L’artista Stefano Arienti dà nuova vita ai libri in una mostra a Parma 

A Palazzo Marchi la mostra di Stefano Arienti raccoglie il corpus dei suoi libri manipolati in un percorso che parla di metamorfosi e rigenerazione. Con installazioni inedite e opere storiche, l’allestimento riempie coraggiosamente lo spazio

Tutto nasce da un rapporto speciale che lega l’artista ai libri da cui si lascia affascinare. Prima li osserva e l’attimo dopo li immagina sotto una nuova luce e una nuova forma. Succede tutto in un istante nell’immaginazione di Stefano Arienti(Asola, 1961), artista tra i più importanti della scena contemporanea. E proprio a partire da quell’attimo, per quei parallelepipedi di carta inizia una vita nuova. La creatività di Arienti si trasforma in manualità e attraverso una serie di processi artistici libri, volumi, guide, ricettari, fumetti o enciclopedie vengono trasformati in opere che trascendono la loro funzione originaria per rinascere in una nuova dimensione estetica. Un vero e proprio gesto di metamorfosi che avviene attraverso traforazioni, pieghettature o cancellazioni e che richiama la ciclicità della natura e diventa metafora di vita, rigenerazione e resilienza. 

Enciclopedia, Coltivazioni erbacee, Palazzo Marchi_2025© photo Ela Bialkowska OKNO studi
Enciclopedia, Coltivazioni erbacee, Palazzo Marchi_2025© photo Ela Bialkowska OKNO studio

I “libri manipolati” di Stefano Arienti in mostra a Parma 

Per questo la mostra Coltivazioni erbacee, curata da Elena Bray e ospitata nelle sale settecentesche di Palazzo Marchi a Parma, diventa una sorta di viaggio tra le pagine che cambiano e si trasformano. Libri già esistenti, grazie alle mani dell’artista, germogliano in nuove opere d’arte come fossero piante che rinascono e che mutano. I “libri manipolati” di Arienti ci raccontano di quanta forza ci sia dietro al cambiamento e alla trasformazione. Di quanta poesia si nasconda dentro qualcosa che rinasce e di come poi ci ritroviamo assorti a riflettere sulle infinite chiavi che ci mette tra le mani l’arte contemporanea, invogliandoci ad aprire nuove porte e nuovi varchi. 

Stefano Arienti dagli Anni ’80 a oggi 

I libri manipolati di Stefano Arienti sono in origine oggetti già prodotti per il mondo e poi lavorati dall’artista attraverso tante tecniche differenti, le quali raccontano molto di lui e allo stesso tempo del milieux storico artistico di fine Anni ’80 e inizio Anni ’90, periodo in cui l’artista lombardo ha iniziato il suo lavoro. Momento in cui manipolazione e manualità avevano un peso importante nel fare arte, erede Arienti stesso di una tradizione dell’arte povera e della Transavanguardia, correnti artistiche che prestavano molta attenzione alla tecnica processuale.  

Il percorso della mostra di Palazzo Marchi a Parma  

Nella mostra ad ogni stanza è dedicato un tipo di manipolazione del libro differente rispetto alle altre e nelle didascalie delle opere, oltre al nome e ai materiali, si legge, appunto, anche il tipo di lavorazione che l’artista ha applicato ai volumi. Non appena si entra nel cortile di Palazzo Marchi, si viene accolti da un’installazione inedita di Arienti: un Orto dei libri, il primo mai ideato e creato dall’artista. Un’opera viva dove volumi di vario tipo sono stati perforati dall’artista con un trapano a colonna e disposti dentro una serie di cassettine di legno ai piedi e ai lati di alberi di lampone, di alloro, di kiwi o di vite, in un groviglio fiabesco che nelle sue trame coinvolge anche tronchi di quercia, platano, vigna o bambù.  Un’opera in continua trasformazione che dialoga con l’architettura splendida del Palazzo di Via Repubblica e che probabilmente l’artista riproporrà, rivisitata, anche in India, dove, gli è stata commissionata un’opera scultorea simile a questa. Nella seconda stanza del palazzo è esposto un elenco telefonico di Milano dove l’artista, pagina per pagina, ha cancellato con pittura murale parte delle informazioni. Un oggetto, l’elenco telefonico, che nelle nostre case non esiste più e che ci riporta in un passato non troppo lontano ma comunque perduto. Impossibile non riflettere, attraverso l’arte di Arienti, su come cambi il rapporto che abbiamo con le cose, tema centrale in tutta la sua poetica artistica.  

