Pompeii Commitment. Il sito web di ricerca sull’arte contemporanea di Pompei

Sarà un progetto di ricerca che a partire da Pompei guarda alla sfera presente. Con il sogno di creare una collezione di arte contemporanea per il Parco Archeologico. Ne parliamo col curatore Andrea Viliani

Sembrano veramente lontani gli anni in cui si parlava del degrado e dello stato di abbandono del Parco Archeologico di Pompei, gli anni dei crolli delle splendide ville e dell’indignazione, gli aiuti, la commozione proveniente da tutto il mondo. Ve li ricordate? Oggi Pompei, dopo 6 anni di gestione di Massimo Osanna, è un organo vivo e pulsante, ha cancellato dall’immaginario collettivo quella percezione negativa e si è fatto promotore di nuovi progetti. L’ultimo nato è pompeiicommitment.org, la piattaforma ideata nel 2017 proprio da Osanna, con Andrea Viliani, al tempo alla guida del Madre di Napoli, oggi Responsabile del Research Institute del Castello di Rivoli, e curatore scientifico di questa iniziativa. Nato come progetto di ricerca, nel portale confluiranno liberi contributi (saggi, podcast) di artisti, intellettuali, scrittori, attivisti – oltre 50, provenienti da tutto il mondo -, in una logica di journalche da Pompei, dalla tradizione e dal passato lancia in chiave interpretativa nuovi segnali e indicazioni per il futuro. “Sulle pagine di questo che non è un sito web“, commentano congiuntamente Osanna e Viliani, “ma un portale, ovvero un tempo e uno spazio sottratti alla fretta e riconsegnati alla riflessione e al confronto, potrete anche esaminare da vicino i meravigliosi manufatti scoperti ogni giorno a Pompei e scoprire che Pompei non è solo un sito archeologico, ma anche un ecosistema naturalistico e paesaggistico, un museo diffuso e una rete di siti (Oplontis, Boscoreale, Scafati, Castellammare di Stabia)”. Verso una dimensione meno virtuale e più concreta con l’auspicio e il sogno di una collezione d’arte contemporanea per il Parco Archeologico. Viliani ci spiega, in questa intervista, cosa sarà e come funzionerà Pompeii Commitment. Materie Archeologiche.

Giulio Paolini, Senza titolo (Pompei), 2020, matita e collage su carta, 35 x 50 cm. © Giulio Paolini. Photo Luca Vianello, Torino. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

Giulio Paolini, Senza titolo (Pompei), 2020, matita e collage su carta, 35 x 50 cm.
© Giulio Paolini. Photo Luca Vianello, Torino. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

Che cos’è Pompeii Commitment?
Pompeii Commitment. Materie archeologiche è il primo programma dedicato all’arte contemporanea commissionato dal Parco Archeologico di Pompei ed è basato sullo studio e sulla valorizzazione delle “materie archeologiche” custodite nelle aree di scavo e nei depositi di Pompei. Il progetto è stato ideato da Massimo Osanna e da me nel 2017. Io ne sarò il curatore ma anche il “manutentore“, insieme a Stella Bottai(a cui devo l’intuizione di questa scelta) e Laura Mariano.

In che senso manutentore?
Abbiamo scelto insieme questa parola in base a quanto ci ha insegnato un’artista come Mierle Laderman Ukeles, autrice nel 1969 di un manifestosull’arte intesa come pratica della “manutenzione”, ovvero della cura quotidiana non solo dei manufatti ma anche del pensiero sull’arte, e quindi dell’esperienza dell’arte a partire dallo stato d’animo e delle occasioni di benessere, di riflessione, di incontro e di confronto che essa può trasmettere al suo pubblico, che per noi saranno i nostri lettori.

