Quando la cultura diventa contenuto? Le conseguenze dell’algoritmo sull’arte
Ricerca e innovazione, le promesse infinite di internet e a un certo punto la paralisi del contenuto. E le opere che cominciano a somigliarsi spaventosamente tra loro…
L’Interregno scatta dopo che c’è il “liberi tutti” a metà Anni Novanta: inizia ciò che diventerà in seguito la “coda lunga” (Chris Anderson), i confini si fanno porosi, si può sperimentare liberamente il montaggio di fonti, stili, linguaggi. Questa libertà – nell’arte visiva, nella moda, nel cinema, nella letteratura, ecc. – lascia presagire sviluppi interessanti, la fine degli steccati imposti da gruppi, scuole, genealogie, ideologie. Un momento significativo, in questo senso, è il Padiglione Italia disperso tra l’Arsenale e i Giardini (con Paola Pivi, Luisa Lambri, Monica Bonvicini, Grazia Toderi e Bruna Esposito) che vince il Leone d’Oro alla ormai leggendaria 48° Biennale di Venezia dAPERTutto curata da Harald Szeemann.
Coda lunga e scoperta
E poi. E poi questa finestra di ricerca, di innovazione, di sperimentazione si chiude in realtà abbastanza in fretta. Che cosa è successo? Che l’espansione indefinita promessa e concessa inizialmente da internet (la disponibilità immediata, istantanea dello scibile umano; la ricchezza delle risorse e dei materiali opposta alla scarsità precedente) comincia a svelare il suo effetto paralizzante.
La coda lunga impone infatti, parallelamente al valore della scoperta, la spinta al conformismo: la spinta cioè a fare tutto uguale. Le opere (i film, le serie tv, i romanzi, gli album musicali – e, ovviamente, anche le opere d’arte visiva) cominciano così ad assomigliarsi spaventosamente tra loro. Si assiste cioè ad un livellamento che riguarda proprio l’aspetto, la struttura interna, e il procedimento per arrivare a entrambi.
Algoritmo e diversità
Questo fenomeno è a sua volta strettamente connesso alla nascita e alla diffusione delle piattaforme, tra la metà degli Anni Zero e i primi Anni Dieci: Facebook (2004), YouTube (2005), Spotify (2008), Instagram (2010), Netflix (2014 come ampliamento della produzione e della distribuzione online), Tik Tok (2016), ecc. L’algoritmo evidentemente non tollera granché la diversità, la varietà, se non a un livello superficiale e rudimentale. Dunque, il costo è rappresentato dalla dismissione della ricerca a favore della ricerca di un consenso possibilmente immediato: nasce qui, in questo punto esatto, il termine-concetto di “contenuto” culturale (che infatti prima non si era mai sentito). Il contenuto è il tutto-uguale per definizione.
Il contenuto è fatto apposta per essere inserito in una casella, insieme e al fianco di altri contenuti; non importa infatti la qualità, il peso specifico, la sostanza e la determinazione del singolo contenuto, ma il fatto che esso sia predisposto (o adattato) ad essere fruibile, digeribile (consumabile) per il maggior numero di utenti.
Che cosa è il contenuto
Il contenuto artistico e culturale è una merce materiale e immateriale che impiega il tempo (libero) dell’utente; può distinguersi debolmente per il suo “sapore” (per esempio, il genere o il sottogenere in cui va incasellato), per una sfumatura nel gusto, ma in definitiva deve essere unicamente consumato e messo da parte, per lasciare spazio al prossimo contenuto. Il “sapore” stesso rientra perfettamente all’interno di un menu definito a priori, standardizzato, con possibilità di scelte molto limitate entro il perimetro dei suoi confini – e, dunque, con la clausola che diventa virtualmente e praticamente impossibile fuoriuscire dal menu.
La nostalgia, come ripescaggio di frammenti opportunamente depurati delle scorie all’interno del vasto archivio del passato, è il collante ideale di questa operazione – il carburante perfetto per orientare delle scelte che non sono scelte. I contenuti vengono così prodotti e riprodotti, fatti e rifatti, proposti e remixati sempre a partire da ciò che è già stato prodotto, realizzato, pensato, immaginato (e, se ci pensiamo, in questo senso l’AI è assolutamente consequenziale).
Christian Caliandro
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