In Turchia al Museo di Troia una mostra che intreccia arte contemporanea e mito
Tra i resti della mitica città cantata da Omero, oggi in Turchia, la mostra di Vuslat Doğan Sabancı invita ad una riflessione sull'equilibrio tra guerra e pace e sul ruolo che potrebbero avere l’arte e la natura, custode e testimone della civiltà umana

Al Museo di Troia, (Çanakkale) situato vicino alle leggendarie rovine, inaugura la mostra Emanet/Troy, ultima della serie Emanet di Vuslat Doğan Sabancı (Istanbul, 1971), curata da Paolo Colombo. Artista multidisciplinare e autodidatta, la cui pratica spazia dalla scultura, alla ceramica, al disegno, alla narrazione e alle installazioni, Vuslat Doğan Sabancı esplora i temi della fiducia, dell’interconnessione e della memoria, traendo ispirazione dalla mitologia, dalla natura e dalla filosofia. Attualmente sta conseguendo un Master of Fine Arts presso l’Otis College of Art and Design di Los Angeles. La guerra di Troia, narrata dall’Iliade di Omero, le gesta di Achille, la scelta di Paride, il discorso di Ettore alla moglie Andromaca alle Porte Scee, sono tutti episodi di una storia capace di affascinare generazioni e di creare interrogativi non ancora del tutto risolti. Omero è esistito davvero? Quanto del mito corrisponde a fatti realmente accaduti? Come mai questo racconto è riuscito per secoli a catturare l’attenzione di persone di epoche e culture così diverse?
L’Iliade secondo Vuslat Doğan Sabancı
“È una delle più importanti opere della letteratura”, commenta Vuslat a proposito del suo rapporto con l’Iliade, “che ha inspirato le opere di moltissimi artisti. Narra l’essenza dell’umanità: la paura della morte, la distruzione, l’amore e la vendetta, i nostri istinti primari, la guerra e la disperazione, ma anche qualcos’altro, l’ispirazione per cercare un’altra via possibile, un altro modo di essere”. Alla domanda come faccia la vicenda di Troia ad affascinare intere generazioni l’artista spiega: “rivediamo noi stessi. Credo che sia ciò che sta succedendo anche adesso nel mondo. Guerre che cominciano con delle scuse, non sappiamo se Elena lo fosse. Ripetiamo e rivediamo tutto questo, così tanto dolore e sofferenza”. Elena che, secondo una delle versioni del mito, non sarebbe mai andata a Troia, rafforzando l’idea di essere un pretesto, una guerra combattuta per un’ombra. La scelta di Achille, per alcuni aspetti appare strettamente legata alla contemporaneità, alla paura di essere dimenticati. “Vogliono più potere, possedere più terra e ricchezza. Credo che gli dei e le dee del mito fossero spietati e che siano simili alle persone privilegiate di oggi”.