Come rientrerà l’arte contemporanea?
L’arte contemporanea è la ragion d’essere stessa di questo progetto. Ma, in questo progetto, che nasce ed è inteso come un progetto di ricerca (di cui Giulio Paoliniha immaginato gli immaginifici portali d’ingresso, nel suo contributo inaugurale e fondativo), essa esce dalla sua comfort zone, per così dire (non ci sono muri bianchi, niente mostre e inaugurazioni, nessuna opera), ed esplorare la sua natura di strumento di ricerca essa stessa, ovvero di forma di conoscenza e di esperimento in divenire. E per questo i contributi degli artisti – ma anche di curatori, scrittori, attivisti – non saranno “opere” digitali, ma elaborazioni liberee non predeterminate (non diamo, come curatori/manutentori, nessun vincolo per la loro concezione) che ci permetteranno di entrare nei metodi di lavoro, negli interessi, nelle preoccupazioni, nelle ragioni di rabbia o di entusiasmo, nelle visioni che gli artisti sviluppano nelle loro pratiche.  E questa possibilità è Pompei stessa, con la sua eccezionalità anche epistemica, ad averlo sollecitato e reso possibile.

Mierle Laderman Ukeles Washing / Tracks / Maintenance: Outside, 1973 Part of Maintenance Art performance series, 1973-1974 Performance at Wadsworth Atheneum, Hartford, CT © Mierle Laderman Ukeles Courtesy the artist and Ronald Feldman Gallery, New York

Mierle Laderman Ukeles
Washing / Tracks / Maintenance: Outside, 1973
Part of Maintenance Art performance series, 1973-1974
Performance at Wadsworth Atheneum, Hartford, CT
© Mierle Laderman Ukeles
Courtesy the artist and Ronald Feldman Gallery, New York

In che modo?
Qui nulla è predefinito ma è sempre possibile, nulla è singolare ma sempre plurale e co-dipendente e inter-connesso; qui, insieme ai visitatori umani, se osservi bene ci sono migliaia di insetti e animali che si aggirano qua e là, mentre fiorii e arbusti crescono sui resti di quella “materia archeologica” che un tempo era magnificente e intatta, ma che ancora adesso co-esiste nel sito, seppur corrosa e impregnata di altre forme, sostanze, esistenze. Qui l’arte può trovare un tempo e uno spazio per ridefinirsi come un sapere compartecipato e generativo, qualcuno direbbe multi-specie, ecologista, gender fluid. Ma non è solo Pompei a evocare tutto questo. E anche che cosa ci è già successo e che, in altre forme, ci sta succedendo di nuovo, o che rischia di succederci.

Questi sono infatti i temi del presente…
Nel 2020, mentre si parla nuovamente di fine (dell’Antropocene o simili espressioni), mentre moltitudini di corpi si mettono in movimento, la temperatura si innalza, le specie si riducono e alcune spariscono, l’A.I. è diventata una realtà, e nel mondo dilagano sempre più frequenti pandemie… ecco, proprio in questo anno così apparentemente eccezionale, come archeologo e storico d’arte contemporanea ci siamo chiesti: “ma come hanno fatto… una moltitudine di frammenti di terra, di pietra, di vetro, di metallo, mucchietti di polvere di colore, alberi fossilizzati e semi carbonizzati, grumi solidificati di materia liquida e gassosa, ossa e cavità con la forma di esseri umani e animali… a sovvertire i criteri della fine e dell’inizio, a trasformare la distruzione in rigenerazione, a cambiare la realtà, ipotizzandone e incarnandone un’altra?”. E lo potrebbero ancora fare?

Che risposte vi siete dati?
Più che risposte, con questo progetto vorremmo appunto provare a capire che cosa è accaduto, ma anche che cosa potrebbe ancora accadere. E per questo vorremmo tornare a Pompei con gli artisti, e provare a capirlo insieme a loro e a tutte e tutti coloro che vorranno prendersi cura di questo progetto collettivo e bastato sull’impegno (“commitment“). Perché da Pompei, è l’unica cosa che siamo abbastanza sicuri gli artisti ci confermeranno, è possibile trarre segnali e indicazioni per il proprio presente e il proprio futuro, non solo memorie del nostro passato. Ed è da qui che azzardiamo ad immaginare anche una nuova collezione di arte contemporanea per Pompei… con la curiosità di assistere a che forma e consistenza essa potrà e vorrà (ancora) prendere.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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