Provincia Cosmica. Il pittore Ettore Pinelli ci spiega perché ha scelto di tornare in Sicilia 

La rubrica “Provincia Cosmica”, dedicata agli artisti che lavorano ai margini del sistema, si è spostata verso sud per intervistare Ettore Pinelli, l’artista che ha scelto di lasciare Firenze per tornare nella provincia di Ragusa

La sua è una ricerca “antropologica” sugli aspetti più istintivi dell’uomo, decifrati attraverso un linguaggio pittorico conteso tra figurazione e astrazione. Ettore Pinelli(Modica, 1984) ha scelto l’entroterra siciliano come base per la sua ricerca. A Modica, in provincia di Ragusa, porta avanti la sua indagine artistica, sollecitando la comunità con mostre ed eventi ospitati nel suo studio. 

Intervista al pittore Ettore Pinelli 

Dopo l’Accademia di Belle Arti a Firenze, nel 2010, sei rientrato in Sicilia. La tua ricerca di artista “maturo” è nata qui, in un territorio splendido e culturalmente complesso. 
Il contesto culturale siciliano è caratterizzato da forti contraddizioni e, proprio in questa complessità, risiede la sua forza. Vivere e lavorare qui significa confrontarsi con una dimensione profondamente umana e stratificata, dove la storia, la luce e la lentezza si intrecciano con una rete culturale non ampia ma viva: poche gallerie, spazi pubblici e realtà indipendenti che, pur numericamente limitati, svolgono un ruolo importante e contribuiscono a mantenere attivo il dialogo artistico. Questo scenario diventa materiale di riflessione e permette una concentrazione diversa, più intensa, per affrontare un lavoro come il mio. La Sicilia ti costringe a misurarti con la realtà, con la sua bellezza e le sue difficoltà, ma ti offre anche una libertà rara: quella di costruire la tua traiettoria al di fuori delle mode e delle pressioni del mercato. Per me è stato naturale sviluppare qui un linguaggio più maturo, radicato nel territorio ma costantemente rivolto all’esterno, in dialogo con una dimensione più ampia. 

State of Things, Studio Ettore Pinelli, Modica (Rg), a cura di Studio[2]Project, Crediti Daniele Cascone
State of Things, Studio Ettore Pinelli, Modica (Rg), a cura di Studio[2]Project, Crediti Daniele Cascone

Cosa ti ha spinto a rientrare alla base? È stata una scelta consapevole, anche dei “rischi” che avresti corso lontano dalle possibilità che una grande città può offrire? 
Tornare in Sicilia è stata una scelta lucida, quasi necessaria. Dopo gli anni di formazione a Firenze sentivo il bisogno di un luogo in cui potermi radicare davvero, dove portare avanti la mia ricerca senza distrazioni o compromessi. Ero consapevole dei limiti di una realtà periferica, ma intuivo che il ritorno mi avrebbe permesso di lavorare con profondità e continuità, costruendo qualcosa di solido nel tempo. Lontano dalle grandi città ci si confronta spesso con sé stessi, con il silenzio e l’isolamento, ma è proprio questo che restituisce un rapporto più autentico con il lavoro. Nel tempo ho capito che quella scelta ha rappresentato l’origine di tutto: mi ha dato la possibilità di concentrarmi sul processo, più che sulla visibilità immediata. E oggi ne riconosco pienamente il valore. 

A 15 anni da quella scelta, quali sfide senti di aver dovuto affrontare rispetto al territorio? Cosa sei stato costretto a mettere da parte e cosa, invece, hai guadagnato in seguito al rientro? 
La sfida più grande è stata imparare a muovermi in un contesto in cui la struttura culturale esiste, ma non è ampia né articolata come nei grandi centri. Poche gallerie, poche istituzioni e occasioni di confronto meno frequenti: elementi che all’inizio possono sembrare un limite, ma che nel tempo mi hanno reso più autonomo e più capace di costruire relazioni e progetti con autenticità. Ho dovuto mettere da parte la fretta, la tentazione di “esserci” ovunque, per concentrarmi sulla qualità della ricerca. In cambio ho guadagnato radicamento, libertà e una comunità reale intorno a me: persone, luoghi, energie che oggi sono parte integrante del mio percorso. È un equilibrio fragile ma vivo, che continua a rigenerarsi e a trasformarsi nel tempo. 

