Teatro: ecco com’è andato il primo weekend del Santarcangelo Festival 2025

S’intitola “Not yet / Non ancora” l’edizione 2025 dello storico festival romagnolo che, nel primo weekend, ha confermato la propria preziosa capacità di riflettere il presente e immaginare il futuro prossimo venturo

Il 4 luglio ha preso avvio l’edizione numero 55 di Santarcangelo Festival, diretta dal curatore, critico teatrale e drammaturgo polacco Tomasz Kireńczuk che, per quest’anno, ha scelto come titolo programmatico Not Yet / Non ancora, locuzione quanto mai adatta a sintetizzare anche la reazione del direttore stesso, del presidente Giovanni Boccia Artieri e dei sostenitori pubblici e privati alla drastica riduzione di punteggio – e dunque di fondi – recentemente subita dallo storico festival. Il cartellone del primo weekend ha confermato, invece, la fertile fedeltà alla vocazione originaria della rassegna: dal punto di vista formale, contaminazione e sperimentazione di linguaggi; dal punto di vista del contenuto, riflessioni approfondite e prospettive opportunamente oblique su questioni politiche e sociali di attualità ma anche su tematiche universalmente esistenziali. E, ancora, uno spirito pionieristico e cosmopolita, con artisti pressoché sconosciuti in Italia ma di indubbio interesse.

Il corpo delle donne e i consenso

Le prime serate del Santarcangelo Festival hanno ospitato due potenti monologhi di danza-parola-immagine incentrati sul tema della violenza: meditazioni anti-retoriche e dirette sulla questione del rispetto e dell’autodeterminazione del corpo della donna, sul concetto di “consenso” e sulla difficoltà di sopravvivere psicologicamente integre dopo aver subito uno stupro.

“Boujloud (man of skins)” di Kenza Berrada

In Boujloud (man of skins), la performer, autrice, regista marocchina – ma residente dall’età di diciassette anni in Francia – Kenza Berrada parte da una figura ancestrale mascherata appartenente alla tradizione marocchina, l’”uomo delle pelli” del titolo, per narrare e incarnare le vicende di abusi raccolte nel corso della propria indagine fra vittime di abusi nel proprio paese d’origine. Boujloud è una maschera metà uomo-metà animale che, nel giorno successivo alla Festa del Sacrificio, si aggira ricoperta di pelli, toccando le “femmine” quale augurio di fertilità. Una creatura arcaica che simboleggia perfettamente tanto la persistenza di una cultura patriarcale e machista quanto la pratica del “mascheramento”, quest’ultima adottata per nascondere violenze tutte interne alle famiglie ma anche, positivamente, per mettersi nei panni delle donne intervistate da Berrada. L’artista marocchina, minuta ma capace di riempire la scena con la propria carnale e allo stesso tempo ragionata passionalità, racconta e danza avvolta da pelli di animale, mentre sullo schermo si susseguono fotografie di paesaggi volutamente scure e poco a fuoco. Uno spettacolo che sa denunciare con fredda – ma non cinica – chiarezza una realtà ancora diffusa di omertà e distorto senso dell’onore, di traumi non affrontati e di mascheramenti quotidiani. 

“Rapeflower” di Hana Umeda

La polacca Hana Umeda sceglie una particolare forma d’arte giapponese, la danza Jiutamai, eseguita esclusivamente da donne, per raccontare l’esperienza di stupro vissuta in prima persona ma, soprattutto, per condividere con il pubblico interrogativi intimi e spesso (auto)-censurati. Il corpo nudo su un palcoscenico spoglio e sullo sfondo, inizialmente, uno sfolgorante prato di fiori gialli ma, poi, è la stessa carne viva della performer a farsi schermo per la proiezione di dettagli da dipinti di un’altra artista segnata dalla violenza, ovvero Artemisia Gentileschi. Umeda, col suo corpo eloquente in fervido contrasto con i gesti formalizzati e minimali della danza Jiutamai, impone allo spettatore di fermarsi e di guardare nelle tenebre del proprio io, nei traumi personali rimossi ovvero in quelli ricevuti in eredità dalle generazioni precedenti, nella propria sessualità e nei suoi lati oscuri. Delicatezza e implacabilità in uno spettacolo che testimonia con serrata e poetica potenza della capacità del linguaggio scenico di sviscerare fragilità e dilemmi universalmente umani.

