In villaggio di immagini della grande Nan Goldin all’HangarBicocca di Milano
La mostra itinerante della fotografa arriva all’Hangar e stupisce tutti con esperimenti di filmmaking e nuovi lavori in cui vince l’astrazione. Il grande spazio milanese ospita dei padiglioni che proteggono le opere più celebri di Nan Goldin in un percorso emotivo e visivo
Quando il visitatore sposta le tende per entrare nell’immenso ambiente dell’HangarBicocca, dove forse pensa di trovare le fotografie di Nan Goldin (Washington D.C., 1953), si trova di fronte al buio, in cui a fatica scorge numerosi padiglioni neri, appositamente progettati dall’architetta Hala Wardé per la mostra This Will Not End Well. Il visitatore è, così, condotto in un viaggio iconografico attraverso una sorta di villaggio in cui sono proposti gruppi di slideshow, che nella loro totalità sono il più grande corpus mai riunito dell’artista americana.

Tutta la grandezza di Nan Goldin
Nan Goldin è un’artista unica, straordinaria, come ci ha confermato il documentario del 2022 Tutta la bellezza e il dolore di Laura Poitras, vincitore del Leone d’oro di Venezia, in cui cogliamo Goldin nella sua autenticità e nella sua purezza ideologica. Qui l’artista, che durante tutto il suo cammino esistenziale ha lottato strenuamente, si batte contro la famiglia Sackler, proprietaria della Purdue Pharma, ritenuta responsabile dell’epidemia di oppioidi negli Stati Uniti.
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“This Will Not End Well”: andare oltre la fotografia a Milano
This Will Not End Well, questo il titolo della mostra organizzata dal Moderna Museet di Stoccolma in collaborazione con il Pirelli HangarBicocca di Milano, lo Stedelijk Museum di Amsterdam, la Neue Nationalgalerie di Berlino e il Grand Palais Rmn di Parigi. La mostra milanese, curata da Roberta Tenconi con Lucia Aspesi, è un’occasione assai interessante per confrontarsi per la prima volta con la Nan Goldin filmmaker. Coinvolgente è anche la parte musicale, con la presenza di Bleeding (2025), un’installazione sonora appositamente realizzata da Soundwalk Collective, che l’ha concepita in stretta collaborazione con l’artista.

Lo spazio dell’HangarBicocca risponde alle opere
Nel lungo tour europeo del quale la mostra all’Hangar fa parte, Goldin presenta i suoi due più recenti slideshow. Del resto, lei stessa ha affermato: “Ho sempre desiderato essere una filmmaker. I miei slideshow sono film composti da fotogrammi”. Ciascun padiglione è pensato come una risposta a un’opera specifica e tutti insieme formano un villaggio in cui si trovano The Ballad of Sexual Dependency (1981-2022), il suo capolavoro; The Other Side (1992-2021), un ritratto storico in omaggio alle amiche e amici trans, ritratti in scatti intimi e privati realizzati tra il 1972 e il 2010; e, poi, Sisters, Saints, Sibyls (2004-2022), una testimonianza sul trauma familiare e sul suicidio della sorella. Il cubo che ospita quest’opera all’Hangar richiama l’architettura de La Chapelle de la Salpêtrière di Parigi, luogo per cui era stata originariamente commissionata ed esposta nel 2004. Ma ancora: Fire Leap (2010-2022), incursione nel mondo dell’infanzia; Memory Lost (2019-2021), trip claustrofobico nell’astinenza da sostanze stupefacenti; e, infine, Sirens (2019-2020), viaggio nell’estasi della droga.
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La mostra di Nan Goldin all’HangarBicocca di Milano
È straniante, ma importante You Never Did Anything Wrong (2024), il primo lavoro astratto di Goldin, ispirato a un antico mito secondo cui un’eclissi sarebbe causata da degli animali che rubano il Sole. È una riflessione poetica sulla vita, la morte e i cicli naturali che collegano tutti gli esseri viventi. Un’altra opera che ci propone una ricerca diversa da quanto siamo abituati a vedere è Stendhal Syndrome (2024), in cui sei miti tratti dalle Metamorfosi di Ovidio si incarnano attraverso i ritratti delle amiche e degli amici di Goldin, in un dialogo in cui la storia dell’arte e la sua vicenda personale si intrecciano in un unicum di riferimenti e sfumature. Anche grazie a queste novità, quella di Milano è una mostra articolata, complessa, che per essere gustata in tutto il suo sapore meriterebbe almeno un paio di visite.
Angela Madesani
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