il Foro di Augusto fu pensato per rappresentare il paradigma della cultura politica augustea, fu calcolato ogni elemento per innalzare un monumento in cui l’estetica e l’ideologia si fondessero perfettamente, erano una sintesi armoniosa di orgoglio civico, potere autocratico e perfezione artistica.
Esattamente come Plinio lo descrisse: la materializzazione perfetta della politica come arte
”.
Mary Beard, comparando l’importanza simbolica del monumento con un altro capolavoro dell’antichità come l’Altare di Pergamo, riferisce le parole che Ovidio dedicò al Foro nel libro V dei suoi Fasti. Qui il poeta si immagina che sia lo stesso dio Marte a contemplare la piazza del foro aprirsi di fronte a sé dal frontone del tempio su cui campeggia la sua immagine:
[Marte] Vede da una parte Enea carico del sacro peso; e tanti avi dell’illustre Casa di Giulio [Gens Iulia].
[Marte] Vede dall’altra il figliolo d’Ilia [Romolo] portare sulle spalle le armi del condottiere
[Acrone]; e nelle iscrizioni le chiare gesta degli eroi poste sotto le loro statue.
[Marte] Ammira anche il tempio la cui facciata è ornata con il nome di Augusto,
e leggendo anche quello di Cesare, l’opera gli pare ancora più grandiosa.

Foro di Augusto, ipotesi di Braccalenti, ricostruzione Meneghini, 2009
Foro di Augusto, ipotesi di Braccalenti, ricostruzione Meneghini, 2009

La costruzione di Via dei Fori Imperiali

Eppure questo straordinario monumento, che con le sue esedre ha influito su ogni altro foro successivo, in particolare lo straordinario Foro di Traiano, è oggi in parte seppellito al di sotto della Via dei Fori Imperiali. Già, questo fenomenale complesso archeologico è oggi invisibile, e chissà quante figure sono ancora oggi sepolte dallo stradone di epoca fascista. Come esemplificato nel classico volume del 1979 Mussolini urbanista. Lo sventramento di Roma negli anni del consenso del grande intellettuale e giornalista e archeologo Antonio Cederna, la volontà di creare una Roma “cartapesta” del Fascismo rese davvero un pessimo servizio all’area archeologica centrale di Roma, di fatto dividendo l’area dei Fori Imperiali in due, lasciando da un lato il Foro di Cesare, parte del Foro della Pace (altrimenti noto come Foro di Vespasiano) e del Foro di Nerva (Foro Transitorio, o Colonnacce), e dall’altro lo spettacolare Foro di Traiano, ancora parzialmente coperto. Era davvero difficile riuscire nell’impresa di concepire una strada in un luogo archeologicamente peggiore di questo. Eppure all’epoca, come espresso già dalla triste vicenda della Collezione Barberini, la cui dispersione fu addirittura incoraggiata dal “nazionalista” Mussolini nell’ottica di ingraziarsi l’appoggio della potente casata romana, agli intellettuali e ai funzionari della Soprintendenza non era concessa alcuna libertà di movimento al di fuori di quanto generosamente permesso dal Regime.

Il Progetto Fori di Cederna

Proprio il grande Antonio Cederna, assieme ad altre personalità come Giulio Carlo Argan, Italo Insolera, Adriano La Regina o il sindaco Luigi Petroselli, era sin dagli Anni Settanta un importante fautore della monumentale idea del Progetto Fori, che avrebbe permesso di recuperare la leggibilità completa dell’Area Archeologica Centrale e di scavare la parte forse più significativa dei Fori Imperiali, proprio dove sorgevano i portici (con statue dei grandi governanti romani? Lastricati di marmi?) dei Fori di Augusto, di Nerva e di Vespasiano. Secondo una celebre espressione di Cederna, sarebbe stato un grande parco archeologico “da Piazza Venezia all’Appia Antica”. Nel Foro di Augusto potrebbe ad esempio trovarsi ancora la statua di Enea, con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio, oggi nota solamente per una copia realizzata per la città Emerita Augusta, nella provincia di Hispania, meglio conosciuta con il nome di Merida in Estremadura. Il progetto venne presentato il 21 aprile del 1979 in Campidoglio alla presenza del sindaco (e grande storico dell’arte) Giulio Carlo Argan dall’archeologo Adriano La Regina, in occasione del 2732° anniversario del cosiddetto “Natale di Roma”.

Attico del portico con cariatidi e fregi di Giove Ammone (ricostruzione), Roma. Photo Altair4.com
Attico del portico con cariatidi e fregi di Giove Ammone (ricostruzione), Roma. Photo Altair4.com

Le recenti scoperte sul Foro di Augusto

Nel corso degli scavi avvenuti tra il 2004 e il 2007, proprio al Foro di Augusto è stata rinvenuta quella che parrebbe essere la traccia di una terza esedra sul lato sud-occidentale del complesso, che farebbe presagire, per la simmetria inerente al disegno del complesso, una quarta esedra sul lato opposto, così come suggerito dalle studiose Elisabetta Carnabuci e Laura Braccalenti nel loro articolo del 2011 “Nuove ipotesi per una rilettura del settore meridionale del Foro di Augusto”. In seguito alla realizzazione del Foro di Nerva, si presume che la quarta esedra sul lato sud-orientale sia stata eliminata. Questi ritrovamenti potrebbero portare a scoperte molto significative, ed evocare un monumento fenomenale della storia di Roma.

Thomas Villa

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