Esorcizzare il trauma

Al Santarcangelo Festival 2025, esperienze personali e familiari diventano punto di partenza di lavori che offrono una catarsi razionale e consapevole. 

“L’oeil nu” di Maud Blandel

In L’oeil nu la coreografa, regista e artista visiva franco-svizzera Maud Blandel trasforma la morte improvvisa del padre, stroncato da un infarto, in un disegno coreografico serrato e pulsante, ritmato dalla reiterazione di uno stesso motivo musicale e caratterizzato da lievi ma costanti trasformazioni. All’ingresso del pubblico i performer giocano serenamente a pétanque, per poi iniziare lentamente a muoversi nello spazio, tracciando traiettorie geometriche e astrali costellazioni. Sul monitor per sovrattitoli, passano a tratti pensieri e ricordi – la morte di una stella e quella del padre della coreografa – e, nel finale, versi da The Hollow Men di T.S. Eliot a sottolineare come al centro della performance vi sia la difficile e amara presa di coscienza della precarietà dell’esistenza umana.

Cinema Impero” di Muna Mussie

L’artista eritrea Muna Mussie, residente e attiva in Italia, è autrice di un originale progetto multidisciplinare destinato a uno spettatore per volta e incentrato sulla storia recente del proprio paese d’origine. Il titolo, Cinema Impero, rimanda al nome del cinema costruito dal fascismo nel centro di Asmara nel 1937 e proprio in una sala cinematografica si svolge il lavoro di Muna Mussie. Sullo schermo si alternano le immagini registrate durante un viaggio recente in Eritrea – si vede l’interno oramai abbandonato dello stesso Cinema Impero, si sente la voce della guida intenta a raccontare la metamorfosi subita negli anni dal Paese -, filmati dell’epoca coloniale dell’Istituto Luce e fotografie estratte dall’archivio di famiglia. A commentare quanto proiettato, la voce di Muna Mussie, seduta accanto allo spettatore, e quella dell’intelligenza artificiale. Coinvolgimento e distacco, empatia e straniamento concorrono a definire i contorni oggettivi, storico-sociali, di una realtà, ma, allo stesso tempo, quelli soggettivi, emotivi e intimamente personali, spingendo così lo spettatore a non abdicare a una parte di sé ma a far dialogare costantemente razionalità e partecipazione emozionale.  

Il corpo delle donne: “This resting, patience” di Ewa Dziarnowska

Uno spettacolo-happening della durata di tre ore: il pubblico può entrare e uscire dallo spazio scenico, una grande sala con sedie la cui disposizione è a tratti variata dalle due performer, così da disegnare scenografie semplici ma evocative. This resting, patience, creato dalla coreografa e danzatrice polacca Ewa Dziarnowska, protagonista in scena con Leah Marojević, è una sorta di anarchica e sensuale variazione sul tema del corpo femminile, esaltato nella sua seduttività ovvero mascherato in abiti maschili. Aperta e chiusa dalla ripetizione di una stessa celebre canzone, la lunga performance delle due danzatrici è un’esperienza affascinante e coinvolgente, una vivificante immersione in una dimensione in cui istinti e passioni, emozioni e bisogni prevalgono su convenienze sociali e razionale buon senso. 

Santarcangelo Festival 2025. Photo Pietro Bertora Boujloud
Santarcangelo Festival 2025. Photo Pietro Bertora Boujloud

Il corpo e le emozioni delle donne: “Temporale (a lesbian tragedy)” di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo

S’ispira a Le forme delle nuvole di J.W. Goethe – poeta e scienziato – il nuovo lavoro di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, entrambe anche in scena con Ondina Quadri e Francesca Turrini, intitolato Temporale (a lesbian tragedy). In una scenografia vagamente retrò in cui prevale il giallo accesso, colore che, insieme al rosa, domina anche i costumi, le quattro performer danno vita a ironici e bizzarri tableaux vivants, alternati alla lettura, al microfono, dei Brevi sonetti della Disperazione composti dalla stessa Caleo. Azioni apparentemente banali ovvero estrose o condotte all’esasperazione per ritrarre una realtà e uno stato d’animo alla costante mercé di eventi atmosferici esiziali. Incomprensioni nelle relazioni amorose e interpersonali e, in primo luogo, difficoltà a riconoscersi in valori e comportamenti avvertiti come estranei. Alla ricerca di un cielo sereno che tarda a mostrarsi… 

Laura Bevione

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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