L’arte di Vuslat Doğan Sabancı
A proposito della sua scelta di dedicarsi all’arte, l’artista commenta: “ho lavorato nei media per lungo tempo. È iniziato come uno spazio di guarigione per me, attraverso l’arte; lo spazio e il processo erano importanti per me e non desideravo condividerli. Li ho tenuti privati per tanti anni, uno spazio sacro, ma poi ho realizzato che questo fosse l’unico luogo capace di rendermi felice e tornare a lavorare nei media, la mia prima professione, che per molti anni avevo idealizzato, non mi era possibile. Ciò che faccio è molto più liberatorio, è come vivere la mia anima, un mio percorso personale”.
Il concetto di Emanet
La mostra approfondisce l’esplorazione dell’artista su Emanet, un concetto che incarna la fiducia, la conservazione e la responsabilità di ciò che ci viene affidato e di cui noi diventiamo custodi, fino a passarlo alle future generazioni. Alla domanda se nella nostra società ci sia davvero la possibilità di coltivare un concetto simile, di creare un percorso alternativo per non ricadere negli archetipi mostrati da Omero, quali la guerra e la vendetta, l’artista spiega: “potrebbe essere definito naïve, ma credo sia possibile. È importante ricordare e guardare la natura, come ci rapportiamo con essa, cerchiamo di proteggerla, ma la rispettiamo? C’è una donna nativa dell’Amazzonia che ha ottenuto un riconoscimento umanitario e nel suo discorso spiegava come anche per le persone il cui lavoro riguarda i cambiamenti climatici non si tratta di proteggere la natura, che fa il suo lavoro, ma di rispettarla. Ci sentiamo così potenti da proteggere, ma il rispetto è una cosa diversa, non nasce da una posizione di superiorità”.
La mostra “Emanet/Troy” di Vuslat Doğan Sabancı
Dopo le mostre istituzionali al Baksı Museum (2023) e al MSGSU Tophane-i Amire (2024), Emanet/Troy pone queste riflessioni in dialogo con uno dei siti archeologici più significativi, in stretta connessione con la natura, con questo luogo e con l’Iliade. Sculture in ceramica, che da certe angolazioni appaiono come uccelli, evocano movimento e fragilità, forme botaniche sospese suggeriscono una trasformazione alchemica della natura e grandi disegni, realizzati con i pigmenti naturali provenienti da Bayburt, in Turchia, ancorano la mostra alla terra, mentre una scultura a forma di catena, un “cordone ombelicale” – per la quale l’artista ha tratto ispirazione da una collana regalatale dalla nonna poco prima della sua scomparsa – simboleggia l’intreccio tra racconti personali e storie ancestrali. La mostra si sviluppa su cinque livelli concettuali: l’opera d’arte, la storia con cui si confronta, il mondo naturale a cui fa riferimento, la tradizione narrativa dell’Iliade e le voci – umane e non umane – che hanno consentito di conservarne il ricordo. Secondo Paolo Colombo “Emanet si applica perfettamente all’arte, alla natura e alla letteratura. Credo sia estremamente significativo trovarsi in un luogo noto grazie ad un poema epico che è stato preservato per secoli da persone che lo hanno amato e lo hanno trasmesso. L’Iliade è un Emanet”. A proposito della pratica artistica di Vuslat, afferma: “La natura è sempre presente nel suo lavoro, dalle sculture in terracotta ai rami delicati che rispecchiano gli intricati schemi della vita vegetale. La sua arte incarna la generosità: un atto di dare, ricevere e proteggere, creando un flusso infinito di energia. I suoi grandi disegni di uccelli catturano quest’essenza, i loro pigmenti tratti dalla terra, le loro ali che abbracciano la tela e il cielo. Quando mi ha presentato The Conference of the Birds, ho ricordato la mia visita a Troia, dove sette upupe erano appollaiate sulle sue antiche mura. In quel momento, il suo lavoro e la mitologia degli uccelli sono diventati inseparabili: un dialogo tra storia, narrazione e il miracolo del volo”.

Arte contemporanea e memoria tra le rovine di Troia
Il progetto è possibile anche grazie al Prof. Rüstem Aslan, direttore degli Scavi Archeologici di Troia e a Rıdvan Gölcük, Direttore del Museo di Troia, il cui coinvolgimento ha consentito di rafforzare il legame della mostra con l’archeologia e la mitologia. “La storia di Troia, raccontata nell’Iliade di Omero, ha ispirato gli artisti per millenni. Attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea, l’eredità del patrimonio culturale mondiale viene preservata e trasmessa alle generazioni”, spiega Rüstem Aslan.
“Le pietre di Troia, i versi di Omero e l’arte di Vuslat condividono una memoria senza tempo che sfida l’oblio. Emanet è più di una conservazione: è una responsabilità, un’eredità vivente che dobbiamo portare avanti. Proprio come Troia resiste attraverso cicli di guerra, pace e rinascita, questa mostra ci ricorda che siamo tutti custodi della storia e della cultura”, commenta Rıdvan Gölcük.



L’importanza del suono nella mostra “Emanet/Troy”
Gli elementi sonori hanno un ruolo fondamentale: gli uccelli menzionati nell’Iliade per i loro discorsi con gli eroi troiani (26 di cui si fa menzione e sei che parlano in circostante particolari) e un racconto popolare anatolico, narrato dalla voce dell’artista, per spingere il visitatore ad una riflessione sulle tradizioni orali che hanno consentito di mantenere viva la memoria di Troia per secoli. La natura ha salvaguardato le rovine di Troia, ma anche l’arte può contribuire, fungendo da contenitore per la memoria. Attraverso Emanet, il visitatore è portato a domandarsi: “Quali storie ereditiamo? Quali responsabilità abbiamo nel preservarle?”. “Come ci relazioniamo con la natura, tra di noi e come ci rapportiamo alla vita stessa deve cambiare”, commenta l’artista. “Abbiamo le potenzialità necessarie. Come abbiamo la capacità di distruggere, abbiamo anche quella di amare e di costruire una società migliore”.
Giulia Bianco
Fino al 25 giugno 2025 // Çanakkale, Turkey
Emanet/Troy” di Vuslat Doğan Sabancı
Troy Museum
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