La cultura o è per le persone o non è cultura. Il forum FRA – Futuro Ragione Arte a Pescara

Il forum di Pescara raccontato da uno dei partecipanti, il dottore commercialista esperto di economia della cultura Franco Broccardi.

Partire da Cesare Pavese per arrivare a Giuseppe Stampone tenendo la barra dritta in un viaggio nella la cultura tra le persone, al loro servizio. Questo è stato il forum FRA, che si è tenuto a Pescara il 22 novembre scorso. Un cambio di paradigma che ha spostato la prospettiva rispetto al pensiero di chi vuole porre la cultura al centro considerandola, invece, uno strumento di dialogo, di inclusione. Un linguaggio fra umani uniti dal bene comune, dai territori, dalla natura e dal pensiero anche quando discordante. Un fil rouge fra poeti e commercialisti, fra economisti e direttori di parchi, sovrintendenti e creatori di videogame, artisti e influencer. Fra donne e uomini di diversa estrazione, provenienza, età, storia ma con la medesima visione: vivere la cultura come equilibrio fra opposti. Fra, appunto.
Il forum proprio questo ha voluto portare alla luce: la centralità delle persone e il ruolo di servizio, subalterno che la cultura deve avere “perché la cultura o è per le persone o non è cultura”, come ha detto in apertura Giovanna Romano, presidente di Hub-c, l’associazione che ha organizzato l’incontro a cui hanno partecipato relatori in dialogo senza alcuna lezione da dare ma con mille idee da mettere in campo. Quanto più distante dalla retorica dei convegni e dalle loro regole dicotomiche relatore/pubblico. La forma del forum indicava proprio questo: la volontà di passare dall’assolo del virtuoso al coro polifonico, dal mainstream all’indipendenza del pensiero laterale, dall’esibizione del talento alla sua cura partendo da un territorio bellissimo in cui molto rimane da fare. Ma se è vero che il talento cresce dove viene onorato, che la bellezza dei luoghi produce bellezza nelle persone, allora FRA ci farà presto vedere i suoi frutti.

FRA - Futuro Ragione Arte, Pescara 2019

FRA – Futuro Ragione Arte, Pescara 2019

CULTURA E FUTURO

Non è un caso che il perimetro dell’incontro sia stato disegnato dalla poesia. L’intervento iniziale di Federica Maria D’Amato, veemente e provocatorio, è stata una miccia da cui tutto ha preso fuoco, mentre la sua poesia letta in chiusura dedicata all’Abruzzo e alle persone che lo vivono ha chiuso il cerchio dentro al quale si è reso il senso del forum: la poesia, l’arte, la cultura contenitori di persone come una placenta in cui nascere ogni giorno.
Dalla commistione di idee si sono sviluppate numerose riflessioni in un calderone ribollente di spunti che hanno giocato di rimbalzo fra la triade sulla quale, come afferma Zagrebelsky nel suo Fondata sulla cultura, si reggono le nostre società: politica, economia e cultura con quest’ultima a fare da collante con le sue contraddizioni.
Verso quali direzioni si muove la cultura oggi e verso dove si dirigerà domani? Quali forme portano davvero al centro del discorso l’uomo tra arte nei musei e natura? Quali modi deve avere la cultura oggi per fare davvero cultura e come deve comunicare?
Uno status symbol è un oggetto del desiderio e proprio per questo deve essere destinato a pochi ma conosciuto e ambito da tutti” (M. Meneguzzo, Il capitale ignorante, Johan&Levi 2019). È questa la condizione in cui l’arte spesso si si trova, in una “distanza tra élite e pubblico data dalla capacità di acquistare opere e non dal dibattito dove invece lo scambio è paritario”. Un mondo troppo spesso fatto di fiere, mostre, vernissage che sembrano sfilate, eventi esclusivi, opere come status, artisti come imprenditori, arte come investimento, prezzi stratosferici e riflettori. E nel contempo gallerie che chiudono, fruizione culturale minima, impatto sociale scarso. Ma davvero il mondo dell’arte, quello che è stato provocazione, politica, impegno, cultura si è ridotto a questo? Davvero ciò che dovrebbe essere inclusivo è diventato qualcosa che, al contrario, esclude? Qualcosa che dovrebbe far riflettere, pensare, creare condivisione è diventato qualcosa con cui far bella mostra di sé in un mondo impersonale e vuoto? E a questo punto: l’arte è ancora cultura?

Ognuno deve poter scegliere avendo gli strumenti per farlo”.

La cultura non può essere cosa per tutti, certamente. Niente, in fondo, lo è. Non si può costringere un bambino a entrare in biblioteca. Non si possono obbligare le persone a leggere così come obbligarle e credere e pregare. Il discrimine sta nel fatto di cosa percepiamo utile se non indispensabile. E allora bisognerebbe partire dall’assenza, dalla mancanza. Quella che in alcune parti dell’Abruzzo post terremoto ancora si sente forte. Bisognerebbe immaginare che ciò che è necessario non è tanto il diritto all’istruzione ma il diritto alla possibilità. Ognuno deve poter scegliere avendo gli strumenti per farlo. Dopo rimane il libero arbitrio, certo, ma non si può prescindere dell’invito alla bellezza in un mondo come quello di oggi in cui prevale l’istinto, l’improvvisazione o, peggio, l’omologazione.
L’attenzione al linguaggio quindi diventa uno dei passaggi cruciali. Come Dante ruppe gli schemi a lui contemporanei cercando in una lingua diversa dal latino il modo per esprimere appieno ciò che lui volle significare, così il mondo culturale contemporaneo deve rivolgersi al presente e al futuro con modi attuali affinché il messaggio possa arrivare a chi ne avrà l’onore, a suo tempo, di trasmetterlo oltre. E allora videogame e social network diventano un ingranaggio, un modo, un linguaggio essenziale affinché la cultura sia quel connettore che deve essere, quel tessitore di relazioni, un punto di crescita comune.
In tutto questo ha senso parlare di nuovo umanesimo quando pensiamo al risveglio del mecenatismo generato dall’Art Bonus, alla corporate social responsibility delle società benefit o forse e comunque dobbiamo avere attenzione all’humanitas, al fine più che al mezzo?
La cultura è un mondo fatto di contraddizioni. Ci piace dire che ‘con la cultura si mangia’ ma troppo spesso si pensa ancora che debba essere sempre slegata dal profitto. Si decanta l’inclusione ma non si riesce a fare rete, a giocare di sponda tra chi la cultura la fa (e i riflessi di una coesione del settore, ad esempio, nella riforma del terzo settore si sono visti).
Serve quindi cambiare le carte, lucidarsi gli occhi e guardare più in là, cambiare binario. FRA è un passaggio, una fuga in avanti, una esplorazione, avanguardia. È qualcosa che sta in mezzo tra un prima e un dopo. È un seme gettato nella terra d’Abruzzo.
Una energia positiva in un territorio fertile e bisognoso. Un po’ come tutti noi.

Franco Broccardi

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Franco Broccardi

Franco Broccardi

Dottore commercialista. Esperto in economia della cultura, arts management e gestione e organizzazione aziendale, ricopre incarichi come consulente e revisore per ANGAMC, Federculture, ICOM, oltre che per musei, teatri, gallerie d’arte, fondazioni e associazioni culturali. È coordinatore del gruppo di…

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