A Milano lo spettacolo dell’artista Jan Fabre è un inno alla resistenza
40 di amicizia e sodalizio artistico tra Mino Bertoldo e il visionario artista si celebrano nella seconda edizione di un festival che presenta in prima mondiale lo spettacolo La poésie de la résistance

Si apre su una scenografia magica e surreale, costellata di baluginanti palloncini e governata da un’atmosfera di sospensione, amplificata dalla musica di Gustav Koenigs, La poésie de la résistance, potente spettacolo di Jan Fabre (Anversa, 1958), presentato in anteprima mondiale al Teatro Out Off di Milano, nell’ambito dello Jan Fabre Festival. Iniziativa organizzata quest’anno per la seconda edizione, tra il 3 e il 30 ottobre, con il significativo titolo: Jan Fabre e Mino Bertoldo: 40 anni di poesia della resistenza, per celebrare i 40 di amicizia e sodalizio artistico tra il direttore del teatro e il visionario autore.
A Milano Jan Fabre apre il festival a lui dedicato con uno spettacolo in prima mondiale
Ed oggi come allora, Fabre scardina la grammatica dominante per andare oltre gli schemi con una drammaturgia, sviluppata con Miet Martens, che supera e abbatte le convenzioni. Artista prima che regista, Fabre costruisce ancora una volta uno spettacolo che procede per immagini: forti, indelebili, in una parola pittoriche; ma lo fa senza lasciare le parole indietro, anzi. Seppur con una struttura dialogica non lineare, le parole rappresentano l’ossatura poetica del dramma, componendo tramite dei leitmotiv una vera e propria coreografia del pensiero.

Lo spettacolo di Jan Fabre al Teatro Out Off di Milano: un manifesto politico
Come ha spiegato lo stesso Jan Fabre, lo spettacolo si può leggere come manifesto politico. Concepito su misura per i due protagonisti, Annabelle Chambon e Cédric Charron, con cui collabora da 26 anni, è frutto di una lunga elaborazione iniziata oltre un anno fa. La poésie de la résistance è un inno alla resistenza e alla libertà celebrato attraverso il corpo che diventa strumento politico, dialogico. Sulla scia di diverse suggestioni poetiche e letterarie, come il pamphlet Indignez-vous! di Stéphane Hessel e il componimento Liberté di Paul Eluard, Fabre ha sentito l’esigenza di dare voce a quel sentimento di ansia e sospensione che caratterizza la contemporaneità. “Al di là dei gravissimi conflitti che insanguinano il pianeta” ha osservato Fabre, “tutti siamo vittime di violenza. Una violenza silenziosa, subdola, latente, che, nascondendosi in un’autodeterminazione di facciata, in fallaci concessioni e messaggi subliminali, giorno dopo giorno mette in pericolo la nostra libertà. Perché si tratta di una violenza culturale. Senza rendercene conto” ha continuato, “viviamo in un sistema pressoché dittatoriale, dominato da un’atmosfera di sospensione e ansia che genera paura, sensazione che spesso proviamo senza esserne realmente consapevoli e che cerco di restituire nei miei spettacoli”.
Il corpo come strumento politico nello spettacolo di Jan Fabre a Milano
In questo scenario Annabelle Chambon e Cédric Charron si presentano come membri di un movimento di resistenza artistica che lotta in modo non violento contro censura, oppressione e conformismo. I due, senza arrogarsi il ruolo di eroi o salvatori, trasformano i loro corpi e le loro parole in veicoli di bellezza, amore e creatività. Diventando essi stessi strumenti politici, tele su cui tatuare – ovunque – la parola libertà, per celebrare la forza della cultura che, al di là dei violentissimi attacchi, non muore mai e, rialzandosi sempre, resiste all’oppressione. Simbolicamente i talentuosi performer vengono giustiziati più e più volte, sempre con armi diverse, in una temporalità liquida che pur facendosi cortocircuito, grazie al black humor di Fabre, non diventa mai perturbante. Il brillante artista, infatti, attraverso l’accurata e drammaticamente ironica descrizione degli armamenti, oltre a muovere una sagace e perentoria condanna alla perversa industria bellica, introduce l’elemento ironico che rafforza il rapporto con il pubblico, coinvolgendolo maggiormente nella circolarità della pièce potenzialmente infinita, perché il corpo della resistenza non muore mai. L’artista trasforma così la violenza in movimento che acquista un ritmo poetico grazie alla cadenza di testo, gesti e suoni.








La potenza espressiva di Annabelle Chambon e Cédric Charron in scena con Jan Fabre
A livello estetico la potenza delle immagini è straordinaria. Il corpo nudo, martoriato e insanguinato di Cédric Charron si pone in esplicito parallelismo con i più riusciti Ecce Homo della storia dell’arte; mentre, quello inizialmente vestito di Annabelle Chambon rappresenta il corpo contemporaneo che alla fine scopre, nella duplice accezione di rivelare e svestirsi, la sua più autentica natura. A livello attoriale le loro performance sono mozzafiato, dimostrando anche attraverso la piena padronanza dei loro corpi nell’esecuzione di vertiginosi – ma mai eccessivi – movimenti che la libertà non muore mai.
Ludovica Palmieri
Jan Fabre Festival // dal 3 al 30 ottobre 2025
Teatro Out Off, via Mac Mahon 16, Milano
Programma completo
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