Il rapporto di Ettore Pinelli con la comunità di Modica 

Essendo il tuo linguaggio la pittura, immagino che il rapporto con la comunità sia secondario, o quanto meno non funzionale alla tua ricerca. Che dialogo hai instaurato con la comunità modicana? 
Il dialogo con la comunità modicana è cresciuto in modo naturale, nonostante porti avanti una ricerca visivamente e concettualmente trasversale. Non è mai stato un rapporto forzato: si è sviluppato grazie a incontri, scambi e collaborazioni. Modica è una città sorprendentemente attiva dal punto di vista culturale, con una sensibilità che negli ultimi anni si è evoluta molto. Nel 2018, insieme a Francesco Rinzivillo, ho fondato Studio[2]: un progetto nato dentro i luoghi della produzione, gli studi d’artista, e oggi divenuto un vero progetto collettivo che accoglie energie eterogenee e coinvolge artisti e professionisti del territorio come Giovanni Blanco, Giuseppe Bombaci, Daniele Cascone, Giuseppe Giordano, Piero Roccasalvo RUB e Giovanni Viola. Accanto a questo nucleo stabile, negli anni abbiamo ospitato moltissimi altri artisti attraverso open studio, mostre e momenti di confronto: una presenza fluida che ha ampliato continuamente la rete di relazioni e reso lo spazio privato un luogo realmente aperto e dinamico. 

Fare squadra, dunque, è una strategia vitale per mantenersi attivi in un contesto così fragile…  
Credo che oggi il “fare squadra” non sia soltanto una scelta, ma una necessità. In territori dove le infrastrutture culturali mancano, la collaborazione diventa un modo per colmare i vuoti, creare continuità e mantenere vivo il desiderio di produrre. Studio[2] nasce proprio da questa esigenza: condividere spazi, esperienze, visioni, per costruire un sistema alternativo, indipendente ma credibile. Lavorare con altri artisti mi ha insegnato che il confronto non limita la propria identità, ma la rafforza. Quando un gruppo riconosce un orizzonte comune e lavora insieme, nasce una rete di fiducia che va oltre il singolo evento. È un modo per restare presenti, per alimentare la ricerca e generare un’energia collettiva che altrove sarebbe più difficile trovare. 

Vivere e lavorare in Sicilia nell’esperienza di Ettore Pinelli 

Dalle tue parole emerge un territorio fragile ma ricettivo. Qual è la risposta del pubblico alle attività del collettivo? In un territorio in cui dove il sistema (gallerie e istituzioni) non è molto presente, lo studio è ancora un luogo di dialogo e ritrovo? 
Negli ultimi anni abbiamo percepito una risposta sorprendentemente positiva. Il pubblico locale, ma anche quello proveniente da altre aree della Sicilia, partecipa con curiosità e attenzione, segno che esiste un desiderio reale di esperienze culturali autentiche. Studio[2] è diventato per molti un punto di riferimento: un luogo – anzi, dei luoghi – dove vivere l’arte da vicino, osservare i processi e dialogare direttamente con gli artisti. In un territorio dove il sistema culturale è presente ma non vasto, lo studio continua a svolgere un ruolo fondamentale: è un rifugio e al tempo stesso una piattaforma di scambio, un contesto in cui le idee possono circolare liberamente. La risposta del pubblico dimostra che, quando si costruiscono proposte sincere e di qualità, anche la provincia può diventare un centro pulsante di produzione e confronto. 

Alex Urso 

PROVINCIA COSMICA #1 – Giovanni Gaggia 
PROVINCIA COSMICA #2 – Elena e Alicya Ricciuto 
PROVINCIA COSMICA #3 – Denis Riva 
PROVINCIA COSMICA #4 – Angelo Bellobono 
PROVINCIA COSMICA #5 – Adinda-Putri Palma 

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Alex Urso

Alex Urso

Artista e curatore. Diplomato in Pittura (Accademia di Belle Arti di Brera). Laureato in Lettere Moderne (Università di Macerata, Università di Bologna). Corsi di perfezionamento in Arts and Heritage Management (Università Bocconi) e Arts and Culture Strategy (Università della Pennsylvania).…

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