La mostra di Dadamaino a Matera è insieme intima e politica
Il segno si fa spazio, politica e geografia nelle mani di Dadamaino. Al MUSMA di Matera una mostra che ne indaga anche il rapporto con la città lucana

Il MUSMA –Museo della Scultura Contemporanea di Matera ospita per la prima volta la celebre artista milanese Dadamaino, alias Edoarda Emilia Maino (Milano, 1930 – 2004). Dadamaino. Segni, grafie, spazi a cura di Flaminio Gualdoni è organizzata in collaborazione con l’Archivio Dadamaino. Allestita negli spazi evocativi di Palazzo Pomarici, l’esposizione ripercorre un ventennio di lavoro dell’artista attraverso quattro nuclei fondamentali: Inconscio razionale, I fatti della vita, Costellazioni e Il movimento delle cose. L’occasione arriva in un momento storico complesso, in cui le immagini di guerra, oppressione e crisi tornano a dominare il presente. In questa luce, la pratica di Dadamaino risuona con una forza particolare. I suoi segni, rigorosi e vibranti, non appartengono solo alla sfera dell’estetica, ma si impongono come gesti di consapevolezza, di resistenza e di ascolto. Un’arte che non cerca consolazione, ma responsabilità.
Dadamaino. Quando il segno diventa spazio
Una delle opere più potenti in mostra – una striscia di carta lunga 18 metri, tracciata a penna – attraversa una delle stanze del palazzo. Si tratta del ciclo Il movimento delle cose che ha formato l’ambiente del Padiglione Italia durante la 44. Biennale Arte di Venezia. Come un fiume mentale, la linea si srotola, rompendo il confine tra bidimensionalità e installazione. Il segno diventa volume, ritmo, durata. Tracciare non è più rappresentare ma essere presenti: è l’artista, con il corpo e il tempo, a incidere la materia. In Dadamaino, il segno esce dal foglio e si fa architettura del pensiero.

Il segno come azione politica
Nel 1976, in seguito al massacro del campo profughi palestinese di Tall el-Zaatar, Dadamaino comincia a tracciare sulla sabbia una lettera H muta. Quel gesto silenzioso, ripetuto ossessivamente, è la sua risposta all’orrore. La H diventa simbolo di impotenza e protesta, ma anche punto di partenza per una nuova forma di scrittura. Così nascono le Lettere, l’Alfabeto della mente, e poi I fatti della vita: sequenze grafiche che non dicono, ma testimoniano. Il segno, per Dada, è sempre un’azione politica. Non spiega, non denuncia, ma insiste, ritorna, resta. È il modo en artiste con cui prende posizione nel mondo.

La geografia del gesto: Dadamaino e Matera
Nel 1978, a Matera, nasce il Fronte dell’Arte, un gruppo di artisti – tra cui Consagra, Castellani, Bonalumi e Dadamaino – che si mobilita per la salvaguardia dei Sassi. In quegli stessi giorni, Dada lavora nella bottega del ceramista Giuseppe Mitarotonda, realizzando opere inedite in ceramica. I suoi segni incisi sulla terraglia sembrano alfabeti primordiali scolpiti nella pietra. Quelle opere, rimaste finora sconosciute, vengono esposte per la prima volta in questa mostra. La città rupestre diventa così parte della sua geografia poetica, un luogo dove la materia incontra il gesto, e dove il tempo dell’arte si sovrappone al tempo geologico del paesaggio.
Valeria Radkyevich
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