Non solo Transavanguardia. Tutto Mimmo Paladino in una mostra diffusa in Umbria 

Tre mostre, e non solo, celebrano l’intera carriera di uno dei più importanti artisti italiani, Mimmo Paladino. Il progetto, tutto compreso nei confini dell’Umbria, fa tappa a Perugia, Spoleto e Gubbio, presentando opere selezionate in collaborazione con il maestro e raramente esposte al pubblico

Luminarie scintillanti e coloratissime abbelliscono corso Vannucci a Perugia per il periodo natalizio: il loro design si deve a Mimmo Paladino (Paduli, 1948), e infatti si riconoscono subito alcune delle figure tipiche del suo linguaggio artistico, dalle caratteristiche teste alle mani, e poi le architetture ispirate alla città e le insegne esibite durante le cerimonie pubbliche perugine. Proprio all’artista di Paduli l’Umbria dedica ben tre mostre allestite in altrettante città, a partire da Perugia, dove alla Galleria Nazionale dell’Umbria l’allestimento si concentra sulle opere storiche, realizzate dopo il 1977, per ripercorrere poi gli esiti degli Anni Ottanta e giungendo all’età contemporanea. Ai lavori degli ultimi due decenni è, però, specificamente dedicata l’esposizione a Palazzo Ducale di Gubbio, mentre la maestosa Rocca Albornoz di Spoleto accoglie due grandi installazioni scultoree. Paladino stesso, insieme ai curatori Costantino D’Orazio e Aurora Roscini Vitali, ha contribuito attivamente alla scelta delle opere da esporre, molte delle quali sono inedite o mostrate solo una volta dall’epoca della loro realizzazione. 

Inaugurazione luminare di natale di Paladino in corso Vannucci a Perugia
Inaugurazione luminare di natale di Paladino in corso Vannucci a Perugia

La prima tappa: Mimmo Paladino alla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia 

Il 1977 ha rappresentato per Paladino un anno cruciale: dopo aver praticato, in anni giovanili, una personale versione dell’astrattismo, l’artista si ritira infatti dal contesto dell’arte impegnata e si allontana dalle tendenze minimaliste, concettuali e poveriste allora dominanti. L’obiettivo? Ritrovare la pittura. La mostra di Perugia prende il via proprio da questa svolta, di cui si fa portavoce Silenzioso, mi ritiro a dipingere un quadro, un dipinto realizzato su una tela standard, con colori tradizionali a olio e che, parafrasando le parole dello stesso artista, non deve né dire né raccontare né fare. Le numerose opere che si possono osservare alla GNU ripercorrono quindi una poetica ricca, che negli Anni Settanta manifesta in particolare l’interesse suscitato dalla Biennale del 1964, con la clamorosa presenza della Pop Art, il Leone d’Oro assegnato a Rauschenberg e l’irrompere del New Dada, a cui Paladino spesso si riferisce inserendo ad esempio nei suoi lavori materiali extra pittorici. 

Mimmo Paladino e la Transavanguardia 

Le ricerche che hanno fatto seguito all’adesione alla Transavanguardia sono invece illustrate da un cospicuo numero di opere, tra cui spicca Lampeggiante, con cui l’artista partecipò alla mostra Aperto 80 (a cura di Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann) che diede avvio al noto movimento. Ed è ancora negli Anni Ottanta che il maestro mette a punto un linguaggio popolato di figure o di parti di esse collocate in una dimensione magica – spesso anche ironica – e circondate talvolta da oggetti tratti dalla realtà che richiamano l’Arte Povera, mentre la tavolozza si accende grazie ai colori forti e ai bagliori dell’oro. La selezione – ricca di opere di grandi dimensioni – comprende inoltre alcune sculture e installazioni a testimonianza della complessità della ricerca di Paladino. Il percorso termina con un’appendice preziosa: nella sala 10 della GNU Mimmo Paladino ha coraggiosamente accettato di “sostituire” temporaneamente Beato Angelico: l’opera dell’illustre pittore rinascimentale è infatti in prestito a Palazzo Strozzi e a Perugia è rimasta la cornice novecentesca del polittico, che ora accoglie D’après Beato Angelico.   

In mostra a Gubbio i lavori più recenti 

Le nove opere di Gubbio, datate tra 2007 e 2025, documentano come Mimmo Paladino continui ancora oggi a rielaborare il suo alfabeto visivo, partendo sempre dal disegno e riuscendo a stabilire nuove connessioni tra linguaggi diversi della storia dell’arte. “Il lavoro di Paladino si conferma un crogiuolo di suggestioni, in cui riusciamo a ritrovare riferimenti classici intrecciati a proposte futuribili in uno straordinario equilibrio”, scrivono i curatori. Vi si riconoscono allora le forme del fregio, del trittico, del tondo, e poi i riferimenti alla cabala e alla smorfia, l’utilizzo della foglia d’oro e altri elementi ricorrenti nel contesto di una creatività inesauribile. 

Il gran finale a Spoleto con due opere emozionanti 

La salita alla Rocca Albornoz di Spoleto predispone a una fruizione delle opere d’arte riflessiva, che tocca il suo climax una volta entrati nella sala che accoglie i Dormienti. Queste 32 sculture in terracotta, ognuna diversa grazie agli interventi di destrutturazione o di aggiunta di Paladino, proiettano i visitatori nella dimensione del sonno, del riposo – eterno o meno, non è dato sapere – e aggirarsi tra questi personaggi rannicchiati scatena in ogni visitatore emozioni diverse, comunque forti. Contribuisce anche la “colonna sonora” appositamente realizzata da Brian Eno per la mostra di Londra del 1998. L’altro salone della rocca ospita, invece, l’installazione del 2006 realizzata da Paladino con i resti carbonizzati di numerose sculture usate dallo stesso artista, che in quell’occasione vestiva i panni di regista del film Quijote, una pellicola ovviamente ispirata al personaggio di Cervantes. I frammenti, rifusi in alluminio, si distribuiscono sulla parete bianca dando luogo a una composizione di parti anatomiche che evocano, come scrivono i curatori nel booklet che accompagna le mostre, il senso di rovina e le tracce frammentarie che restano al termine di un’esistenza. 

Marta Santacatterina 

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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