I libri cancellati di Stefano Arienti 

Un lavoro di meticolosa ripresa del passato che diventa materia viva con cui Arienti vuole parlare al presente. Ed è, di fatto, quello che avviene anche negli altri spazi del piano nobile del Palazzo dove sono esposti i libri cancellati, volumi con fotografie di forte impatto legate alla natura e agli animali, con pagine patinate da cui l’artista, manualmente, con una semplice gomma da matita, ha cancellato ogni parola lasciando soltanto le immagini. Accanto a questi un libro manipolato del 2007 con in copertina il viso di Albert Einstein in uno scatto iconico di Philippe Halsman tagliato in due parti con la trancia. Sempre attraverso l’utilizzo di questo strumento (che solitamente si utilizza per tagliare i tre lati di un testo), Arienti ha lavorato ad una serie di volumi di cui ha conservato soltanto la costa ed ha disposto i dorsi di questi volumi in una sorta di onda che rimanda a qualcosa di sonoro. La stessa opera, nel 2006, è stata esposta per la sua prima personale a New York  

Stefano Arienti e tanti altri artisti… 

Proseguendo nel percorso si arriva alla sala che ospita l’opera dal titolo Copertine italiane: e qui la tecnica utilizzata da Arienti è quella del collage. Un’installazione nata perché il visitatore dialoghi direttamente con questi oggetti. Su un grosso tavolo sono distribuiti un’ottantina di libri che non parlano di arte ma che posseggono una copertina un’immagine di un’opera d’arte a fine illustrativo e insieme dodici monografie di artisti che Arienti ha manipolato e mescolato. Un lavoro dalle scelte contenutistiche anche tanto ironiche. In un libro di Enzo Cucchi, ad esempio, tutte le immagini che riproducono le sue opere sono state ricoperte da immagini ritagliate da un volume che si intitola “Perché i gatti dipingono?” e il risultato ha fatto divertire moltissimo lo stesso artista marchigiano particolarmente colpito dall’idea di Arienti. Complessivamente, quello che esce da Copertine italiane, è una sorta di ritratto di famiglia dell’arte del nostro Paese del secondo Novecento. Un’opera che il pubblico è invitato con delicatezza a sfogliare, esposta in questo modo, con la possibilità di questa iterazione, soltanto una volta nel 1987 a Roma. 

L’allestimento della mostra “Coltivazioni erbacee” a Palazzo Marchi  

Il percorso della mostra si chiude con un’altra installazione di forte impatto visivo ed emotivo realizzata di recente dall’artista proprio pensando a Palazzo Marchi. Nella sala settecentesca delle danze è una nuova versione site-specific di Enciclopedia, opera che rientra tra i suoi lavori più iconici. Qui il libro viene pensato ed esposto come oggetto artistico e le enciclopedie di un tempo, oggetti che ormai appartengono al modernariato e da cui Arienti è sempre stato molto affascinato anche da bambino, dialogano con lo spazio stesso al punto, quasi, da mimetizzarsi. In un allestimento voluttuoso, dove il bianco della lana sul pavimento regna sovrano creando quasi un fiabesco effetto nuvola, ci si trova a camminare tra antico e moderno, nell’eterna sensazione di attraversare gli strati del tempo.  

Francesca Galafassi 

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