Il nuovo spettacolo di Giuseppe Isgrò è un omaggio al suo regista preferito. Lo racconta in questa intervista

Per celebrare gli 80 anni dalla nascita del regista tedesco Rainer Werner Fassbinder, Giuseppe Isgrò e la sua compagnia teatrale Phoebe Zeitgeist gli dedicano uno spettacolo-performance. In questa intervista Isgrò ci parla della sua passione per il cinema di Fassbinder e come nasce il lavoro a lui dedicato

La performance site-specific Se si ha l’amore in corpo, non serve giocare al flipper della compagnia Phoebe Zeitgeist celebra gli 80 anni dalla nascita del cineasta tedesco Rainer Werner Fassbinder con un intrigante percorso di esplorazione e “dimora” all’interno di spazi extrateatrali. Un cabaret sensuale che non solo li abita, ma li segna anche attraverso segni, parole e suoni, generando un legame corporeo e di trance con lo spettatore. Dopo il successo ottenuto al PAC di Milano e il sold out presso i Chiostri del Teatro Fontana, abbiamo intervistato il regista della compagnia, Giuseppe Isgrò (Milano, 1980). E lo abbiamo fatto nel cimitero di Chiaravalle, l’abbazia cistercense alle porte di Milano: un luogo popolato di presenze-assenze, a omaggiare la memoria del cineasta scomparso prematuramente all’età di 37 anni. 

Intervista a Giuseppe Isgrò  

Come e quando avviene il tuo incontro con Fassbinder? È come se rivivesse in ogni spettacolo della compagnia, e anche nel suo stesso nome: Phoebe Zeitgeist. 
L’incontro avviene al liceo e nasce da un’iniziale cinefilia adolescenziale. Mi capitava di andare a vedere gli spettacoli dell’Elfo Puccini all’epoca, che è dietro casa dei miei genitori, e da quel momento Fassbinder è diventato una specie di rockstar. Poi, all’università ho iniziato a studiare teatro e cinema e ho approfondito la conoscenza della sua opera con Francesca Frigoli, mia compagna di vita. Ci siamo trasferiti per un periodo a Berlino, dove abbiamo cercato i suoi luoghi e visto i suoi film infinite volte. Abbiamo creato una rock band che prende il nome da questo personaggio fassbinderiano, Phoebe Zeitgeist, che ha origine nei fumetti underground di fine anni ’60 di O’ Donoghue e Spinger, e da cui prende il nome la compagnia.  

Se si ha l'amore in corpo, non serve giocare a flipper. Phoebe Zeitgeist, 2025
Se si ha l’amore in corpo, non serve giocare a flipper. Phoebe Zeitgeist, 2025

Partendo dall’opera di Fassbinder, come hai costruito la performance site-specific “Se si ha l’amore in corpo, non serve giocare al flipper”? 
Questa performance è una sorta di cabaret contemporaneo e nasce da un seme iniziale che è quello di Aspra, un’altra performance dove con Francesca Marianna Consonni abbiamo costruito un lavoro su autori a noi cari, che hanno subìto grandi fraintendimenti perché si sono spinti a toccare l’estremo, come Copi e Bataille. Abbiamo creato una drammaturgia selezionando dei brani di Fassbinder attraverso delle linee tematiche chiare, quelle delle relazioni di potere tra individui che diventano paradigma politico, partendo dalla carne al macello. Centrali sono i temi della macellazione nelle relazioni tra gli individui e dell’illusione dell’amore, che non esiste. Gli uomini invece che abbandonarsi all’amore giocano a flipper. Non c’è una narrazione lineare con un inizio e una fine: è una performance che potrebbe continuare per un’altra ora, è una sorta di trance in un susseguirsi di immagini che passano.  

Durante la performance il palco sembra incendiarsi, diventando un’esperienza integrale e devastante come nelle visioni teatrali di Artaud.
Per me l’arte deve essere sempre qualcosa di pericoloso e destabilizzante, e la creatività è anche una forma di posizionamento nel mondo. Per 17 anni Fassbinder ha trasmesso la sua creatività incendiaria consumando sé stesso, producendo un corpus di film, testi teatrali e serie tv incredibili. È un grande comedium man: ogni testo fa parte di un’unica grande opera. Ciò che noi abbiamo fatto è stato prendere le opere di Fassbinder e deframmentarle, componendo una nuova drammaturgia in una nuova opera. È come se Fassbinder avesse fatto sempre lo stesso lavoro aggiungendo con ogni tassello un nuovo punto, senza però mai spostarsi dai suoi teoremi. 

Nella performance la scena si popola di corpi che diventano magneti di energie, andando verso la creazione di un contenitore esplosivo e multisensoriale. Lo spettatore si trova a fruire dello spettacolo su più piani e in una scena policentrica che chiama l’attenzione sui dettagli e vive ovunque, come nella vita reale. Come lavori sulla scrittura di scena? 
Abbiamo lavorato in maniera molto frastagliata, cercando di mettere insieme diversi linguaggi. I cinque performer sono come tante Marleen, mentre Danilo Vuolo è una grande prostituta tenutaria, ma che ha la caratteristica di essere transgender, o in drag. È una figura legante tra quello che fanno gli attori Francesca Frigoli, Daniele Fedeli, Liliana Benini e il pubblico. Nella replica al Teatro Fontana si è aggiunta una nuova guest, Alessandra Novaga, chitarrista sperimentatrice del contemporaneo di cui dieci anni fa è uscito un album molto bello di colonne sonore ispirato al cinema di Fassbinder.  

Se si ha l'amore in corpo, non serve giocare a flipper. Phoebe Zeitgeist, 2025
Se si ha l’amore in corpo, non serve giocare a flipper. Phoebe Zeitgeist, 2025

Nel 2024 avete proposto un laboratorio su “Le lacrime amare di Petra von Kant”. Quali, invece, i progetti futuri? Puoi darci qualche anticipazione? 
Io e Francesca Frigoli ci rechiamo ogni settimana nel secondo reparto del carcere di Bollate dove condurremo un laboratorio di ricerca teatrale con i detenuti: si sta formando un gruppo di persone provenienti principalmente dai paesi del Maghreb. Per i prossimi mesi abbiamo in programma anche dei progetti laboratoriali sia residenziali, nella nostra sala prove, sia nelle scuole. Vogliamo continuare con il lavoro site-specific e ci sono delle idee per la creazione di nuove opere teatrali, messe in scena e regie che aspettano solo di essere viste e ascoltate.  

Ti pongo la domanda che negli Anni ’80 Wim Wenders ha posto a Fassbinder in una camera d’albergo nel documentario Room 666, ma la ribalto ponendo l’attenzione sul teatro. Il teatro è una forma d’arte che sta per morire?  
No: credo che il teatro sia molto in crisi, ma non a causa del suo essere ontologico o linguistico, piuttosto per l’ambiente e il modo in cui viene diffuso, prodotto e curato. È la forma d’arte della presenza, dell’essere, dei corpi, degli sguardi, del posizionarsi in uno spazio ed è difficile che muoia. Il teatro resiste a tante altre forme di linguaggio che al momento sembrano più complete, complesse, affascinanti, perchè il teatro ha questa caratteristica del dover essere nei luoghi, presente.  

Lavinia Laura Morisco 

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Lavinia Morisco

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L’arte ha sempre accompagnato la mia vita dalla prima adolescenza, dalla passione per la danza in primis, per la musica e per le res artis. Questo ha influito sul mio interesse per il teatro e per lo spettacolo dal vivo,…

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